Relazione di Maria Fortino

Dopo quello di Rino Ermini pubblichiamo l’intervento di Maria Fortino al Congresso fondativo di USI-AIT Educazione. Rammentiamo che – gli interventi congressuali salienti che proporremo – sono già stati pubblicati su A rivista anarchica n. 396.


Non più un lavoro da burocrate o un noioso obbligo

di Maria Fortino

Intendiamo dare inizio a questo intervento con alcune riflessioni di carattere generale. U.S.I.-A.I.T Educazione possiede un potenziale innovativo non indifferente, infatti riteniamo si debba spingere, soprattutto, circa l’idea di un sindacato di settore che annulli, in sé, ogni tipo di gerarchie fra tutti i soggetti coinvolti nei processi educativi, a partire dagli studenti fino agli educatori ed agli operatori, dai maestri ai docenti, dagli ATA ai ricercatori universitari, da chi è di ruolo a chi è precario. In altre parole occorre realmente perseguire la realizzazione di quella orizzontalità, propria dell’anarco-sindacalismo ed a cui fa, appunto, riferimento l’intera U.S.I.-A.I.T.

Poste queste, per noi fondamentali, premesse è forse superfluo ma sempre opportuno, ribadire la particolarità di questo periodo storico per quanto riguarda il settore educativo che va certamente inquadrato in una più generale dinamica di assalto del capitale agli uomini e alle donne liberi, pur tuttavia il settore educazione assume, proprio all’interno di questa dinamica generale, un ruolo, se così vogliamo definirlo, strategico.

Unico obiettivo: sopravvivere

Il capitale, infatti, intende forgiare giovani menti – futuri lavoratori – atti alla più assoluta flessibilità (leggi asservimento) pronti a tutto pur di assecondare il potere, perché credono non vi siano altre strade perseguibili, ovvero umili schiavi che hanno il solo obiettivo della sussistenza e che di contro, hanno smarrito ogni idea, ogni prospettiva di libertà.
Per realizzare questo progetto, che già da tempo è stato auspicato e promulgato dai vari governi succedutisi negli ultimi tempi – a riprova del fatto che tutti i governi altro non sono che portatori degli interessi delle gerarchie statali, a loro volta maschere degli interessi del capitale, cioè elementi fondanti dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sull’animale e sul pianeta – si è puntato al progressivo impoverimento di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici dell’educazione nonché degli studenti di ogni ordine e grado: sottrazione di diritti, diffusa gerarchizzazione, aziendalizzazione, verticismi e controllo che servono, in primo luogo, a piegare menti potenzialmente pericolose, a sottrarre forza ad un possibile movimento di “pericoloso” di lavoratori e studenti che sono, invece, stati spinti verso la lotta individuale per la sopravvivenza ammantata dalla tanto fasulla idea della meritocrazia che nasconde solo lo sfruttamento.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti! Il processo è durato decenni e decenni ma adesso forse alcuni ne hanno maggiore consapevolezza, certo una minoranza benché presente e cosciente. Il velo di Maya è pertanto disvelato: siamo ormai incapaci di vivere una diffusa e generalizzata lotta dei lavoratori del comparto perché troppa è stata la disgregazione dei lavoratori, troppa la repressione che ha colpito gli studenti, troppo l’individualismo e la frammentazione diffusi che impediscono di giungere ad una visione collettiva della lotta.

Complici di questo stato di cose, anzi fra i principali responsabili, i grandi sindacati della triplice che hanno illuso lavoratori e studenti, proponendo se stessi come sola alternativa di lotta anzi hanno tentato, ove possibile, di sopprimere o quantomeno screditare l’autorganizzazione di studenti e lavoratori, infine calmierare le mobilitazioni con le solite azioni di “pompieraggio sociale”: in piazza si promettono fuoco e fiamme, nei palazzi si contratta e si svende la lotta. Di contro anche molti sindacati di base continuano ad agire secondo modalità che tanto ricordano la CGIL. Agiscono cioè sulla base di strutture rigidamente organizzate, verticistiche e ripongono quasi ogni fiducia nello sciopero tradizionale. Noi, come anarcosindacalisti, riteniamo che tale approccio non solo sia inefficace ma risulta, di fondo, funzionale al capitale: in altri termini si impegnano forze e volontà in lotte minoritarie destinate e rimanere tali proprio perché non aspirano a un reale cambiamento dell’essere ma tendono a una ricerca tutta riformista, di un nuovo equilibrio che vede spesso nello stato la sola risposta: salario garantito o altre simili amenità di natura assistenziale. Di chi, infine, continua con l’opera di dissimulazione circa sigle ed acronimi non vogliamo neppure parlare.

Autogestione come prassi

Fra i compiti del nostro nuovo sindacato di settore riteniamo dovrà proprio esservi l’individuazione di nuovi strumenti di lotta che siano efficaci, incisivi e non schiavi di alcuna forma di servilismo e che siano, invece, fondati su concetti cardine dell’anarcosindacalismo: ovvero autogestione diffusa, rifiuto della delega, in altre parole intendiamo il sindacato    non come strumento di perpetrazione del potere sia tramite il modello del sindacato quale erogatore di meri servizi, sia sindacato usato come strumento esterno per condurre battaglie partitiche riformiste.

Risulta, spesso, facile dire cosa non si vuole mentre può essere difficile delineare quello che si cerca crediamo, però, che questa tendenza oggi non sia qui valida. Noi vogliamo liberare noi stessi, vogliamo che l’educazione non sia più un lavoro da burocrate o un noioso obbligo, ma che divenga, tramite l’autogestione diffusa e la prassi quotidiana, un accompagnarsi in un cammino di crescita comune, collettiva, orizzontale senza educati ed educatori, senza servi né padroni ma solo uomini e donne liberi di apprendere, liberi di donare esperienze.
Oggi, ventuno dicembre duemilaquattordici, a Milano in via Torricelli è il primo congresso nazionale dell’U.S.I.-A.I.T. educazione, evviva U.S.I.-A.I.T. educazione!!!!

Maria Fortino

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