Lavoratori in lotta all’Ist. Sacra Famiglia di Milano

LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DELLA “SACRA FAMIGLIA” RESPINGONO CON LA LOTTA L’ATTACCO AZIENDALE AI PROPRI DIRITTI

L’Istituto ospedaliero della “Sacra Famiglia” non perde mai il vizio di mettere le mani nelle tasche dei suoi dipendenti, già costretti a sopportare pesanti ritmi di lavoro soprattutto nei reparti operativi della degenza, allo scopo di aumentare i profitti aziendali.

E’ un giochetto che gli riesce bene. Già tre anni fa, avvalendosi della sottoscrizione di alcuni sindacati, aveva incassato un accordo che aveva ridotto di 4 giorni le ferie dei propri dipendenti e la sospensione del premio di produzione. Un accordoal quale si erano opposti e mobilitati fin da subito l’Unione Sindacale Italiana e i Cobas.

Adesso l’azienda ci riprova anticipando di un anno, secondo una propria interpretazione, la scadenza di quanto previsto dall’accordo stesso. Prima minaccia, poi comunica come attuattivo, in modo unilaterale, il passaggio dei dipendenti che sono stati assunti con il contratto Aris, circa una metà, al contratto dell’Uneba dove sono assunti un’altra parte dei dipendenti, un passaggio che implica numerose penalizzazioni, come quello di passare dalla settimana lavorativa di 36 ore a 38.

(in merito al recente rinnovo del contratto Uneba leggi anche UNEBA E DINTORNI: SEMPRE PEGGIO!)

Fin’ora l’azienda, attraverso accordi interni e con la spinta dei lavoratori stessi, era stata costretta ad equilibrare, pur con delle differenzazioni, i trattamenti diversi dei due contratti. Oggi impone, invece, in modo unilaterale un trattamento peggiorativo per tutti i dipendenti, quando la logica vorrebbe che all’interno dell’azienda i dipendenti avessero un unico contratto, visto che svolgono le stesse mansioni, ma non quello che dei due offre minori garazie.

Questa volta le lavoratrici e i lavoratori della Sacra Famiglia non sono più disponibili a subire il solito ricatto del peggioramento delle condizioni.

L’USI Sanità e Cobas Sanità, presenti in azienda, per protesta hanno tappezzato tutto il recinto dell’Istituto  con esposizione di mutande e mutandoni a significare le condizioni in cui sono ridotti i dipendenti, accompagnate da grandi striscioni con frasi rivendicative. E quando l’azienda li ha fatto togliere, vergognandosi della cattiva pubblicità, magicamente sono subito ricomparsi in bella mostra. Un segnale inquietante del clima che si è instaurato in azienda quando qualche giorno fa è accaduto che, mentre era in corso una trattativa tra direzione e sindacati, si sono avvicinati durante le pause dal lavoro, diversi dipendenti per controllare l’andamento della trattativa in corso. La cosa ha molto infastidito la direzione aziendale che ha fatto intervenire carabinieri e digos per identificare e allontanare i dipendenti in sosta. Una mossa che ha ottenuto l’effetto contrario aumentando l’affluenza dei dipendenti come osservatori.

L’assemblea generale si è tenuta nel teatro interno all’Istituto, stracolmo, dove è stata espressa molto chiaramente la posizione unitaria di tutte le lavoratrici e lavoratori, contraria ad ogni accordo e soprattutto nel respingere la scelta dell’azienda di imporre il trasferimento da un contratto all’altro. L’assemblea ha deciso all’unanimita di rispondere con la lotta (è già stata proclamata una giornata di sciopero) e tutte le forme possibili di mobilitazione, anche quelle per vie legali come proposte dall’USI e dai Cobas. Mentre l’assemblea terminava si è creato un corteo interno che ha raggiunto gli uffici della direzione aziendale, continuando la protesta, anche se questi  “irresponsabili” hanno preferito non farsi trovare.

Già nella giornata di venerdì 24 gennaio, dalle 10,30 alle 16,30, c’è stato un primo Presidio di protesta unitario molto riuscito, sia per la partecipazione, circa 200 dipendenti si sono alternati nei vari turni di lavoro, sia per la vivacità, soprattutto da parte delle lavoratrici, con proteste espresse a viva voce e attraverso megafoni, amplificatori e canti di protesta.

Enrico

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