Alcune considerazioni dopo lo sciopero generale del 27 ottobre

L’attacco repressivo in atto contro il diritto di sciopero e alla rappresentanza Sindacale, invece di indebolire l’area del sindacalismo conflittuale l’ha rafforzata.

Non dobbiamo sottovalutare, nella buona riuscita di questo sciopero, l’importanza che ha avuto l’Assemblea nazionale dei delegati e militanti del sindacalismo di base e dell’opposizione sociale che si è svolta a Milano nella giornata del 23 settembre. E’ la conseguenza di quella coesione che si è creata tra quei sindacati di base, alternativi e conflittuali che con coerenza non si sono sottomessi, pur di avere una parvenza di Rappresentanza, al famigerato accordo sulla rappresentanza, definito TUR, che, in cambio, chiede la rinuncia a scioperare in caso di accordi e rinnovi contrattuali “bidone” approvati, ai quali ci hanno ormai abituati i sindacati confederali.

L’entusiasmo che ha saputo trasmettere quell’Assemblea nei partecipanti è stato certamente uno dei motivi principali della buona riuscita dello sciopero stesso. Di questa esperienza se ne dovrà fare tesoro per il futuro.

Il governo, dopo la forte riuscita dello sciopero nazionale del 16 giugno che ha unificato due settori strategici importanti, quello dei trasporti e della logistica, temeva con la proclamazione dello Sciopero Generale da parte delle stesse sigle sindacali, l’amplificarsi di quell’effetto dirompente, per cui ha predisposto un’azione preventiva e soprattutto autoritaria, scavalcando le proprie stesse regole.

Si è mosso agendo rapidamente solo nell’ultima settimana (in uno sciopero proclamato dal 9 luglio) utilizzando il ricatto dell’incertezza dell’ultimo momento che l’improvvisazione determina, imponendo una riduzione drastica della durata dello sciopero nel settore dei trasporti, indicandone anche gli orari, negando il diritto di sciopero ad interi settori nelle regioni di Lombardia e Veneto prendendo a pretesto il referendum consultivo della Lega che si era svolto una settimana prima.

A tale proposito va evidenziato che quei sindacati cosiddetti di base, che per opportunismo hanno sottoscritto l’accordo capestro del 10 gennaio 2014 sulla Rappresentanza Sindacale (TUR), hanno spianato la strada a questa operazione repressiva che il governo si propone.

Va dato atto che quei sindacati di base, alternativi e conflittuali che hanno mantenuto la coerenza di non cadere nella trappola di sottoscrivere quell’accordo, pur pagandone le conseguenze a caro prezzo, hanno sviiluppato una forte resistenza e soprattutto una coesione unitaria, pur nelle forti differenziazioni che restano. Questo permette di promuovere scioperi nazionali e manifestazioni su obiettivi comuni, senza, come nel passato, ritornare nemici come prima il giorno successivo.

Si sono suddivise le spese comuni delle iniziative intraprese, un tempo improponibile, soprattutto rimane la predisposizione a continuare a mobilitarsi assieme anche dopo la giornata stessa dello sciopero promosso a livello nazionale, per raggiungere gli obiettivi prefissi come il diritto alla casa, contro le guerre e le spese militari, per il diritto alla salute per tutti, per la solidarietà internazionale, il sostegno delle situazioni in difficoltà e così via.

La considerazione finale che ci viene da fare è che l’attacco repressivo in atto, in particolare contro il diritto di sciopero e alla rappresentanza Sindacale, invece di indebolire l’area del sindacalismo conflittuale l’ha rafforzata, soprattutto sviluppando uno spirito di resistenza unitario necessario per opporsi ai padroni e ai loro governi.

 

Lotta di Classe periodico dell’Unione Sindacale Italiana (USI-AIT) pag. 4 – dicembre 2017

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