Una grande lezione di dignità

Quella che documentiamo è una storia paradigmatica di tante cose: il lavoratore cosciente che si sbatte in fabbrica fino a divenire un problema per il padrone ma sempre inattaccabile sul piano lavorativo ed etico; il padre del padrone (più 2 energumeni) che ad un certo punto gli mettono le mani addosso e lo cacciano per motivi pretestuosi; i colleghi che, spaventati, non testimoniano (lasciandoci a dire il vero in difficoltà); lui che di tornare lì non ne ha più voglia perchè, come dice lui, “ha dignità”. Ed è vero. Una piccola grande storia di normalità lavorativa nell’epoca del “jobs act”. Massimo rispetto. USI-AIT Parma

Qualche conclusione sul mio licenziamento.


Abbiamo conciliato dopo due mesi circa di guerra il mio licenziamento, un licenziamento totalmente ingiusto ed irregolare, contornato addirittura da un’aggressione padronale ai miei danni, per fortuna solo psicologici. Ma veniamo ai fatti, con una minima cronaca di ciò che è successo dopo quattordici anni di lavoro in questa ditta di Parma. Durante la mia permanenza in questa ditta, in tutti questi anni, ho sempre svolto con serietà il mio lavoro, non per altro mi era stato affidato il ruolo di responsabile di reparto e tale reparto ha sempre svolto la propria funzione nonostante il mio modo di gestirlo fosse improntato sul rispetto reciproco e la condivisione delle libertà e delle responsabilità, non certo sul modello autoritario e gerarchico così diffuso negli ambienti lavorativi, e così funzionale al padronato, dove il capetto di turno spesso approfitta dei sottoposti e lecca il culo a quelli sopra di lui. Nella fabbrica il reparto era scherzosamente, ma non tanto, definito il “centro sociale”…..sono molto fiero di avere dimostrato che per funzionare come reparto, non si deve per forza fare i mafiosi ed i fascisti coi colleghi, ma anzi l’impostazione umana e rispettosa ha dato frutti molto positivi e l’ambiente grazie a questo è sempre stato molto piacevole per chi ci lavorava, perché poteva tranquillamente fare il suo lavoro, sapendo che il suo responsabile era sempre lì di fianco a disposizione e soprattutto si poteva fidare di lui. Essendo però gestito in tal modo, il reparto, “il centro sociale”, ha sempre infastidito tanta gente: i padroni, i capetti di altri reparti, e pure i dipendenti sparsi, frustrati nei loro uffici, tutti presi a sgobbare al posto dei soliti imboscati e protetti da un lato, ed a leccare la mano del capetto dall’altro, terrorizzati al solo pensiero di ribellione. Della serie: “ma perché lui riesce a tenere fuori dal reparto la merda dell’azienda, la mafietta dei capi e capetti?”. La risposta è sempre stata una sola: perché quando uno fa il proprio lavoro seriamente e responsabilmente, la sua coscienza è più che tranquilla, per qualsiasi altro tipo di sopraffazione e di sfruttamento non c’è più posto!- tutto qui, e affermando continuamente i nostri diritti di lavoratori, senza immischiarsi nelle trame dei leccaculi e degli arrivismi, possiamo davvero ottenere il salutare distacco dalla gestione marcia dei rapporti odierni dell’ambiente lavorativo e all’occorrenza combatterli. Sappiamo bene che i padroni non gradiscono al loro interno dei soggetti non “in vendita” ai quali però non riescono a contestare nulla per quel che concerne lo svolgimento della mansione. Da un lato avevano bisogno del funzionamento che si garantiva nel reparto, da quell’altra temevano quello che potevo avere in mente di fare al di fuori di questo, ad esempio la mia attività sindacale, anche se io non sono stato tesserato in nessun sindacato, ma rompevo molto le palle con la sicurezza e stimolavo costantemente l’insita e naturale ribellione degli sfruttati, per quanto labile e latente. Negli anni ci sono stati scontri fortissimi e ripetuti, alcuni al limite della violenza verbale, tra me e vari soggetti (sempre i soliti), in particolar modo i dirigenti. Questi scontri sono sempre stati davanti a tutti gli operai o impiegati, fungendo da esempio tangibile che è possibile farsi rispettare, anche alzando la voce, certo!!!! Ma questi miei colleghi si sono mostrati ogni volta dei duri solo a parole nell’ora di pausa, nei fatti invece si sono sempre tirati indietro nel loro fatale mix di paura e mero egoismo. Nella mia esperienza in questa ditta ed in altre, la costante è stata proprio questa: i lavoratori nella maggior parte dei casi, sono completamente al di fuori di ogni idea di lotta collettiva e pensano sempre e solo a se stessi: se così non fosse non avremmo perso in vent’anni ogni tutela lavorativa collettiva. La ditta, durante la mia permanenza è stata costretta a tirare giù tutto l’eternit dal tetto, dopo che tramite comunicazioni scritte e documentate sono riuscito, senza alcun appoggio dei miei colleghi, ad incastrarla davanti alla propria responsabilità in materia di sicurezza. Qualche anno prima avevo chiamato il sindacato Fiom a controllare l’evidente irregolarità della cassa integrazione con esterni a fare il nostro lavoro, mentre noi a casa. La Fiom pur prendendo nota del fatto, non ha bloccato e revocato la cassa integrazione, ma ha comunicato all’azienda un innocuo rimprovero…. Si metta insieme questo desolante quadro e si capisce che ormai a me lì dentro non mi volevano più ed ad una settimana dall’entrata in vigore del job act ecco cosa succede: dopo una settimana che segnalavo un’infestazione di piccioni nel reparto e non ricevevo risposta, ho deciso di prendere un’iniziativa per tutelare la salute mia e del mio collega, avvisando l’azienda che avrei coperto il materiale con dei teloni ed avremmo svolto il nostro lavoro in luogo più sano. Niente di così mostruoso, niente sciopero o malattia, un semplice spostamento di venti metri per continuare la mansione. A quel punto, davanti a cinque testimoni, il padre del padrone e il padrone stesso mi mettono le mani addosso e mi cacciano dal reparto, letteralmente con insulti e minacce. Quel giorno mi hanno portato il conto di tutto! Li ho denunciati e, dopo avere abbandonato immediatamente la Fiom avendo visto l’ignobile gestione della mia causa lavorativa, mi sono rivolto all’USI di Parma ed all’avvocato cui si appoggia. Qui ho trovato solidarietà, serietà e soprattutto il modo migliore di fare sindacato: quello di mettere davanti sempre il lavoratore, responsabilizzandolo e sostenendolo, ma mai scavalcandolo come è uso alla Fiom. Con i pochi mezzi a disposizione di questi ragazzi, essi hanno comunque accettato di aiutarmi, senza illudermi o sparare cazzate, ma sempre sinceri riguardo a ciò che potevano o non potevano fare e, ripeto, lasciando la totale iniziativa a me come lavoratore, consigliando ed ascoltando. Avendo però sbagliato a denunciare immediatamente il fatto prima di sentire l’avvocato, ho così avviato un procedimento penale che poteva ritorcersi contro di me, in quanto i testimoni si rifiutavano di dire la verità per paura del padrone. Questa è stata la mia gamba zoppa, che mi ha portato a temere un contrattacco padronale, che poteva farmi cadere in un labirinto legale interminabile. Così, seguendo i consigli della USI di Parma e dell’avvocato, in questi due mesi la tattica ha raggiunto il suo obbiettivo: uscire da sta faccenda con almeno un risarcimento decente ed al contempo chiudere definitivamente la causa in tutte le sedi, soprattutto quella penale, che mi preoccupava non poco. Se non avessi denunciato subito, ma avessi prima sentito l’avvocato non avrei avuto questa spada di Damocle in testa e ci sarei andato ancor più in fondo, ottenendo un risarcimento maggiore. Resta comunque il fatto che è stata mia volontà non tornare a lavorare per chi si prende il diritto di mettermi le mani addosso, per una questione di dignità. Oggi ho ripreso la mia serenità, non ho perso minimamente la voglia di lottare, anzi semmai si è accresciuta, quindi ringrazio il sindacato e approfitto per lanciare il messaggio ad ogni lavoratore: “non mollare, non permettergli di schiacciarti, lotta, resisti e quando puoi…..attaccali cazzo!” Per coloro che non danno solidarietà ai colleghi quando sono evidentemente vittime di ingiustizie, l’augurio non può che essere quello di passare quello che ho passato io e vedersi abbandonare in ogni senso come lo sono stato io. Non c’è miglior insegnamento per la vigliaccheria e la malafede! Infondo se non respirano più eternit, il merito è stato solo mio, loro se lo mangerebbero pure se glielo dicesse il padrone. Rimane la rabbia che ogni giorno ingoio, perché non ho potuto restituire l’aggressione di cui sono stato vittima, ma pazienza, sarà ulteriore carburante per le lotte a venire.

Hasta la victoria siempre

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