Sulla precettazione nel pubblico impiego

Con l’avvicinarsi della scadenza del 18 ottobre 2013 forse sarebbe il caso di chiarire alcuni aspetti della, controversa, questione della precettazione nel pubblico impiego per garantire i, cosiddetti, servizi minimi.

Non starò qui ad elencare i motivi che – a partire dalla legge 146/90 – hanno indotto i governi ed i sindacati padronali a considerare alcuni servizi (sanità, scuola, trasporti e amministrazioni pubbliche, ecc.) alla stregua di essenziali al punto da limitare il diritto di sciopero. Mi limiterò al momento ad affermare che il principio cardine di queste leggi è quello di “coniugare” due diritti, apparentemente, inconciliabili.

  • Quello dell’utenza alla quale va, comunque garantito un servizio … sia pur minimo:

  • Quello del singolo lavoratore al quale va, comunque, garantito il diritto inalienabile di scioperare.

E’ in questo contesto che ogni amministrazione pubblica ha stipulato – di concerto con le OOSS padronali – contratti nazionali per regolamentarli prevedendo – in caso di adesione massiccia agli sciopero – l’istituto della precettazione ovvero l’obbligatorietà per alcuni soggetti a presentarsi al lavoro nonostante l’esplicita volontà di aderirvi. Detti contratti nazionali sono stati, poi, recepiti, nelle contrattazioni decentrate a livello regionale, provinciale e/o di singola “azienda” autonoma (sia essa scuola, ospedale, ente locale).

Va da sé che – fino a quando non entrerà in vigore la porcata del 31 maggio 2013 che prevede esplicitamente la possibilità della deroga in pejus dei contratti nazionali – le contrattazioni decentrate possono essere identiche o migliorative di quelle nazionali: non peggiorative.

Chiarito questo si invita a tenere presente che – nella scuola – i servizi minimi ritenuti necessari non sono quelli didattico/pedagogici ma solo amministrativi pertanto il personale docente non può essere precettato. Ciò che la singola amministrazione scolastica deve garantire – oltre all’apertura della scuola – è quello di alcuni adempimenti inderogabili quali – ad esempio – il pagamento senza differimento di stipendi/emolumenti vari, rilascio di nulla osta … ecco il link del contratto nazionale del ’95 specifico della scuola.

 

La precettazione andrebbe regolamentata nei contratti di ogni azienda pubblica (scuola, ente locale, ospedale ecc.) salvaguardando alcuni principi base inalienabili sanciti, tra l’altro, dalla costituzione quali: la non discriminazione, l’eguaglianza, pari opportunità ecc.

In altre parole nessun contratto al mondo può costringere sempre i medesimi soggetti ad ottemperare ad obblighi che vanno contro le proprie convinzioni (politiche, religiose, sindacali, di genere ecc.).

Sempre nei medesimi contratti decentrati (poiché in quelli nazionali, per ovvi motivi non si fa menzione) dovrebbe essere inserito un elementare concetto di civiltà giuridica: il lavoratore precettato deve, comunque, essere considerato scioperante ai fini del computo finale delle adesioni pur conservando il diritto alla remunerazione per il lavoro obbligatoriamente svolto.


USI AIT Puglia

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