Ai cavatori

Queste righe sono rivolte a voi, concittadini cavatori. Altri due operai morti, con un terzo tutto rotto all’ospedale che ormai avrà appreso dai giornali della sorte dei suoi colleghi. Un quarto – il direttore della cava – quasi morto di crepacuore, davanti a questa strage. Non si può andare avanti così, e voi per primi ne siete consapevoli. D’altronde una famiglia da mantenere, uno stipendio sopra la media nazionale, magari un fuori-busta più che accettabile, quando ovunque il lavoro scarseggia… In questi momenti di dolore e di crisi non c’è neppure bisogno di aggiungere altro. Bisogna però fare attenzione.
Tanti di voi, tra un discorso e l’altro, si riferiscono al datore di lavoro chiamandolo padrone. Non è cosa di poco conto, anzi. Padrone è un termine che richiama a tempi bui, quando i diritti erano zero, quando i lavoratori erano poco più che schiavi, poco più che bestie. Venne la tragedia del Bettogli, venne Meschi, vennero le 6 ore e mezzo lavorative (da 12 che erano), venne finalmente la dignità per questo vostro straordinario e pericoloso lavoro.
E oggi, cosa vi resta? Elemosinare (o sobbarcarsi) sempre più ore lavorative, acconsentire di lavorare a ritmi sempre più estenuanti, pregare che non venga un controllo ASL perché “il padrone ha detto che ad ogni prossima verifica sbatte fuori un operaio a caso“. In pratica, siamo tornati indietro di cento anni. Certo, c’è cava e cava. Alcuni vostri colleghi saranno certamente più fortunati, magari lavorando in luoghi dove viene maggiormente rispettata la loro dignità. Se però le prime 30 cave controllate – su 120 – non rispettano le più elementari norme sulla sicurezza… È evidente che ci sia qualcosa che non va.
Il vostro – come già detto – è un lavoro straordinario, unico. Siete i discendenti di un’umanità forte, dura e solidale con i compagni, con il prossimo. I luoghi comuni, lasciamoli a chi vive di discorsi. Non è giusto che voi rischiate ogni giorno la vita per far guadagnare sempre più quei pochi baroni del marmo. Non lo è per niente. E non crediate alle parole di coloro che vi dicono “non date retta a chi protesta e chiede la vostra attenzione, perché vogliono la chiusura delle cave”: chi ve lo dice lo fa in malafede, perché conviene a tanti che tutto rimanga così com’è, in questo vero e proprio ricatto lavorativo. Esatto, vi stanno ricattando, ed è sotto gli occhi di tutti. Questa cosa non solo indigna i vostri concittadini, ma li fa letteralmente incazzare.
Una delle frasi ricorrenti che accompagnano il percorso dell’Assemblea Permanente dall’8 novembre 2014 è “siamo tutti cittadini“. Verissimo: le vostre paure sono anche le nostre, la vostra rabbia è anche la nostra, le vostre speranze… Sono anche le nostre. La vita continua, e così il vostro lavoro. Ciò che vi chiediamo è di prendere in mano la vostra situazione, e di averne piena coscienza una volta per tutte: chi sta sopra di voi ha tutto l’interesse nel tenere distanti fra loro le voci di chi reclama i propri diritti.
Non fidatevi della politica, di questi zerbini con la casacca dipinta di rosso o di verde o di garofani – a seconda della convenienza – che hanno governato fino ad oggi col benestare degli industriali del marmo, che si sono sempre riempiti la bocca di belle parole ma non hanno mai mosso un dito per il bene comune, quello vero. Anzi, se possibile hanno aiutato gli sfruttatori, e il risultato si vede in ogni angolo degradato, in ogni figlio che deve andare via da Carrara per cercare fortuna, in ogni lutto cittadino.
E non fidatevi neppure di questi sindacati di oggi, sempre pronti a vendervi la tessera annuale ma praticamente inutili quando avete davvero bisogno di vedere difesi i vostri diritti. Il povero Meschi si starà rivoltando nella tomba, e non soltanto lui.
Concittadini cavatori, chi vi scrive queste poche righe non ha interessi nascosti, non ha doppi fini. Chi vi scrive tiene alla vostra vita e alla vostra dignità, al pari della propria. Perché siamo tutti cittadini, e tutti insieme possiamo veramente cambiare le cose. Basta volerlo. Noi fortissimamente lo vogliamo. E siamo convintissimi che lo vogliate anche voi.

Un abbraccio fraterno dai vostri concittadini riuniti in Assemblea Permanente.

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