Sindacalismo di base. Esperienze e prospettive
Intervista alla rappresentanza Usi-Cit nel coordinamento dei sindacati di base e conflittuali
D. Quali sono le considerazioni dopo lo sciopero generale del 2 dicembre e la manifestazione nazionale a Roma del 3 dicembre?
R. Siamo moderatamente soddisfatti, ma nello stesso tempo delusi. Soddisfatti perché siamo riusciti, grazie al cartello unitario del sindacalismo di base, a realizzare uno sciopero generale, il secondo contro la guerra e l’economia di guerra, malgrado la situazione di difficoltà che da tempo riconosciamo in molte situazioni lavorative. Uno sciopero significativo in vari settori con manifestazioni partecipate in molte località al quale si è riusciti anche a collegare una manifestazione nazionale nella giornata del 3 dicembre, con la partecipazione della gran parte dei sindacati promotori dello sciopero generale. Siamo delusi perché, dato il peggioramento della situazione di precarietà diffusa, di riduzione costante dei diritti, di bassi salari e pensioni, di fronte al caro vita in continuo aumento per effetto dell’economia di guerra e della speculazione, avremmo sperato in uno scatto di reni ancor più significativo dei precedenti da parte della classe lavoratrice. Tuttavia siamo orgogliosi per la partecipazione, l’incremento nella pubblicazione dell’intera piattaforma dello sciopero sui media, la tenuta unitaria del percorso all’interno del coordinamento pur con molti travagli tra cui a volte influenze politiche extra sindacali dovuti agli approcci elettoralistici vecchi e nuovi, presenti di volta in volta, provenienti da questa o quella sigla. Ancora una volta i sindacati di base e conflittuali aggregando anche forze dell’opposizione sociale, territoriale e delle associazioni antimilitariste hanno dato corpo all’unica risposta di alternativa che c’è stata nel paese di fronte a tutto ciò che sta avvenendo.
D. Che posizione ha assunto l’USI-CIT all’interno del coordinamento dei sindacati di base e conflittuali in occasione dell’ultimo sciopero generale?
R. Valutiamo che l’USI-CIT, anche in questa occasione, abbia agito all’interno del coordinamento dei sindacati di base con senso di equilibrio e responsabilità finalizzati al permanere di un discorso unitario (come da mandato congressuale, confermato dai Comitati Nazionali dei Delegati); pur trovandosi di fronte a un percorso altalenante sotto la spinta di atteggiamenti a volte burocratici (facciamo presente che la nostra organizzazione, in coerenza con la struttura federalista libertaria, pratica rigorosamente la rotazione degli incarichi di segreteria ad ogni congresso a differenza di molte altre organizzazioni). Come era accaduto in scioperi generali precedenti, dove la decisione presa dalla maggioranza dei sindacati di base per una manifestazione nazionale era stata poi modificata durante il percorso con manifestazioni locali, anche in questa occasione c’è stata una modifica dell’orientamento iniziale in favore di manifestazioni decentrate nella giornata dello sciopero, ma senza rinunciare, da parte di diverse organizzazioni promotrici, alla manifestazione nazionale a Roma, spostata nella giornata del 3 dicembre. L’USI-CIT ha aderito al doppio impegno nella convinzione, ribadita dall’ultimo Comitato Nazionale dei Delegati, dell’opportunità di una manifestazione nazionale come risposta, sindacale ma anche politica, rispetto alla situazione insopportabile che si è venuta a creare con l’insediamento al governo della destra nostalgica.
D. Che bilancio fa l’USI-CIT del percorso unitario del sindacalismo di base finora realizzato?
R. Non c’è un patto tra i sindacati di base e conflittuali. Continuiamo a ritenere valido il percorso unitario del sindacalismo di base fino a quando il nostro congresso, o un Comitato Nazionale dei Delegati, non decida diversamente. Malgrado tutte le contraddizioni vecchie e nuove che lo attraversano siamo convinti che tale percorso sia la volontà dei militanti di base delle singole organizzazioni. Fino a quando ci saranno obiettivi sostanzialmente uguali, muoversi ciascuno per proprio conto, o peggio gli uni contro gli altri, sarebbe assurdo. Crediamo molto in una sana pressione dei militanti di base all’interno di ogni organizzazione del coordinamento. Facciamo un esempio: come sappiamo, nella proclamazione del primo sciopero generale contro la guerra in corso in Ucraina, nella giornata del 20 maggio, il coordinamento sembrava essere in crisi, perché alla proclamazione eravamo rimasti solo 5 sindacati di base e conflittuali rispetto alle 15 sigle firmatarie del primo sciopero unitario dell’11 ottobre 2021. Ma grazie alla pressione esercitata dalla base delle singole organizzazioni la situazione è cambiata. Utili in tal senso sono state anche le Assemblee nazionali aperte durante tale percorso. Va fatta un’altra considerazione: la permanenza del coordinamento nazionale fa migliorare anche i rapporti sul territorio fra i vari organismi di base e all’interno delle medesime aziende dove sono presenti più sindacati di base a volte in conflitto tra loro.
D. Qual è la prospettiva dell’USI-CIT nella lotta emancipatrice della classe lavoratrice rispetto all’unità di classe?
R. La nostra attuale posizione è quella di continuare, fino a quando ci saranno le condizioni, nel percorso unitario del coordinamento dei sindacati di base e conflittuali per il quale ci siamo molto spesi. Riteniamo un errore dare per scontati i risultati raggiunti con tali collaborazioni. Non dobbiamo dimenticare quanto era più complicata e incomprensibile per i lavoratori e le lavoratrici la situazione preesistente. Di fronte al potere economico e politico, ancora più aggressivo con l’insediamento della destra al governo, l’attacco ai diritti, alle condizioni di vita e di lavoro, al reddito sarebbe un suicidio scontrarsi con tali poteri in ordine sparso, mentre Cgil, Cisl e Uil unitariamente sono immobili. L’impegno nel percorso unitario non ha limitato quello della nostra organizzazione nel promuovere lo sviluppo dell’autorganizzazione nelle lotte aziendali e territoriali, collegando le piccole e grandi battaglie nella prospettiva del nostro programma, per una società senza più sfruttamento. Con l’impegno anche di portare la nostra esperienza a livello internazionale all’interno della Confederazione Internazionale del Lavoro (CIT) di cui facciamo parte. Mentre vogliamo evitare di presentarci come unici depositari ed interpreti della lotta di classe. Troviamo necessario, nella pesante situazione politica che si è creata, riportare l’esperienza che si è maturata nel coordinamento del sindacalismo di base e conflittuale, per unificare le varie istanze dell’opposizione sociale su valori ed obbiettivi condivisi, prendendo esempio anche dall’esperienze storiche che si sono opposte all’avvento del fascismo. Le prossime scadenze in cui ci misureremo sul percorso di unità possibile saranno sicuramente lo sciopero dell’8 marzo, le mobilitazioni del 25 aprile e del Primo Maggio.
articolo apparso su Umanità Nova, n°3, anno 103 del 29 gennaio 2023