Case sgombrate, teste occupate
Il risultato di tanti tricolori agitati in centro a Spezia, un mese fa, è un gran polverone, ci pare. La polvere si dirada, proviamo a mettere in fila fatti, false informazioni, ruoli. In Via Napoli c’è una casa popolare, quindi di proprietà del comune e gestita da ARTE. E’ assegnata ad un anziano che vive in un’altra città, presso una parente. Nella casa non c’erano allacci alle utenze e le condizioni igieniche lasciavano a desiderare. Un lavoratore precario, in quel momento disoccupato, con sua moglie e tre bambini sono entrati. Non potevano aspettare bandi e graduatorie, avevano bisogno di un’abitazione subito. Non esistono buoni e cattivi, ma persone, bisogni e punti d’equilibrio tra interessi che a volte sono in conflitto. Gli occupanti hanno risanato la casa, imbiancato, riallacciato le utenze. Quasi subito inizia una girandola di voci. Parte la polemica contro l’immigrato che si approfitta dell’italiano debole perché anziano. Gli occupanti sono cittadini italiani, però. Nessuno lo nota. Per rinforzarla, gira una notizia ripresa anche dai mezzi di informazione: l’anziano era uscito un attimo da casa e tornando l’ha trovata occupata. Non è più edificante un’altra notizia: l’anziano ospitava la famiglia, ma la famiglia di migranti l’ha messo fuori casa approfittando di un suo ricovero. Anche questa non è vera. Viene richiamato sulla stampa un tragico fatto che ha riguardato come vittima indiretta, anni fa, un’occupante e non ha nulla a che fare con la vicenda di via Napoli. Tutto serve per alzare la tensione. L’assessore comunale al welfare interviene, incontra la famiglia, si impegna per una nuova sistemazione, purché lasci la casa. Un risultato positivo per la famiglia occupante, mentre il politico sembra aver disinnescato una bomba. Nel frattempo, per l’8 aprile viene organizzato un presidio contro l’occupazione, sotto la casa occupata. Monta la rabbia. Un consigliere comunale di Forza Italia ottiene che al presidio vengano portate solo bandiere italiane e non simboli di partito. Forza Nuova accetta. Al presidio si presentano anche persone non politicizzate, che indirizzano (male) la loro rabbia: vengono agitati tricolori e lanciati slogan anti-immigrati contro occupanti che sono cittadini italiani. Qui si tocca con mano che il razzismo è soprattutto una costruzione che occupa la testa delle persone. Dopo gli accordi presi tra famiglia e assessore, però la famiglia occupante non esce. Di sicuro avere un presidio minaccioso sotto casa non ti aiuta a uscire con tranquillità. Cosa è successo nello spazio tra l’incontro con l’assessore e la scelta di non uscire, però non lo sappiamo. La forza pubblica sgombra la famiglia. La tensione sale, fortunatamente senza vittime.
Il risultato certo della scelta di non uscire è una vittoria politica per il consigliere di Forza Italia, amplificata dalla televisione nazionale e dalla stampa, ben contente della ghiotta (e non vera) notizia dell’ennesima infamia degli immigrati. A fine aprile, esce il comunicato di tre consiglieri comunali spezzini di Sel, Sdi e Pdc. E’ ben scritto, ma molto discutibile nei contenuti. Si preoccupa dei bambini, ma non degli adulti che hanno occupato una casa vuota e non per questo meritavano il linciaggio verbale e le minacce. Richiama il rispetto della legalità e la persecuzione dei reati, ma perde di vista che tenere le persone per strada è contrario all’art.3 della Costituzione italiana e ad altre leggi. Perde di vista anche che reato è ciò che il codice penale o una legge stabiliscono sia reato, ma non sempre un reato corrisponde alla pericolosità sociale di un comportamento. Una volta era reato essere iscritto al partito socialista o al partito comunista. Oggi, è reato scioperare fuori dalle norme sempre più restrittive sullo sciopero nel pubblico impiego. Chi è senza casa e ne occupa una vuota non crea alcun pericolo sociale, ma pratica la lotta di classe partendo dai propri bisogni e afferma il valore d’uso delle merci, di una casa. Per questo la legge lo reprime. Il comunicato di alcuni consiglieri, chiamando alla legalità formale, è la spia di un ceto politico sempre più chiuso nel Palazzo e concentrato sulle alchimie politiche. Le soluzioni che fornisce sono deboli.
Invece, il censimento delle case vuote lo fa ogni giorno chi vive in strada e chi è strozzato da un affitto mentre, avendo una casa popolare a canone agevolato, ricomincerebbe a vivere in modo decente. Loro sono i più informati sulle case vuote. Le lotte sulla casa non si fermano per legge. Trovare il punto di equilibrio tra le case popolari vuote, la gestione amministrativa delle case popolari, la necessità delle persone di avere un’abitazione a prezzo popolare, è un obiettivo cui concorrere tutti. Senza ruoli in commedia e senza spettacolo, ma lavorando a risolvere i problemi dal basso, nella società più che nei consigli comunali, con soluzioni concrete e non formali, complessive e non episodiche, senza trasformare il conflitto sociale in reato. La dismissione delle servitù militari è un’opportunità per risolvere il problema della casa a Spezia. Fare della città un laboratorio sociale dove affrontare i problemi e costruire il futuro: ecco il salto che serve per togliersi dal pantano di brutte storie come quelle della casa di via Napoli!
Usi La Spezia e territorio