Milano otto marzo una giornata di lotta importante

L’ USI-AIT tra i promotori dello sciopero generale a sostegno della giornata di protesta internazionale della donna, indetta da “non una di meno” nella rivendicazione della parità dei diritti e contro la violenza alle donne, di cui i femminicidio è l’aspetto più aberrante, era presente a Largo Cairoli nella convocazione a Milano data per le 9,30. In quella piazza si sono incontrate due realtà: quella del movimento degli studenti, della scuola in generale e delle promotrici di “non una di meno”. A poco a poco il piazzale si riempiva, molto marcata la presenza e delle donne e delle ragazze giovani in particolare. Il corteo si muoveva preceduto da un camion dalle cui casse uscivano musiche, slogan e interventi inerenti al tema della giornata. Oltre alla presenza dell’USI abbiamo registrato quella AdL, Cobas, Usb, Sial-Cobas, mentre la Cub e Sgb si erano dati appuntamento in un locale pubblico con interventi e spettacolo. I compagni dell’USI si sono posizionati nello spezzone dell’area libertaria, alla coda del corteo dietro lo striscione “Pane Amore e Fantasia / Libertà – Autonomia da Chiesa, Stati e Padroni” composto da più di duecento manifestanti. Una compagna del San Raffaele munita di megafono lanciava slogan legati alla protesta: “Tremate! Tremate! Le streghe son tornate!” “La 194 non si tocca, La difenderemo con la lotta!” “Né serve, né padrone: solo e sempre autogestione!” “Il nostro corpo non si tocca lo difenderemo con la lotta” L’otto marzo non è una festa ma una giornata di protesta”

Quando il corteo è passato davanti a strutture ospedaliere, come “Fate bene fratelli” un folto gruppo di manifestanti si è staccato entrando per protestare in difesa della 194. Dopo un lunghissimo tragitto il corteo si è fermato davanti al palazzo della Regione dove ha sostato a lungo in segno di protesta soprattutto in difesa della 194 e dove una delegazione di donne è entrata per dimostrare le proprie ragioni.

I compagni dell’USI, come annunciato nel volantino distribuito e fatto circolare, si sono portati davanti allo spiazzale dell’ospedale Niguarda per un presidio di protesta contro il licenziamento di una nostra compagna alla quale, dopo 7-8 anni di rinnovi di contratti a termine, con la promessa di arrivare ad una assunzione con contratto a tempo indeterminato, invece è stato comunicato, senza alcuna giustificazione, la cessazione della sua attività.

Nella giornata di “non una di meno” non poteva mancare la nostra protesta alla politica dei tagli nella sanità che colpisce una lavoratrice e un servizio importante che svolgeva di Assistente Sociale verso quelle fasce deboli soggette a disagio sociale psichico. Non a caso c’era la presenza di parenti dei pazienti stessi a sostegno della protesta, decidendo anche di sottoscrivere una lettera di protesta da loro stessi firmata da sottoporre al Direttore dell’ospedale. Dopo un tentativo delle guardie dell’ospedale di chiedere invano un nostro allontanamento abbiamo mantenuto una visibile presenza distribuendo volantini di contro informazione e dando le dovute spiegazioni a quanti sostavano. Nel frattempo alcuni dei nostri entravano nella struttura ospedaliera per distribuire i volantini nel settore dell’accettazione fin ad arrivare davanti all’ufficio del Direttore. Ringraziamo in particolare i compagni dello Slai Cobas e Si Cobas della sanità per la loro presenza, con i quali si è concordato il proseguo della mobilitazione attraverso comunicazioni di protesta da inviare da parte di vari delegati alla Direzione dell’ ospedale e organizzando un altro Presidio all’entrata di Niguarda pretendendo nell’occasione una convocazione da parte della Direzione stessa.

Lo sciopero della giornata,a cominciare dalla scuola, è riuscito a gatto di leopardo. Anche i trasporti ne hanno risentito con l’interruzione di alcune linee. La città è stata bloccata dal corteo.

Alle 18 c’è stata anche una nostra presenza nel corteo serale che partiva dal Pirellone, nei pressi della Stazione, molto partecipato con una presenza di circa 10 mila manifestanti con in testa i collettivi femministi e la presenza di pochi simboli d’organizzazione e di bandiere.


Enrico Moroni

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