SABATINO CATAPANO 1938 – 2019

SABATINO CATAPANO: IL CUORE E LA LOTTA

(biografia a cura dell’Archivio USI)

 

 

Sabatino è stato per noi, che abbiamo condiviso con lui un percorso di idee e di lotte, un punto di riferimento importante capace di farci capire come la strada dell’emancipazione individuale debba sempre affiancare quella dell’emancipazione e liberazione collettiva, che la lotta e la questione sociale non devono e non possono fare a meno di tutta la più profonda umanità e solidarietà possibile.

Dai lunghi anni nei carceri e nel manicomio criminale (dove Sabatino vive esperienze e violenze che vanno oltre ogni immaginazione) alle lotte sindacali e sociali, sempre a testa alta maturando coscienza umana e di classe fino a diventare lui stesso un grande uomo di “classe”, quella solidale, libertaria e umana.

E lo vogliamo ricordare nell’atto di provocarci per farci aprire le menti, vestito da pulcinella che ci offre da bere in un pappagallo e vedere la nostra reazione, per liberarci dal pregiudizio perché dentro vi è del vino e non dell’urina.

Sabatino nasce nell’aprile del 1938 è ha un’infanzia non facile complicata per di più dalle conseguenze della guerra. Nel 1955 subisce il primo arresto, una pentola di rame rubata per ragioni di sopravvivenza a uno strozzino. Arriva anche il primo violento pestaggio subito al commissariato. Poi carcere minorile e case di rieducazione. Esce ma nel 1957 torna in carcere per altri reati cosi come nel 1960 (accusato in questa occasione ingiustamente).

Da qui al manicomio giudiziario di Aversa, uno dei luoghi più terribili esistenti in Italia con violenze, trattamenti speciali disumanizzanti e feroce osservazione psichiatrica riservataa chi osa ribellarsi. Sabatino conosce ogni tipo di tortura dal letto di contenzione alla camicia di forza. Assiste a ogni tipo di sevizie che così ricorderà: “ pestaggi sadici e perversi, trattamenti farmacologici devastanti con psicofarmaci di ogni genere, …trattamenti-orrore come la lobotomia, lo choc insulinico e il più frequente: l’elettrochoc, una tortura senza fine” (da “Il Sopravvissuto”). Dal manicomio criminale torna nel carcere.

Al processo viene assolto ed esce nel febbraio 1963 e torna a Sarno. Conosce Anna la compagna della sua vita, una donna meravigliosa di grande forza e umanità che sarà sempre al suo fianco. Torna qualche mese in carcere (per aver picchiato un confidente dei carabinieri) e poi trova lavoro alla Star nella trasformazione del pomodoro ma è licenziato (picchia un lacchè dei padroni). Sabatino pur non ancora politicizzato e sindacalizzato è già in prima fila nell’avanzare richieste per i diritti dei lavoratori. La mancanza di lavoro e le difficoltà fanno precipitare le cose e viene arrestato con l’accusa di furti e rapine. Comincia un’odissea terribile, condannato a 14 anni e sei mesi, tra carceri e nuovi internamenti al manicomio criminale di Aversa. Nel luglio 1972 è scarcerato per decorrenza dei termini (legge Valpreda) e costretto al soggiorno obbligato a Nocera Inferiore da dove ogni tanto scappa per tornare da Anna e dai figli alla vicina Sarno. E’ scoperto e torna in carcere.

Sono gli anni della politicizzazione. Molti militanti di sinistra sono arrestati a Napoli e in carcere Sabatino entra in contatto con loro. Fa anche amicizia con Renato Vallanzasca. Al carcere di Perugia entra in contatto con anarchici e legge opuscoli di propaganda anarchica. Al carcere di Milano sfida un secondino particolarmente aguzzino con una lametta spezzata in due in bocca. La pena intanto gli viene ridotta da 14 anni a 8. Tornato al carcere di Perugia collabora con Soccorso Rosso e si relaziona con i libertari. L’incontro e l’amicizia con l’anarchico Horst Fantazzini sarà determinante e contribuisce a definire la sua scelta ideologica e l’evoluzione della sua coscienza.

E’ trasferito all’infame carcere di San Gimignano e poi di nuovo al manicomio di Aversa. Ora è un anarchico e in carcere viene trattato come detenuto comune politicizzato. Rifiuta ogni contatto con i camorristi e platealmente non gli dimostra nessun rispetto. Esce definitivamente e per sempre dal carcere il 18 maggio del 1976. E’ un uomo libero, completamente trasformato convinto assertore dei diritti sociali e del rifiuto di ogni violenza.

Comincia l’attività politica e sindacale concentrandosi sui temi della disoccupazione, del lavoro nero e di quello stagionale, sui diritti sindacali. Nel 1979, con altri lavoratori e disoccupati di Sarno entra in contatto con l’Unione Sindacale Italiana (USI), lo storico sindacato anarcosindacalista riattivato un anno prima. Comincia così per Sabatino un lungo percorso di militanza all’interno dell’Unione.

Nel 1980 si costituisce la sezione USI di Sarno (lavoratori alimentaristi e disoccupati) e Sabatino partecipa nel settembre a Bologna al Comitato Nazionale Provvisorio dell’USI (dal 1980 fino al 2012 sarà presente alla maggior parte delle riunioni e attività nazionali del sindacato). Sempre in quell’anno partecipa all’occupazione di un calzaturificio a Sarno e conosce la prestigiosa figura dell’anarchico sardo e combattente della rivoluzione spagnola Tomaso Serra.

Attivissimi nel 1981, danno vita a “Unità Proletaria” bollettino a cura dell’Unione Locale di Sarno dell’USI. Il primo maggio l’USI tiene una importante manifestazione pubblica a Sarno sulle problematiche del lavoro, sui “terremoti naturali e statali” e sulla sanità. Sono fatti anche vari spettacoli. Con Sabatino collaborano all’evento anche militanti USI di Roma e Milano. A giugno è distribuito un volantino in strada e davanti al collocamento diretto a tutti i disoccupati con proposte concrete di lotta autogestita: “organizzazione immediata di tutti i lavoratori disoccupati con graduatoria e di liste autogestite dai disoccupati per imporle agli industriali contrastando l’assunzione diretta”. Vi è poi un tentativo interno alla sezione di Sarno di sciogliere l’Unione locale e aderire alla CGIL (l’operazione è portata avanti da elementi passati al Partito Anarchico Italiano, PAI, breve esperienza poi confluita nel PCI). Sabatino con altri lavoratori si oppongono energicamente all’operazione deviazionista, i dissidenti vanno in CGIL e la sezione USI continua ad operare. A livello nazionale vi è contemporaneamente un tentativo di bloccare la rinascita dell’USI e anche in questo caso Sabatino e altri in un Comitato Nazionale a Bologna bloccano il disegno liquidatore. Il 1981 è anche l’anno in cui Sabatino si trasferisce a Milano.

Nella città lombarda, al collocamento iscritto come invalido civile, ha esperienze lavorative abbastanza conflittuali, a testa alta non si vuole sottomettere ai soprusi dei padroni e dei dirigenti e risponde colpo su colpo alle prepotenze subite. E’ aderente all’USI e partecipa assiduamente a tutte le iniziative del sindacato che proprio a Milano ha un importante centro operativo. Capita che per sbarazzarsi di lui lo mettono a fare lavori incompatibili al suo stato di salute oppure è preso di mira dalla strafottenza di dirigenti che poi a causa della forte reazione di Sabatino si pentono molto presto di averlo provocato e sono disposti a pagare discrete somme per allontanarlo. In tutte le aziende in cui ha lavorato Sabatino ha fatto una vertenza. Il suo è un anarcosindacalismo molto semplice, diretto ed efficace, che ben traspare in questa lettera inviata a fine 1983 a una ditta milanese in cui lavorava: “In riscontro alla vostra raccomandata con la quale mi si contestava il comportamento da me tenuto nei riguardi del vs…. posso dirvi solamente che sono stanco di riferirmi alle vs. inique leggi, quelle leggi a cui quando vi fa comodo fate riferimento e quando no le calpestate con arroganza. Personalmente non sono abituato a subire passivamente qualsiasi prepotenza ne atteggiamenti che offendano la mia dignità di uomo prima e di lavoratore poi; pertanto dite al vs… che ogni qualvolta deve rivolgersi al signor Catapano, che lo faccia con estrema gentilezza e assoluto rispetto, altrimenti sarò sempre disponibile e cosciente di ribellarmi contro qualsiasi potere che mi si vuole ritorcere contro. In quanto anarchico il mio concetto dei rapporti è in senso orizzontale perciò se qualcuno crede di scaricare su di me, dalla sua situazione di potere, le sue frustrazioni con la repressione, chiunque sia si sbaglia di grosso, mi rifiuto di salvaguardare il posto di lavoro con la più strisciante sottomissione che voi pretendete, per degradare gli individui alle vostre dipendenze. Per un mondo libero e senza padroni, per l’autogestione W l’Anarcosindacalismo militante. Tanto dovevo, per la libertà Sabatino Catapano”.

Nel dicembre 1983 Sabatino (insieme ad un altro delegato di Sarno partecipa al Congresso nazionale USI di Ancona che riattiva definitivamente il sindacato. Al successivo congresso nazionale (Torino, marzo 1986) è tra gli estensori della mozione finale su “occupazione e disoccupazione” nella apposita commissione formatasi. Nel 1988 partecipa a Bordeaux al suo primo congresso dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT) a cui l’USI aderisce (successivamente sarà nella delegazione italiana anche ai congressi AIT di Madrid, Granada e Manchester).

Dal 1994 al 1996 l’USI, dopo il suo momento di maggiore crescita nei primi anni novanta, attraversa un periodo di forte crisi dovuto al tentativo di una componente autoritaria (con centro a Roma) di impossessarsi dell’organizzazione deviandola dai suoi principi federalisti e libertari. Sabatino, in rappresentanza della sezione di Sarno, partecipa attivamente al duro dibattito interno di quel periodo schierandosi contro ogni svolta autoritaria e verticistica del sindacato. Mentre gli autoritari consumano la loro scissione troviamo Sabatino con la componente anarcosindacalista (l’unica ad essere riconosciuta dall’AIT) che si riorganizza nel maggio 1996 con il congresso di Prato Carnico. Nell’occasione viene proposta da Sabatino (al punto sul “territorio”) una cooperativa rurale (agro-turistica-artigianale), culturale e sociale sul terreno dell’autogestione e della solidarietà. Nel giugno del 1997 il Comitato nazionale dei Delegati dell’USI si tiene per la prima volta a Sarno.

Nel maggio 1998 due milioni cubi di terra si staccano dal monte Sarno e fiumi di fango travolgono la città e i paesi vicini. 159 i morti, 137 solo a Sarno. Sabatino si attiva subito per portare solidarietà e si fa promotore di una raccolta nazionale di fondi come USI da devolvere alla sezione locale che destina gli aiuti direttamente alla popolazione più colpita. Organizza anche dibattiti con esperti geologi sulle cause del disastro proponendo interventi eco compatibili per la messa in sicurezza del territorio. Organizza comitati cittadini che manifestano contro la lentezza degli interventi e per questo viene fermato dalla polizia e condotto in questura. Da allora ripartano indagini su di lui e sull’USI.

Riportiamo il testo di una “lettera aperta” affissa da Sabatino nei muri del paese nei giorni della frana: “…..l’Unione Sindacale Italiana, sezione locale di Sarno, intende denunciare ed evidenziare la carenza, l’incapacità, gli interessi che l’arroganza della giunta clerical-fascista sta perpetuando ai danni del paese, ripercorrendo lo standard dell’immobilismo mirato e tacitamente consenziente delle passati amministrazioni, nello sconvolgimento del tessuto socio-economico-ambientale che ha devastato il nostro paese procurando lutti e rovine. La strage poteva e doveva essere evitata. Le responsabilità morali e politiche sono evidenti…Ed a quella Sarno laboriosa, onesta, a cui ci rivolgiamo, a tutti quegli individui che con elevato senso della dignità umana hanno superato la subcultura della discriminazione sociale, razziale, etnica, che genera emarginazione, miseria esistenziale, criminalità, per giustificare poi tutte le forme repressive per salvaguardare i soprusi, i vandalismi su cui si arricchiscono e prosperano gli interessi dei potenti corrotti e collusi. Sollecitiamo tutte le coscienze libere affinchè, in un unico impegno, si organizzano alla base per dare una reale e costruttiva svolta. Che abbia come fine l’emancipazione dei diseredati, degli sfruttati, degli oppressi. Per una società di liberi ed uguali. Per l’USI il responsabile locale Sabatino Catapano.”

L’aspetto della solidarietà era molto presente in Sabatino (che pure aveva scarse risorse economiche) come evidenzia la storia della frana di Sarno e si è manifestata in molte altre occasioni. Ricordiamo la raccolta fondi per le comunità indigene del Chiapas, il progetto Flores Magon e per l’ambulatorio popolare di Genova. Il ricavato della vendita dei suoi libri (“stasera ho vissuto” e “il sopravvissuto”) veniva spesso devoluto da Sabatino per queste cause solidali.

Nella primavera del 2001 ricomincia la persecuzione sbirresca contro Sabatino, è chiara ed evidente la matrice politica della manovra poliziesca. Il commissariato di Sarno, prendendo per pretesto i precedenti penali e la “frequentazione di pregiudicati”, minaccia di proporre all’autorità giudiziaria l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per Sabatino che ribatte pubblicamente: “….non sono orgoglioso del mio passato ma non me ne vergogno. L’ho ripudiato!!! Con esso ho rotto più di trenta anni fa! La cultura malavitosa non appartiene né al mio bagaglio culturale, né alla mia storia personale. Non permetterò a nessuno di sporcare la mia dignità umano-sociale.politica con lo sterco dei topi di fogna. NE CON IL CRIMINE NE CON LO STATO. Ribellarsi è giusto, contro qualsiasi montatura di repressione poliziesca: Non farò infangare il mio impegno sociale nella lotta per il diritto al lavoro, alla casa, alla sanità, all’istruzione…La mia libertà è un diritto inanielabile, non una benevola concessione di questo stato poliziesco, guerrafondaio e razzista !”. La segreteria nazionale dell’USI interviene con decisione richiedendo alla questura l’immediata revoca dell’avviso notificato al militante dell’Unione Sabatino “persona di grande esperienza e umanità, la cui integrità di principi morali riteniamo possa essere di esempio per tutti”. Da segnalare che in quel periodo analoghe minacce di sorveglianza speciale vengono fatte anche verso altri militanti (tra cui un attivista dei Cobas di Taranto) facendo intravvedere un disegno preordinato per contenere ed eliminare il dissenso sociale e i suoi protagonisti. Un convegno viene promosso dall’USI a Sarno contro le nuove strategie repressive. Sono periodi socialmente di nuovo “caldi” e Sabatino partecipa insieme a compagni dell’USI agli avvenimenti di quei mesi. Il 17 marzo del 2001 alla “mattanza” poliziesca di Napoli contro le manifestazioni sociali e poi nel luglio a quella tragica di Genova.

Nel maggio 2002 al Congresso nazionale dell’USI (Milano) Sabatino per la prima volta viene nominato membro della Commissione Esecutiva dell’Unione, incarico che ricopre fino al successivo congresso (2005). Contemporaneamente è di nuovo nel mirino della repressione poliziesca. E’ chiamato in questura per informazioni e indagini sull’USI. A febbraio del 2003 viene di nuovo riconvocato e viene sottoposto a rilievi fotosegnaletici in quanto “pericoloso e sospetto”. Nel luglio 2004 viene condannato a un mese di carcere perché in occasione del primo maggio 2002 non avrebbe comunicato al questore un’iniziativa in piazza dell’USI. E’ evidente la volontà persecutoria del potere per colpirlo.

Nell’aprile 2005 è tra gli organizzatori del congresso nazionale dell’USI che si tiene a Napoli. Sabatino introduce all’ordine del giorno una tematica sociale che lo vede molto attivo e sensibile: l’antipsichiatria. Sarà estensore con un altro compagno della mozione finale su questo punto: “…l’USI rifiuta ogni tipo di trattamento sanitario obbligatorio…rilevando come lo strumento del TSO sia sempre più utilizzato anche come mezzo per reprimere il dissenso all’interno del mondo del lavoro”. Il primo maggio dello stesso anno organizza nuovamente una manifestazione USI a Sarno sui temi del lavoro, della guerra e sul progetto Flores Magon.

Alla festa nazionale dell’USI (settembre 2011, RioTorto) è organizzato un convegno su “la malattia mentale non esiste: malati di niente – morti di psichiatria”, Sabatino è tra i relatori con la tematica “esperienze di psichiatria giudiziaria”. Negli ultimi anni il suo intervento centrale è proprio quello contro i soprusi in psichiatria. E’ di questi anni il caso della morte del maestro anarchico Mastrogiovanni, a cui è applicato un TSO arbitrario, lasciato legato per più di 90 ore senza acqua ne cure, viene assassinato in maniera disumana. E’ il simbolo della lotta alla violenza psichiatrica e Sabatino sarà presente al processo e nelle lotte collegate. Porta in tante piazza la sua esperienza e il suo spettacolo. Partecipa alla manifestazione del 2015 a Reggio Emilia contro il manicomio giudiziario, sia con il monologo sul pregiudizio sia con un intervento durante il corteo.

Si spegne nel maggio del 2019, la sua bara avvolta dalla bandiera rossonera e al suono della tammurriata attraversa il vicolo storico di Sarno dove Sabatino abitava. Nella cucina, al pianterreno, diversi anni prima le porte erano aperte e persone (anche con esperienze di psicofarmaci) si incontravano, discutevano e si confrontavano per un percorso di liberazione, tanto che quel luogo, rispecchiando il cuore e la forza di Sabatino, veniva chiamato “La Casa dell’Ascolto”.

 

ARCHIVIO USI (Gianfranco Careri)

 

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