Call Center

Quando ho inziato a scrivere questo articolo, mi sono posto una domanda semplice e banale che
cosa è un call center?
Teoricamente è un luogo di lavoro che ha origine nel lontano 1968 sul suolo statunitense, il famoso numero verde 800 noto solo negli anni 80 in Italia trae origine, da una sentenza che obbligava l’industria di macchine Ford ad istituire una linea telefonica gratuita, una soluzione che permetteva di dare delle risposte senza caricare i clienti dell’onere della chiamata.
Qua finisce la spiegazione razionale, che vede nascere i primi call center in Italia tra gli anni 80 e 90, tranne che per quelli di pura assistenza come i più noti, della fu ormai SIP.
Ma i molti call center che nascevano in quel frangente, diventavano in breve tempo, luoghi in cui si praticava un“assistenza ”, molto fantasiosa , figlia di una formazione minima, qualche rudimento sul prodotto specifico, per poì essere messi “on line” tradotto nell’italiano non consono alla lingua della filosofia del “networking” americano “in linea”
Ciò non era abbastanza, non solo il lavoratore era ed è usato (ancora oggi) con le più basse forme contrattuali, (da cui emergevano solo i più spietati, con una brillante carriera da manager o supervisor fai da te) ma veniva messo in cuffia, con un pratico instradamento di chiamate che gli permetteva di fare assistenza anche su 3 o 4 prodotti differenti, creando uno stress totale per lo stesso.
Da quel frangente ad arrivare ai giorni nostri, le cose non sono cambiate, se non per le nuove “direttive”, della tanto cara new economy che imponeva la trasformazione dei call center da centro di costo a centro di ricavo.
Un ricavo che doveva e deve passare sullo sfruttamento dei lavoratori, che per quanto assurdo possa essere , ereditano oggi il titolo di nuova “catena di montaggio”, dove i call center in regola sono pochi, giusto quelli appartenenti ai grossi nomi delle telecomunicazioni,benché anche in questo caso arriva in soccorso la tanto cara formula “outsourcing” o dicasi esternalizzazione, in cui grosse fette del traffico telefonico vengono spostate su call center esteri, dove non sappiamo quali siano gli inquadramenti contrattuali ma men che meno, le condizioni di lavoro in cui versano, ed i diritti di cui godono, che si presume molto pochi.
Ma la realtà dei call center oppure come li definiscono gli americani “Web enabled contact center”, non è cambiata, trannè che nei numeri poiché la stima inerente ai lavoratori in questo settore in regola o no, è di circa 500.000, le tematiche ieri come oggi sono le stesse, aziende che falliscono, che cambiano nome, ragione sociale e cda, in breve tempo senza aver il benché minimo controllo, da parte delle stesse istituzioni, tanto solerti però nel devolvere montagne di contributi pubblici.
Ciò che però colpisce sono le masse di giovani, che in cerca di primo lavoro finiscono per trovare in questi luoghi, una condizione di precariato unica, senza nessuna via di uscita, luoghi in cui regna sovrana la spersonalizzazione e trionfano i numeri , unico dato fondamentale per le multinazionali o i grossi gruppi economici territoriali, il cui compito è avere più clienti possibili, od in alternativa vendere più beni o servizi possibili.
Forse chi legge queste mie righe può reputare che io sia esagerato, ma l’alto numero dei suicidi della France Telecom da parte dei suoi dipendenti, od anche l’irruzione ultima da parte di un ex membro o membro della cda di Eutelia, nei confronti degli stessi lavoratori che né occupavano gli uffici ( non si è capito se sia diventato ex prima o dopo l’irruzione) con tanto di piccola falange armata di spranghe di ferro la dice lunga, sulla valutazione dei vertici delle grandi aziende nei confronti dei lavoratori del call center.

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