Alberto Meschi

 Borgo San Donnino, 27 maggio 1879 – Carrara, 11 dicembre 1958) è stato un anarcosindacalista italiano.

Muratore e autodidatta, fin da ragazzo entra nelle organizzazioni operaie di La Spezia. Nel 1905 emigra in Argentina dove continua per quattro anni la sua opera sindacale, espulso e torna in Italia e dal 1911 dirige la Camera del Lavoro di Carrara a capo delle lotte dei cavatori apuani e dei lavoratori della Versilia, soldato nella 1 Guerra Mondiale, finisce prigioniero nei Carpazi, alla fine del conflitto ritorna a casa e riprende subito il suo posto a Carrara, entrando a far parte del Consiglio generale dell’Unione sindacale italiana. Dopo l’avvento del Fascismo nel maggio 1922 Meschi ripara in Francia è tra i fondatori della Concentrazione antifascista e della Lega italiana diritti dell’uomo. Lo ritroviamo in Spagna durante la guerra civile nella Colonna Rosselli, sino alla caduta della Repubblica, ritornato in Francia viene arrestato dal governo collaborazionista di Petain. Alla fine del 1943 con una rocambolesca fuga ritorna in Italia e, all’indomani della Liberazione 25 aprile 1945, viene incaricato dal CLN di dirigere la Camera del lavoro di Carrara, che resse sino al 1947. Da allora, per circa 20 anni sino alla morte ha continuato ad interessarsi di problematiche sindacali unitarie svolgendo anche attività pubblicista dedicandosi alla pubblicazione de “Il Cavatore”, un foglio sindacale.

Con la vita avventurosa e la sua opera di sindacalista è diventato, per i lavoratori del marmo passati, presenti e futuri, il personaggio simbolo del sindacalismo apuano. Segretario della Camera del Lavoro dal 1911 all’immediato dopoguerra, con la parentesi del Ventennio, Meschi dal carattere sì tenace e spigoloso ma anche uomo di mediazione nelle lunghe contrattazioni sindacali, seppe sia comporre le lacerazioni interne fra componenti socialiste, repubblicane ed anarchiche, sia guidare i lavoratori a conquiste sindacali e sociali che rimasero esemplari, come non ricordare la riduzione dell’orario da 12 ore a 6,50, avvenuta nel 1922, per i lavoratori del marmo.

“Se il sindacalismo di base (quello vero, libertario ed autogestionario), può in Italia vantare profonde radici nella storia delle lotte sociali; la vita, il pensiero e soprattutto l’azione di uomini come Alberto Meschi sono alla base di queste radici.
Nasce a Fidenza il 27 Maggio 1879. Già durante il servizio militare fa attività antimilitarista e denuncia abusi in caserma. Partecipa allo sciopero di Genova del 1904 per la riduzione dell’orario di lavoro. Sconfitta l’agitazione fu costretto ad emigrare in Argentina dove prende attivissima parte alle lotte sindacali e sociali di quel paese. Fa parte del Comitato Esecutivo della FORA, la forte Federazione anarcosindacalista argentina. Partecipa alla redazione del periodico “Organisaciòn Obrera” e alla realizzazione di un congresso sindacale sudamericano. Alla fine del 1909, a seguito di violenti scontri sociali, la reazione si scatena contro gli anarcosindacalisti. Meschi, come molti altri, fu incarcerato e poi espulso dall’Argentina.
Tornato in Italia si dedica subito ad attivit? libertaria e sindacale. Nel 1911 fu chiamato come segretario alla Camera del Lavoro di Carrara. Fondò “Il cavatore” organo di quella C.d.L. e organizza dure lotte, che coinvolgono gli operai apuani e versiliesi, sul terreno di forti rivendicazioni tra cui spiccano quelle per gli aumenti salariali e l’abbassamento dell’orario di lavoro (ottiene la riduzione dell’orario per i cavatori da 7 ore e mezzo a 6 ore e 48 minuti).
Meschi, dopo l’esperienza del Comitato d’Azione Diretta, è tra i fondatori dell’ U.S.I. (Unione Sindacale Italiana) costituita dai sindacati, le leghe e le Camere del Lavoro sindacaliste rivoluzionarie nel novembre del 1912 (Congresso di Modena). Meschi viene nominato membro del Consiglio Generale dell’Unione.
Nel 1913 da Carrara lo sciopero dei cavatori dell’USI diventa sciopero generale dei marmisti d’Italia coinvolgendo successivamente tutte le altre categorie di lavoratori. Dopo nuove agitazioni di cavatori nel 1914, la polizia si scatena e devasta la C.d.L. di Carrara arrestando i responsabili dell’USI: Meschi, Sacconi e Ugo del Papa. Un nuovo sciopero generale nella zona del marmo impone la liberazione dei militanti dell’USI e l’accettazione delle richieste sindacali.
La tendenza interventista all’interno dell’ USI viene sconfitta al Consiglio Generale del settembre 1914. Contro l’ O.d.G di Alceste de Ambris è proprio Meschi a presentare un suo O.d.G. opposto che ribadisce i principi antimilitaristi e antistatali dell’USI. L’o.d.g. di Meschi ottiene la maggioranza.
Nel 1919-’20 Meschi e l’ USI ottengono le conquiste sindacali più prestigiose. Dopo una lotta durissima, l’occupazione delle miniere e una serrata di 97 giorni, i minatori dell’USI del Valdarno ottengono nel 1919 le sei ore lavorative. La stessa conquista viene ottenuta dai minatori di Luni, guidati da Meschi, nel 1920. Una conquista del lavoro che, in quegli anni, stabiliva un precedente mondiale importantissimo.
Nel 1922 a seguito di una farsesca montatura poliziesca, fascisti, truppe regie e carabinieri occupano la C.d.L. di Carrara. Meschi e molti altri attivisti sono costretti all’esilio e raggiungono la Francia dove l’USI aveva costituito un Comitato d’Emigrazione per coordinare l’attività degli esiliati. Intensa in Francia l’attività antifascista e libertaria svolta da Meschi. L’avvento del fascismo ripristina i vecchi orari per i minatori del Valdarno e di Luni.
Nel 1936 Meschi, come altri militanti dell’Unione, è in Spagna, al fianco della CNT (l’organizzazione anarcosindacalista spagnola che, come l’ USI, la FORA e tante altre, aveva dato vita nel 1922 all’ AIT, Associazione Internazionale dei Lavoratori) a difendere la rivoluzione libertaria della Catalogna e di altre regioni iberiche e a combattere Franco e il nazifascismo. Nel 1937 accetta di far parte della redazione del periodico dell’ Unione “Guerra di Classe” redatto nella sede dell’USI di Barcellona da Camillo Berneri prima e poi da Gozzoli. Nel 1938-’39 Meschi pubblica i suoi articoli sugli eventi di Spagna in cui denuncia anche la controrivoluzione stalinista che aveva permesso la vittoria franchista.
Tornato in Francia viene catturato durante l’occupazione tedesca ed internato, dagli inizi del 1942 alla fine del 1943, nel campo di concentramento di No?, prigioniero del governo collaborazionista di Petain.
Meschi potè fare ritorno a Carrara solo nel luglio 1945, accolto da una folla enorme. Il Comitato di Liberazione Nazionale lo chiama alla segreteria della C.d.L. di Carrara. Meschi riesce di nuovo a ristabilire la giornata lavorativa di 6 ore per i minatori di Luni-Castelnuovo ed ottiene aumenti salariali per tutti i lavoratori.
Meschi dovette intraprendere una continua lotta, impostata sulla necessità dell’unità dei lavoratori, per impedire che la C.d.L. cadesse nelle mani di forze politiche (in particolare i socialcomunisti) che ne volevano fare la cinghia di trasmissione per i loro obiettivi partitici. Nell’aprile del 1947, nonostante la sua lista avesse la maggioranza nella C.d.L. , Meschi ddiede le dimissioni da segretario per impedire scissioni e anche per neutralizzare possibili provocazioni (gli avversari avevano minacciato un “fattaccio” che avrebbe potuto concludersi con un eccidio tra lavoratori).Nonostante questo, la scissione, che si consuma a livello nazionale, avviene ugualmente.
Nel 1950 si ricostituisce l’ USI. Meschi, sempre in nome dell’unità, non vi aderisce ma mette comunque a disposizione alcune pagine de “Il cavatore” all’Unione. Nel 1953 Meschi, contro la sigla di accordi capestro (anche da parte della CGIL), difende l’operato della sezione dei cavatori dell’USI di Carrara: “senza l’intervento della quale, gli orari lavorativi sarebbero stati aumentati a tutti i lavoratori del marmo”.
Nel 1951 subisce processo e condanna per l’opera di denunzia svolta dalle pagine de “Il cavatore”. La repubblica manda così in soffitta il tanto sbandierato antifascismo e il movimento sindacale ufficiale vergognosamente tace su questi fatti.
L’11 Dicembre del 1958 Meschi muore. Il popolo di Carrara, in massa, lo accompagna per l’ultima volta.”

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