Sciopero e diritti

E’ noto che il governo, nella persona del solerte ministro Sacconi, sta lavorando alacremente per smantellare le residue possibilità dei lavoratori di difendere i propri interessi. Il provvedimento sull’esercizio di sciopero, attualmente in preparazione, ne è la piena riprova.
Vediamone le linee fondamentali:    
– IL 50 PER CENTO:  Proclamare uno sciopero sarà possibile solo per i sindacati con una rappresentanza uguale o superiore al 50%. Per gli altri, forse, si dovrà procedere ad un referendum tra i lavoratori.
– ESERCIZIO INDIVIDUALE: I lavoratori dovranno dichiarare preventivamente la propria adesione.
– SCIOPERO VIRTUALE: Potrà essere reso obbligatorio per determinate categorie nel caso di concreta impossibilità di erogazione del servizio essenziale. Cioé i lavoratori non saranno pagati, lavoreranno regolarmente e, volendo, manifesteranno la protesta in modo simbolico.
– REVOCA: Saranno predisposte adeguate procedure per un congruo anticipo della revoca dello sciopero che serviranno ad eliminare i danni dell’ effetto annuncio.
– CONCOMITANZA DI SCIOPERI: Nel disegno di legge delega del governo saranno riviste anche le regole sulla concomitanza di scioperi che incidano sullo stesso bacino di utenza.
In sintesi: scioperare (per adesso nei trasporti, in seguito si vedrà) diventerà praticamente quasi impossibile e, comunque, un atto di scarsa rilevanza e di nessuna incidenza.
Questo provvedimento, associato alla riforma della contrattazione, definisce il piano di padronato e governo: azzerare definitivamente le rivendicazioni dei lavoratori; consegnarli mani e piedi legati a loschi figuri travestiti da sindacalisti (come Bonanni e soci); scaricare totalmente su di loro la crisi, essendo ben sicuri che non possano reagire.
C’è poco altro da dire. La china discendente, fatta di batoste e di compromessi, in cui la classe lavoratrice è stata costretta da molti anni, produce i suoi ultimi e nefasti effetti.
La situazione è chiara: o si reagisce con forza adesso o sarà sempre più difficile farlo.
Quello che ci lascia disgustati (per usare un eufemismo) è la faccia di tolla con cui la sinistra istituzionale e la dirigenza CGIL oggi strepitano di attacco alla costituzione e alla democrazia. In primo luogo, perché sono storicamente i corresponsabili della situazione che si è venuta a creare. In secondo luogo perché costituzione e democrazia nulla c’entrano con le legittime lotte e forme di lotta i lavoratori decidano di praticare. La “democrazia” è precisamente l’istituzione borghese fondata sulla delega permanente che ha mandato al governo Berlusconi e i suoi scagnozzi per fare quello che stanno facendo. La costituzione, come tante altre leggi che parlano di vuoti diritti non supportati da reali rapporti di forza, è un pezzo di carta che invece ha sancito la subalternità della classe lavoratrice nel dopoguerra e che continua a farlo egregiamente anche oggi.
Di che cosa cianciano dunque questi personaggi? E’ proprio il quadro sociale e politico-istituzionale che hanno condiviso e nel quale si sono adagiati comodamente per anni, che permette tutto quello che sta succedendo. Lo permette perché i lavoratori sono stati considerati massa di manovra o serbatoio di voti e non i legittimi protagonisti dello scontro sociale e di classe. Lo permette perché si è alimentato il qualunquismo, la contrapposizione tra categorie (produttori-consumatori, addetti ai servizi-utenti) e il settorialismo, a scapito di ogni forma di solidarietà e di unità di classe. Lo permette perché non si dice più a chiare lettere che i lavoratori producono tutto e il resto è parassitismo e sfruttamento.
Stupisce, per finire, che anche esponenti del sindacalismo di base conflittuale si siano accodati al piagnisteo sulla democrazia e la costituzione perdute. Cari compagni, verrebbe da dire, non è che aver considerato per troppo tempo il sindacato un trenino che corre, anche se obtorto collo, sulle rotaie posate dal governo e dal padrone ha sviato la vostra capacità d’analisi?
Non è il momento di uno scatto d’audacia e di proclamare a gran voce che lo sciopero non è un diritto democratico benevolmente concesso, ma l’arma fondamentale dei lavoratori nelle battaglie della guerra di classe e che come tale non può essere regolamentato o normato in nessun modo?
USI Liguria

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