Scuola: una sentenza non fa primavera …

La sentenza della corte europea condanna l’Italia poiché “La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione. Il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato”. In altri termini un’aula di tribunale europea ha stabilito che l’Italia sbaglia ad assumere e licenziare docenti mentre i posti vacanti esistono. Una bella notizia, certo anche se non crediamo che il rinnovamento della società, della scuola possa passare dalle porte di un tribunale. Quali gli scenari che ci attendono? La buona scuola di Renzi rappresenta un maldestro tentativo di porre argine alle multe che si prospettano all’orizzonte, ma come abbiamo più volte avuto modo di ribadire, la stabilizzazione renziana non ci interessa anzi la contrastiamo e la contestiamo perché sottrae libertà, peggiora le condizioni lavorative dei lavoratori della scuola e pregiudica ancora di più in senso negativo i rapporti fra lavoratori e studenti nella misura in cui si tratterà di lavoratori burocratizzati contro utenti da disciplinare. La buona scuola quindi non è la soluzione anzi sarà concausa di azzeramento delle libertà al fine di costruire in laboratorio bravi futuri lavoratori flessibili e pronti a chinare il capo ad ogni esigenza del mercato padrone. In realtà occorre ricordare che questa sentenza non pone la parola fine, da un punto di vista giudiziario, alla vicenda. In effetti siamo innanzi un rinvio pregiudiziale, ovvero i giudici italiani ora, alla luce di quanto affermato dalla corte europea, conformemente a questa dovranno prendere delle decisioni. Che cosa succederà quindi? Una ennesima marea di ricorsi capitanate e guidate da quei raggruppamenti di professionisti e tecnici che sponsorizzano costantemente i ricorsi. Già si sono levati i primi proclami: tutti assunti con un ricorso da noi patrocinato! Nel frattempo i sedicenti sindacati di massa arrogano a sé il risultato di questa lotta, quasi come se fossero stati i soli a mobilitare piazze e a portare avanti lotte. In questo modo, con un solo colpo di spugna si annullano anni e anni di esperienze fondate sull’autorganizzazione dei lavoratori del settore.

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L’usi-ait edcazione di contro non può che riconoscere il grande lavoro svolto da migliaia di lavoratori che in questi anni, senza l’appoggio, talvolta anzi con il chiaro disaccordo dei confederati e simili, ha condotto campagne di lotta fondata sull’analisi e la ricerca e sulla contestazione chiara e netta ai tagli all’istruzione provocati sia dai governi di destra che da quelli di sinistra, a danno delle scuole statali. A questo panorama noi diciamo NO e non perché siamo quelli del no a prescindere, ma, semplicemente perché siamo convinti che le lotte si operano giorno per giorno nel concreto e nel quotidiano, informando, sensibilizzando, ponendo ragionamenti e non semplicemente delegando a un giudice e agli avvocati oppure arrogandosi lotte altrui che si cercano di strumentalizzare.

Noi non mettiamo cappelli e siamo per l’autonomia diffusa.

L’usi – ait educazione pertanto sarà sempre per le strade, nei luoghi di lavoro, a generare ragionamenti, a portare avanti un modo diverso di lotta che parte dal basso e non delega, per una autogestione diffusa.

Usi – ait educazione.

 


 

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