TUTELA STATOCRATICA PER IL SUD

“Lo stato c’è. Lo stato ritorna ad essere stato!” ha così declamato l’Autorità Suprema Nazionale, ad Acerra, in occasione dell’inaugurazione dell’inceneritore, opera realizzata dall’imprenditoria lombarda, inviata in soccorso degli enti locali campani, abbacinati dalla perdita del filo della matassa dei “rifiuti”. L’evento è storico perché chiude in una definitiva parentesi la fallimentare esperienza del meridionalismo liberaldemocratico, corrente di pensiero che ha indirizzato la politica economica e sociale nel Mezzogiorno, nell’ultima metà del ventesimo secolo. Le parole d’ordine di questa variegata visione politica, pur differenziata tra regionalisti o meno,  tra interventisti straordinari o meno, sono state il riferimento costante al modello di sviluppo capitalistico occidentale e il ricorso irrinunciabile alle funzioni vicarianti dello Stato Nazionale.   Acerra, in superficie, sembra soccorrere le tesi del pensiero liberaldemocratico,  con lo Stato, nell’accezione più  decisionista,  sollecitato a governare, con successo, l’ingovernabile. In realtà è solo l’epilogo di un fallimento politico, economico e sociale, che si è incarnato sia nella figura, quale azionista nella gestione dell’impianto,  del sindaco di Milano,  elemento totalmente estraneo al territorio, pervenuto a porre tutela e correzioni sia in una opera tecnologica tesa a fagocitare in una vampata termica i detriti del consumo capitalistico, a detrimento delle vocazioni locali. Da più di un secolo la bocca delle gente meridionale è stata addestrata a rimanere aperta in modo permanente ad invocare l’intervento dello Stato. Una comoda inerzia per i numerosi comitati affaristici, legittimati a governare indisturbati e a depredare le risorse del territorio. Nel Meridione, lo Stato è stato sempre ben presente, sia con  la forza prevaricatrice delle imposizioni legislative, create a beneficio dei privilegi e del benessere di ceti minoritari sulla massa della popolazione, sia con  l’apparato burocratico-militare posto a difesa dello stato di fatto.  Assolutamente patetico il tentativo di qualche ministro di riformare l’apparato statale in senso etico; si tratta di una buriana che svanirà nel cantino delle illusioni nel giro di un paio di stagioni.
L’invadenza dello statalismo sta assumendo, piuttosto,  proporzioni orride, sul territorio nazionale. Regolamenta non solo le funzioni collettive, come il diritto di sciopero o di manifestazione, ma persegue la direttiva di regolamentare anche le funzioni individuali, non solo le voluttuarie da cui il proibizionismo per le sostanze psicotrope non inducenti dipendenza fisica ( si pensi quanta gente viene burocraticamente stipendiata per contrastare e mantenere illecito il fumo di marijuana e favorire, più o meno paradossalmente, il traffico improprio e redditizio di sostanze artificiose), ma anche le funzioni cognitive, per cui si dispone, con strumento legislativo, di disciplinare le modalità dell’incontro individuale con la morte. Un uso della facoltà legislativa, perverso e capriccioso,  da parte di una pattuglia di deputati di destra, rampanti brigadieri, incoronati, dal loro dio, a demonizzare le libertà individuali.  Una iconografia congeniale alla dimensione drammatica che stiamo vivendo è il Presepe, con le sue belle figurine manierate, atteggiate in pose imbalsamate, con un cenno di sorriso devozionale e lo sguardo perso nel vuoto. Una immobilità sedimentata nel palcoscenico di una natività moderna e dinamica, quella dello Stato Magno, annunciata dalla stella del nostro firmamento “ Mister 51%”.
Tocca al pensiero anarchico maturare una dimensione ed una logica di emancipazione  e di determinazione delle coscienze individuali, tale da affermare i principi del socialismo libertario ed autodeterminato e spazzare via e liberarsi dalla tutela soffocante e mortificante di ogni stato e di ogni chiesa.

C/mare di Stabia 31/03/2009                                                                 
Amato Rizzo

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