L’USI in cammino

In una vecchia foto degli anni sessanta un uomo, un lavoratore cammina lungo la strada.
Quell’uomo è Giuseppe Pinelli, ferroviere e militante dell’USI  barbaramente assassinato nella questura di Milano il 15 dicembre del 1969.
Il manifesto da cui spicca la foto è quello del nostro attuale (18°) Congresso  dell’Unione Sindacale Italiana. L’accompagnano le belle parole di una canzone di Alessio Lega che ci ricorda come sia indispensabile, per avere un futuro, avere anche una memoria e un’identità per percorrere la strada insieme a Pino. La strada tracciata dalla lotta di tutti i lavoratori, per essere dentro il conflitto per l’emancipazione delle classi, per occupare il nostro posto nella storia, per costruire un mondo libero e nuovo.

Perché Pinelli?
Proprio perché ben rappresenta la nostra memoria e il nostro futuro.
Perché a quasi quaranta anni dalla strage “di stato” di Piazza Fontana e dall’uccisione di Pino, i fatti di oggi continuano ad intrecciarsi con quelli di ieri così come tra passato e presente s’intreccia la stessa storia del nostro Sindacato.
Usarono la strage per fermare le lotte dell’autunno caldo, un vento proletario e nuovo che, come una bora, voleva spazzare via i pilastri del sistema dello sfruttamento e con esso i suoi puntelli del sindacalismo confederale cogestionario e delle forme verticistiche di rappresentanza dei lavoratori, per poi lasciare un’aria nuova e pulita.
Per completare l’opera si tentò di criminalizzare la parte più libera ed attiva del movimento.

Da quel dicembre del ’69  molto in Italia fu in parte condizionato da quei fatti: le grandi lotte degli anni settanta, la strategia delle stragi di stato, il crollo dei partiti, la ricerca di un sindacalismo di base capace di essere soggetto protagonista dei conflitti di classe.

Anche il nostro Sindacato fu “fermato” da quella notte.
Violentemente disciolto dal fascismo negli anni venti, costretto all’esilio e alla clandestinità, l’ USI si ricostituisce tra la fine degli anni quaranta e gli inizi dei cinquanta. Radicato solo in alcune aree geografiche il Sindacato ha l’occasione con l’autunno caldo del 1969 di catalizzare attorno alla sua struttura libertaria le istanze che vengono dai comitati unitari di base che sorgono nelle varie aziende.
La segreteria nazionale (a Genova) che dagli anni cinquanta ha condotto un grande lavoro di propaganda e di collegamento non ha più  la possibilità di continuare la sua opera. Si prospetta la possibilità di trasportare la Segreteria nazionale a Milano e affidarla alla nuova sezione USI nata alla Bovina di cui è responsabile proprio Giuseppe Pinelli.
La buia notte del dicembre di sangue pone fine anche a questo progetto influendo così nelle sorti del nostro Sindacato costretto ad uscire di scena agli inizi degli anni settanta. Sarà nel 1977/78 con un nuovo ciclo di lotte che l’USI torna ad operare riprendendo quel cammino che porta al nostro attuale Congresso.

E’ un momento importante, forse decisivo, quello che stiamo vivendo, in un mondo che, a causa delle scelte del capitalismo e degli stati,  sta definitivamente esplodendo nel segno della grande rivolta finale dei popoli contro la fame. Un mondo dove lo sfruttamento non ha limiti, i diritti dei lavoratori sono negati ed avere un lavoro è diventato come vincere un terno al lotto.  Un mondo dove anche la guerra e la sua perversa logica è diventata permanente e “infinita” e convive quotidianamente con noi.

Un sindacalismo libertario, di classe e veramente di base come il nostro non solo ha oggi un ruolo ma rappresenta una delle ridotte speranze di chi combatte questo sistema per ottenere qualche risultato che non possa poi essere rifagocitato dalle nostre controparti.

Ecco perché camminiamo con Pino, da soli se è necessario, ma sperando di essere una marea, anzi come dice Alessio Lega un “mare nero”che travolga questo mondo e ci dia la possibilità di costruirne uno migliore.

Careri Gianfranco

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