Una morte “comune” barbarie italica

Un momento della cerimonia funebre (New Press Photo)Questo scritto potrebbe avere vari titoli, ma quello che ho inteso meglio e più appropriato è Una morte comune.

Ebbene la morte di Riccardo Magherini è ormai definibile una morte comune in un paese che rientra in “graduatorie “ relative a diritti umani schiacciati, a corruzione dilagante, a strage di donne, a strage di lavoratori e sempre più suicidi. Un paese che si sta avvicinando pericolosamente ad una situazione di barbarie civile. Gli unici che non se ne accorgono sono proprio coloro i quali guazzano nei loro privilegi dovuti proprio alla china che questo schizofrenico paese ha già da tempo imboccato. Ma questa storia comune è una storia di una morte senza senso come può essere una morte avvenuta in strada, anzi di faccia, quella di Riccardo, riversa su selciato, tenuto schiacciato da carabinieri e sotto gli occhi di volontari dell’ambulanza. Per più di un’ora fino a non respirare più cioè fino alla morte.

Eppure Riccardo Magherini era di “robusta costituzione” era stato giocatore della Fiorentina, ma nulla ha potuto, costretto a bocca in giù fino al soffocamento sotto gli occhi di decine di testimoni. Un po la replica di Federico Aldovrandi e di tanti che muoiono per interventi sbagliati, per incompetenza, perché la situazione scappa di mano, o semplicemente perchè in Italia la divisa è sinonimo di onnipotenza, di violenza gratutita, d’agire impunito, libero da qualsiasi responsabilità e sempre giustificabile d’imperio e di autorità. Come purtroppo, per il maledetto risparmio sulla spesa pubblica: un’ambulanza con il medico a bordo è un lusso e spetta sola a qualche fortunato. Le ambulanze arrivano con volontari, affianco dei quali oltre la buona volontà non c’è nient’altro, ma anche no. Anzi, questo personale non solo non è in grado di intervenire come in questo caso, ma inibisce l’assunzione di personale sanitario qualificato.

La storia : la sera del 3 marzo, Riccardo Magherini, dopo una cena con degli amici, vaga per Borgo S. Frediano, a Firenze, quartiere ancora popolare. È molto agitato, dice che è inseguito, che c’è qualcuno che gli vuole sparare, è conosciuto e quindi qualcuno cerca di calmarlo. Entra in una pizzeria, si agita ancora di più, spacca una vetrina, entra in un’altra pizzeria anche qui ripete che in pericolo, ferma un’automobile strappa un cellulare per chiamare la polizia. Arrivano i carabinieri e successivamente l’ambulanza. I carabinieri intervengono e l’ammanettano. Lui si agita, urla e si dimena, ferisce lievemente alcuni di loro. Viene messo a faccia in giù. Chiede la polizia. I volontari dell’ambulanza non possono intervenire nè somministrargli alcun farmaco. Tutto questo dura più di un’ora. Arrivano altri carabinieri e Riccardo, sempre a terra, testa in giù, immobilizzato, non si dimena più, muore.

I giornalisti riferiranno che è morto per arresto cardiaco. Già, chissa perchè la morte, quando “intervengono “le forze dell’ordine, arriva sempre per arresto cardiaco, in questo caso in concomitanza con l’arresto di Riccardo, da parte di carabinieri. A rigor di memoria d’umanità, l’ultima esalazione di vita si ferma per arresto cardiaco, quali che siano le motivazioni che l’hanno causato. Arriva anche il 118, ma il medico non può che constatarne la morte. Molte persone si sono affacciate sulla strada e hanno visto. Molti parlano di pestaggi. Di interventi a dir poco pesanti sul corpo di Riccardo. Si saprà dopo che stava attraversando un periodo di depressione e che assumeva da poco antidepressivi. Molto probabilmente egli stesso non ha considerato la gravità dell’assunzione in concomitanza con alcool. Aveva, forse, una forte crisi di panico. Ma qualsiasi siano le situazioni che possono aver avuto luogo e siano state in essere contestuali al momento dell’intervento dei carabinieri quello che non doveva succedere è la sua morte.

Che di fatto, con tutta probabilità è stata causata dall’essere stato costretto, una volta si sarebbe detto, come un cane, ma oggi giustamente la legge punisce i maltrattamenti sui cani, ma Riccardo è morto di violenza, di incompetenza, di arroganza, di ignoranza, proprio di tutto quello che sta rendendo questo paese invivibile, incivile, e lo voglio dire proprio nella città vetrina di cotanto presidente del consiglio tale Renzi che sta delineando le sue linee programmatiche di governo: tagli alla sanità, ai servizi, lavoro ancoro più nero, condizioni economiche che spingeranno ancora verso la disperazione, la depressione, l’inesistente protezione sociale, fisica, psichica su una linea che non garantisce ormai più nessun vivere civile. L’espandersi della piovra dei partiti e delle ruberie dei potenti. La vita civile, le sue problematiche risolte con proclami da ruotona della fortuna e e guardate con la lente dell’ordine pubblico.

Dobbiamo capire che una morte come quella di Riccardo, a Firenze, in qualsiasi città o paese, non è una morte eccezionale, affatto, è una morte comune ed è un chiaro segno del livello di barbarie che stiamo vivendo. Tutto quello che è accuduto lo sottolinea ed ora i familiari come gli amici, la gente di S. Frediano, non si danno pace. Ma non c’è pace dove c’è la barbarie di un paese che tra poco, se non di già, nella sanità ha più dirigenti che posti letto. Che regala soldi alle banche e induce al suicidio lavoratori ed imprenditori, che chiude le scuole ma regala 60 miliardi ai corrotti politici che decidono sui tagli, si anche quelli del medico a bordo di un’ambulanza, dove tutto si decide e si organizza per il sostentamento dei potenti assottigliando sempre di più i diritti inalienabili dell’individuo.

Un paese dove da sempre ed ancora si ha paura di cadere nelle mani di tutori dell’ordine e del loro operato. Che paese è? É il paese dove si può morire così, una sera di una primavera quasi annunciata, in una storica via fiorentina. sotto gli occhi di tanti, una morte comune.

 

Giuseppina Salvemini

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