Firmato l’accordo sul nuovo modello contrattuale nasce ufficialmente il sindacato di mercato

CISL, UIL e UGL hanno firmato con governo e confindustria l’accordo per la riforma del modello contrattuale per il lavoro dipendente e privato. Essi passano di fatto dalla concertazione alla complicità di un sistema peggiorativo per i lavoratori. La firma di questo accordo infatti pone i sindacati che lo hanno sottoscritto in una condizione di accettazione di un ruolo di agenti del mercato. La firma di questo accordo inoltre, si prepone altresì come obiettivo di mettere definitivamente fine all’esistenza del sindacalismo conflittuale e di rappresentanza sociale. Esso è il prodotto di un progetto autoritario e repressivo nei confronti dei lavoratori, sia distruggendo i contratti nazionali sia introducendo alcune norme che risulteranno lesive per i lavoratori.

 L’Accordo Quadro sui livelli di contrattazione infatti è un pessimo accordo, che svilisce la contrattazione nazionale, senza migliorare o potenziare in nulla la contrattazione aziendale, e ponendo, invece, una serie di divieti, impliciti ed espliciti: di scioperare durante i periodi di “tregua”, di rivendicare a livello nazionale aumenti di salario reale, di proporre, a livello aziendale, rivendicazioni fuori di certe materie e così via. Ne discende un pervertimento del rapporto democratico e di rappresentanza dei lavoratori, via via sostituito dalla tessitura di relazioni consociative con l’impresa, alla quale si riconosce l’indiscussa giurisdizione su tutti i rapporti di fabbrica. Esso ridefinisce i lineamenti del modello contrattuale, sancisce la totale subalternità del sindacato, ingessa la contrattazione, affidando alle confederazioni il ruolo di “gendarmi” delle Rsu. Il Contratto nazionale, vale a dire il principale strumento solidaristico di cui il sindacato e i lavoratori dispongono, viene svuotato e ridotto ad un simulacro. Il suo strutturale ridimensionamento servirà a contenere gli aumenti retributivi al di sotto dell’inflazione, programmando un’ulteriore, sistematica riduzione del salario. Per nulla compensata (come si dà invece ad intendere) dal secondo livello di contrattazione che, come tutti sanno, copre non più del 15 per cento dei lavoratori.
 La sola, vera contrattazione decentrata che l’accordo autorizza è quella che prevede il salario interamente variabile e vincolato ad incontrollabili indici di redditività aziendale. Aumenti di salario stabile sono semplicemente banditi dalle nuove regole. Ne deriva che per guadagnare qualche denaro in più occorrerà lavorare per più tempo, più intensamente e con meno diritti.
A dire il vero, una novità – e che novità – è prevista dall’intesa: nelle aziende coinvolte da situazioni di crisi sarà possibile derogare (in tutto o in parte!) dall’applicazione del Contratto nazionale. Basterà il consenso dei sindacati firmatari di questa intesa purché competenti per territorio.
Un’altra  norma jugulatoria che costituisce, sotto ogni aspetto, un vero esproprio, un ulteriore colpo di maglio al contratto nazionale di lavoro. Non sorprende davvero che, a coronamento di questo compendio di nequizie, compaia – per ora limitata al Pubblico Impiego – una norma palesemente incostituzionale, tesa a limitare il diritto di sciopero. Come? Facendone, d’ora in avanti, una prerogativa esclusiva di sindacati che – anche coalizzati fra loro – rappresentino la maggioranza dei lavoratori.
 
Crediamo sia giunto il momento di sfruttare proprio quella deficienza del nostro sistema di diritto sindacale, e gridare forte che, con quell’accordo sono “entrati in gabbia” non tutti i lavoratori, ma al massimo quelli iscritti a Cisl e Uil, mentre tutti gli altri restano liberi di lottare e rivendicare ciò che appare loro giusto a tutti i livelli.
Vogliono eliminare il conflitto sociale! Invece dovranno raccoglierne tanto di conflitto, tanto da sconfiggere il loro disegno, quello di far pagare la crisi ai lavoratori ed alle lavoratrici.
 
Federazione regionale USI- AIT sanità toscana
UNIONE SINDACALE ITALIANa

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