SANITARI UBRIACHI DI EFFICIENZA.

Avranno da riflettere molto sul proprio operato i colleghi medici coinvolti nella vicenda della clinica milanese di santa Rita, dovranno tirar fuori tutte le risorse per ridurre la portata devastante di gravi accuse. Può darsi che qualcuno di loro stia pensando: “Ma come! ho sempre lavorato rispettando le regole!” Si tratta di professionisti che con efficienza e cinica coerenza hanno assolto la funzione che l’organizzazione statuale della salute richiede alla dirigenza sanitaria, corroborare il principio del profitto indipendentemente dai bisogni e dalle caratteristiche di chi fa richiesta di salute.

 Sono gli effetti di una logica incrementale della modalità manageriale di gestione della sanità. Fiore all’occhiello di tanta ubriacatura manageriale è il sistema di concessioni ai privati, con cui si delega la funzione sanitaria territoriale. Obiettivo della gestione nel settore privato è incrementare il tasso di rendimento del capitale investito, pertanto caratteristiche strutturali del sistema diventano: non-curanza di assicurare l’accesso a tutti, una maggiore distanza tra chi decide e chi opera in base al sapere sanitario, una prevalenza della dimensione economica su quella clinica. A tutto questo si associa la modalità di rimborso in base alla complessità della patologia trattata, in termini tecnici il prodotto ospedaliero espresso secondo una classificazione internazionale il DRG ( diagnosis related groups), e sommando le intere dinamiche si ottengono i risultati che si leggono in prima pagina . E’ irritante il coro di incredulità tra i creditori del doppio sistema pubblico-privato, come se si trattasse di una degenerazione di casi individuali, mentre invece, è espressione sistemica dell’organizzazione di tipo gerarchico-funzionale con cui la classe politica legittima la  padronanza di un ceto minoritario nella salute pubblica. Il potere medico, d’altra parte, si lascia ben crogiolare dall’autoritarismo che la scena organizzativa richiede, anche al costo di una perdita di autonomia professionale, ma essere ligi al dovere di ricavare maggiori ragioni di profitto è garanzia di affidabilità e indice di preparazione culturale. La sostenibilità di tale sistema sta scricchiolando in modo eclatante. Si corre ai ripari. Come? Aumentando i controlli sull’attività sanitaria! Geniale! Chi saranno mai i controllori? Giovani economisti o guardie di finanza o vispi pensionati o, suggerisco, i fotogenici protagonisti delle fictions televisive, almeno con la recita si acquisisce un po’ di competenza. Un vero disastro per chi fa richiesta di salute e per chi opera nel settore.

Una vistosa crisi, da tempo, è emersa nel rapporto relazionale medico – sofferente, perché comunque non è un rapporto biunivoco, ma è mediato dalla composizione del potere politico che ne condiziona la qualità e i tempi.  Il medico con difficoltà fornisce, al malato, gli elementi tecnici utili a mantenere o a ripristinare uno stato di salute, perché i criteri che talora è costretto a privilegiare sono assolutamente estranei al concetto di malattia e alla percezione del livello di sofferenza individuale. Coniugare medicina ed economia è certamente un percorso complesso, determinato dalla naturale tendenza della spesa sanitaria a crescere con lo sviluppo economico, dal fatto che mai come oggi il sapere medico costituisce fonte di enorme guadagno, ma in sostanza l’equilibrio tra i due dominii rimane permanentemente sfregiato dal potere statale,  teso a difendere e perpetuare i privilegi economici ed istituzionali di minoranze elettive.

Tutelare sempre la sanità pubblica è il più credibile cambiamento culturale auspicabile.  Aumentare la qualità e la quantità di assistenza medica  deve rappresentare uno dei cardini della convivenza sociale. La diffusione della conoscenza scientifica,  l’espansione del sapere medico,  l’omogeneizzazione  dell’assistenza territoriale, la qualificazione della spesa sanitaria centrata sull’oggettività clinica e sul livello di sofferenza individuale, sono i minimi strumenti di intervento con cui una coscienza collettiva deve attrezzarsi affinché non sia imposta, nella difesa della salute,  la logica del profitto.

Amato Rizzo.

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