Quand’è che uno sciopero può dirsi … “riuscito”?

Dialogando con un compagno che – pur non definendosi libertario – lo è, di fatto, nella pratica quotidiana facevo la seguente riflessione in merito allo #ScioperoGenerale del #18M.

Quand’è che uno sciopero può dirsi … “riuscito”?

Ebbene … Il “successo” – o meno – di uno sciopero prescinde dalle organizzazioni che lo hanno indetto e riesce nel momento in cui travalica i confini degli iscritti/tesserati alle sigle promotrici coinvolgendo il maggior numero possibile di lavoratrici e lavoratori .. spesso con un’altra tessera sindacale in tasca.

 

Questa, lunga, premessa per comunicare che si allunga – di ora in ora – l’elenco delle adesioni (soprattutto collettive) allo sciopero generale del 18 Marzo prossimo. L’ultima, in ordine di tempo, è quella dei lavoratori ATP (aderenti all’USB) di Genova che hanno deciso – in contrasto con la propria dirigenza nazionale che aveva proclamato lo sciopero “a babbo morto” – di anticipare quello calato dall’alto.

A dimostrazione che sta crescendo esponenzialmente la consapevolezza che l’unità dal basso dei lavoratori e delle lavoratrici è condizione imprescindibile per avere qualche chance di successo nel contrastare la deriva ultraliberista che sta pervadendo la società nella quale viviamo.

L’auspicio è che siano tanti – i lavoratori e le lavoratrici – a ribellarsi all’immobilismo sterile e, spesso, parolaio o “referendario” dei vertici sindacali. Nessuno escluso: confederale o “conflittuale”.

A cominciare dal mondo della scuola – squassata dalla legge 107/15 del trio Renzi/Gelmini/Giannini – i cui lavoratori sono chiamati a scegliere tra l’immobilismo sterile ed inconcludente al quale sembrano votati i vari Bernocchi, D’Errico e via … elencando (e l’elenco, se ci aggiungiamo anche i nomi dei sindacati “complici” diventerebbe lunghissimo) oppure emulare i colleghi che – il 17 febbraio 2000 – disobbedirono alla CGIL (diretta da Enrico Panini che aveva sottoscritto il contratto) aderendo e partecipando ad uno sciopero gigantesco indetto dal sindacalismo di base che ha mandato a casa Luigi Berlinguer e rispedito al mittente (Cgil scuola in primis) il “concorsaccio”.

Il #18M per le lavoratrici e i lavoratori della scuola è il momento della scelta. “Dopo” (magari aspettando la “legge di iniziativa popolare” o il referendum già preannunciato dai soliti specialisti nel posticipare la mobilitazione) potrebbe essere troppo tardi.

Per USI-AIT Puglia

Pasquale Piergiovanni

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