Organizziamo questo mondo nuovo!

DALL’EMERGENZA ALL’AUTOGESTIONE SOCIALE

Questo periodo di emergenza ha tre aspetti su cui riflettere:

il primo è sanitario e vuoi o non vuoi, qualsiasi sia il nostro parere sulla vera origine del virus e sulla sua gravità, ha di fatto sconvolto il mondo riuscendo (cosa mai successa prima) a fermarlo, condizionando e cambiando la vita di miliardi di esseri umani.

La strage di vite umane si è abbattuta In particolare in situazioni sanitarie deboli (case e ospizi per anziani, ecc.) sociali (territori dove la povertà è più diffusa, baraccopoli, centri o rifugi di immigrati, room, carceri, ecc.) o legate al mondo lavorativo (infermieri e medici mandati allo sbaraglio senza protezione, lavoratori costretti ad operare in aziende considerate strategiche e lasciate aperte).

Se ne evidenzia che si è trattato di una STRAGE DI CLASSE ai danni dei più deboli e degli sfruttati.

Una strage che ha tra le altre cause quella determinante delle scelte politiche ed economiche dei governi succeduti nel paese e anche dei poteri che hanno gestito TUTTE le regioni (con eguali responsabilità riscontrabili per quelli di centrosinistra/sinistra, tecnici o di centrodestra) che per sola logica di profitto hanno distrutto la struttura sanitaria sociale, tagliato in continuazione posti letto, chiuso ospedali e non garantito adeguati strumenti per far lavorare in tranquillità il personale sanitario.

La strage non è avvenuta solo negli ospedali ma anche nel territorio dove tantissimi sono i morti che non risultano nella statistica perché di fatto lasciati morire a casa senza effettuare ne tamponi ne ricoveri.

Un altro aspetto dell’epidemia è che ha distrutto i consueti sistemi economici e sociali procurando una crisi mai vista prima con  l’immiserimento di gran parte della popolazione i cui effetti nei prossimi mesi procureranno fenomeni di cui riusciamo oggi appena a immaginarne le dimensioni: chiusura di gran parte delle attività produttive,  estese sacche di povertà e di disperazione con probabili nuove forme di conflittualità sociale dagli esiti imprevedibili.

Il terzo aspetto è la privazione della libertà che hanno imposto con la scusa dell’emergenza. Se alcune misure hanno una loro giusta logica per contenere l’espandersi dell’epidemia per evitare assembramenti o vicinanze pericolose (con precauzioni e strumenti adeguati) altre francamente non hanno nessuna giustificazione scientifica (la repressione dello spostamento oltre i 200 metri da casa, la chiusura di parchi e spiagge mentre si lasciano aperte le fabbriche di armi, ecc.).

Di fatto quello che deve preoccuparci è la blindatura poliziesca che si è fatta delle nostre città e delle nostre vite. Un sistema poliziesco e militare onnipresente in ogni angolo, spesso esercitato con la prepotenza e la violenza tanto diffusa in questi apparati repressivi.

Non amo parlare di costituzione dato che sui punti principali si è sempre rivelata una fregatura  (l’Italia ripudia la guerra ma dal 1991 ha partecipato a quasi tutte le tante guerre scatenate nel mondo dai grandi poteri finanziari e militari, l’Italia è per i diritti dei lavoratori e questi diritti in gran parte sono stati cancellati dall’azione di governi e padroni). Detto questo va comunque sottolineata la probabile anticostituzionalità dei provvedimenti governativi per l’emergenza che hanno privato tutti della libertà e dato pieni poteri al governo, alla polizia e ai militari.

Se oggi si parla apertamente di colpo di stato in Ungheria, Slovenia e Polonia dove in queste settimane l’esecutivo e l’apparato militare ha preso i pieni poteri, c’è da chiedersi quanto diversa sia la situazione italiana.

Ultimo, ma non meno importante aspetto è quello del consenso per le scelte del potere ricercato con richiami alla peggior retorica nazionalistica e patriottica e portato avanti con l’invito alla delazione dei cittadini per colpire il singolo “disobbediente” (abbiamo negli occhi la caccia poliziesca e televisiva del poveretto che faceva due passi da solo in una spiaggia immensa e isolata). Delazione e criminalizzazione per coprire e imparare l’arte del controllo su tutto e tutti, spesso senza alcun logico motivo se non quello della delazione per la delazione e della criminalizzazione per la criminalizzazione.

Quello che ci aspetta sicuramente è un futuro diverso e più difficile per tutti, drammatico per molti. Dobbiamo cominciare a organizzare quella che dovrà essere una resistenza sociale senza precedenti in modo che una parte della popolazione non sia distrutta e cancellata dalla crisi economica e dagli abusi di un potere che certo si sente forte perché in questo momento riesce a controllare e reprimere tutto e tutti e certamente non ha nessuna voglia di cessare di esercitare questo ruolo.

Costruire, già da ora ma ancor più appena sarà possibile muoverci nei territori, momenti autogestionari per una nuova socialità che ribaltino TUTTE le logiche di mercato fin qui attuate. Una rete di terre e orti comuni capaci di aiutare le fasce sociali in difficoltà (che già sono e che saranno sempre di più), occupazione e requisizione di tutto quello che serve a chi non ha di che sopravvivere (dalla casa al cibo e al necessario), creazione di una sanità solidaristica (ampliando l’esperienza degli sportelli sanitari autogestiti sperimentati dall’USI in alcuni territori), casse di solidarietà e di resistenza, rilancio della più forte conflittualità possibile sindacale e sociale in aziende e territori che vada oltre la sola difesa dei lavoratori per creare momenti diffusi e coordinati di contropotere e di trasformazione sociale, autodifesa popolare contro ogni forma di repressione.

Certamente in tutto questo il compito dell’USI e dell’Unione Contadina è fondamentale. Come dicevano i nostri compagni spagnoli nel 1936 abbiamo un mondo nuovo dentro di noi, non ci spaventano le rovine perché tutto possiamo ricostruire. Organizziamo questo mondo nuovo.

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