Un altro modo di fare sindacalismo

L’USI non è uguale a nessun altro sindacato esistente: nasce nel 1912 dopo due anni di lavori, incontri e discussioni tra diverse componenti e tutta la base di allora, formulando un patto associativo basato su pochi, ma precisi, vincoli ideali e pratici che in sede di primo Congresso saranno condivisi unanimemente quali radici comuni di intenti e di azione. L’analisi, lunga e faticosa, parte dal rigetto e dalla negazione di tutte quelle caratteristiche che appartengono al sindacalismo convenzionale, presente pesantemente anche in quell’epoca: riformista, politicante, accentratore, burocratico, pacifista, corporativista e adoratore delle grosse casse (di denaro). Da questa negazione emerge una nuova forma organizzativa nella quale mezzi e fini trovano la loro irrinunciabile coerenza in contrapposizione ostinata e contraria all’esercizio dominante del fine che giustifica i mezzi.
I contenuti chiave sono: la neutralità politica, cosicchè i lavoratori abbiano fede solo nelle proprie forze e siano consapevoli che avranno quanto sapranno conquistare. Ciò senza negare o contrastare alcuna libertà di appartenenza partitica o politica – in quanto diritto di libertà del singolo – ma senza interferire nell’attività dell’Unione.

Nella lotta quotidiana il sindacalismo si propone di ottenere tutti quei benefici che migliorano la vita del lavoratore (salario, qualità del lavoro, sicurezza, ecc): ogni cosa che possa emancipare materialmente e moralmente la sua esistenza. Tale rivendicazione però non deve mai perdere di vista l’obiettivo generale, più in là nel tempo, per il quale il sindacalismo si adopera: la realizzazione di un mondo nuovo, dove l’emancipazione integrale conduce ad una innovativa quanto antica forma di organizzazione sociale di liberi ed uguali.
Ogni azione pertanto si inserisce all’interno di questo obiettivo a lunga gittata di trasformazione sociale: di rapporti, di relazioni, di prassi autogestita e in quanto tale rivoluzionaria.
Mutuando una celebre frase di Emma Goldman (Se io non posso danzare allora non è la mia rivoluzione) il concetto è che ciascun lavoratore è attore e protagonista delle sue lotte e rivendicazioni all’interno di processi decisionali collettivi che, non essendo mai stati adottati in questo sistema sociale, sono tutti da apprendere e sperimentare: così poi dopo chi li conosce non li abbandona più. Anzi lotta per estenderli ad altri. Gli organismi interni non sono i padroni che decidono sulla testa degli iscritti, ma solo interpreti ed esecutori della volontà collettiva, che può e deve liberamente esprimersi. La burocrazie è bandita di nome e di fatto: non esiste alcuno che possa non essere idoneo ad assumere qualche compito. La burocrazia (lo dice il nome stesso) è una forma di potere: quello dei funzionari. La gestione interna (amministrativa, corrispondenza, propaganda, ecc) è affidata sempre e solo a compagni attraverso incarichi a tempo definito e nulla più. A rigida rotazione.
Nell’ USI non si deve attendere alcun beneplacito da alcun organo centrale per agire. Le federazioni locali sono assolutamente libere (nel rispetto dei principi qui pronunciati) così come i singoli in questo contesto di libertà acquistano il senso di responsabilità propria alla scuola dei fatti ed imparano a guidarsi senza bisogno di tutori o di padri spirituali.
Infine la forma intercategoriale allarga gli orizzonti della solidarietà tra le varie categorie di appartenenza e permette l’uso di forme più complesse di resistenza oltre a proteggere da forme di corporativismo egoistiche.
Siamo contro la politica delle alte quote, cioè contro il concetto che basti ammassar denaro per vincere nella lotta anticapitalista. Il denaro è solo un elemento, importante e necessario, ma non mai il più importante. Esso è secondario, perchè gli si antepone il valore della solidarietà e della combattività.
Il sindacato viene considerato come un organismo completo, con vita propria, piena ed autonoma. La federazione non mente al proprio nome. Essa si considera come un mezzo di raccordo e di coordinazione dei singoli sindacati e nulla più. Ne raggruppa le energie: non le comprime. Consiglia, sollecita, sveglia, ammonisce anche, assiste: non comanda.. (…) I sindacati sono liberi di agire nella loro sfera come credono meglio, di fare quei movimenti che ritengono utili quando interessano essi soli, di stabilire le quote per i lor aderenti. I singoli sindacati si organizzano come vogliono e si raggruppano localmente con altri enti congeneri in quella forma che meglio risponde alle esigenze della lotta anticapitalista, senza che la federazione possa intervenire a vietarlo,” anche se le alleanze sono strettamente vincolate al tempo necessario per il raggiungimento di un obiettivo concreto e non mai per una alleanze politica.
Infine l’ANTIMILITARISMO ne fa un sindacato veramente unico che lotterà sempre con ogni forza e modo contro le armi, le guerre e tutti gli eserciti che nel mondo che noi vogliamo non hanno né dignità né ragione di esistere.

PER CHI HA VOGLIA DI CAMBIARE VERAMENTE

USI-AIT Federazione Regionale Marche

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