“Tutele crescenti”? Ma … mi faccia il piacere!

Mentre procede, sempre più serrato e caotico, il “dibattito” (si fa per dire) sul Jobs Act e sul “superamento” non solo dell’art. 18 ma dell’intero impianto dello Statuto dei Lavoratori (legge 300/70) pubblichiamo in allegato un pezzo che è stato ripreso dal numero 27 di Umanità Nova in distribuzione in questi giorni e formulato dal Segretario Nazionale dell’USI-AIT: Enrico Moroni

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TUTELE CRESCENTI O CRESCENTI PERDITE DEI DIRITTI?

E’ un curioso modo di ragionare quello del sig. Renzusconi il cui governo sta varando una legge in parlamento per togliere ai nuovi assunti a tempi indeterminato la tutela dell’art.18 (o meglio quella che rimane dopo la legge Fornero), sostituendola con un sistema di cosiddette “tutele crescenti” per cui in caso di licenziamento ingiustificato il lavoratore/trice verrà risarcito con un contributo in denaro crescente, legato all’anzianità nell’azienda, anziché con il reintegro. E tutto questo viene presentato dalla bella faccia tosta del premier Renzi come fosse un grosso favore nei confronti dei lavoratori e lavoratrici, anziché un regalo verso l’ ingordigia famelica dei padroni d’impresa e delle loro associazioni.
Ha mai sentito parlare il sig. Renzusconi del significato della parola ricatto, condizione in cui vive un dipendente quando può essere licenziato senza motivazione in qualsiasi momento, soprattutto se si azzarda a rivendicare i propri diritti e la dignità nel suo posto di lavoro? Sicuramente le condizioni in cui Renzusconi opera e governa di garanzie ne ha più che in abbondanza.
Siamo sicuramente di fronte ad un atto di estremo autoritarismo, per non dire molto peggio, dal momento che la approvazione di questa legge significa un colpo di spugna che modificherà, in modo gravemente peggiorativo, tutti i contratti di lavoro fin’ora in vigore, frutto di anni di lotte e di mediazioni fra le parti, azzerando tutte quelle parti che limitano il periodo di prova, prima della dell’assunzione, a poche settimane o al massimo pochi mesi a secondo dei livelli categoriali.
Solo adesso si è risvegliata la Camusso, la “bella addormentata nel bosco” (in buona compagni con Angeletti e Bonanni), accusando il “premier” di logica thatcheriana. Anche la cosiddetta “punta avanzata” del sindacalismo confederale, il segretario della Fiom Landini, osa nei confronti di Renzi, con il quale si è trovato spesso a colloquiare, definire la sua una “presa per il culo”. Ma Cgil, Cisl, Uil se la sono ampiamente meritata questa presa per i fondelli: nel mentre Renzusconi dichiarava apertamente, e continua a farlo, che del giudizio nel sindacato se ne frega senza alcuna risposta dignitosa e adeguata; nel mentre procedeva incontrastato nell’approvazione del Jobs Act (riduzioni di diritti) e preannunciava già da mesi di introdurre la “contro-riforma” delle cosiddette “tutele crescenti”, senza che da parte confederale ci fosse una adeguata e reale risposta.
Che poi Renzusconi si permetta il lusso di tirare in ballo le responsabilità dei confederale nella divisione dei lavoratori/trici tra maggiormente tutelati e quelli senza tutela se lo meritano pure per la loro ignavia accondiscendenza. Ma non si può certo dimenticare che proprio i suoi attuali alleati di governo, e il suo stesso partito, hanno promosso proprio quelle leggi, e continuano tutt’ora, che hanno prodotto quel disastro di precarietà senza tutele che si è così rapidamente diffuso. Cosa può recriminare Renzusconi quando ci propone un modello per appianare le differenze togliendo diritti a chi ce l’ha, invece di darli a chi non li ha ancora.
Ma Renzi nel suo giochetto delle tre carte sa benissimo come stanno le cose: la vittima sacrificale sarà ancora una volta la classe lavoratrice, perché è quanto richiesto dai padroni e dalle loro associazioni ed è il diktat imposto dalle politiche dalla U.E. Ancora una volta Cgil, Cisl e Uil staranno a guardare, concedendosi qualche aziona dimostrativa come prevede il copione della finta opposizione. Ancora una volta la domanda che ci si pone, rivolta al sindacato conflittuale e all’intera area dell’opposizione sociale: se non ora quando?.

Enrico Moroni

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