Ugo Fedeli, breve storia dell’USI
I problemi del movimento operaio tornano di grande attualità. Le mutate condizioni e combinazioni politiche e sindacali hanno spinto alcuni militanti di questo movimento a formulare progetti nuovi dorganizzazione onde permettere di superare le condizioni che si sono andate creando, riproponendo la discussione sulle formule, i metodi e le direttive che sono state in uso nelle organizzazioni sindacali in questi ultimi tempi e che, come ognuno sembra accorgersi, hanno portato al disastro. Ora che questo è alle porte si cerca in qualche modo di rimediare.
In verità cè poco di nuovo sotto il sole. I problemi che ora preoccupano alcuni militanti del movimento operaio sono suppergiù ancora quelli che si ponevano alle organizzazioni operaie, trenta quarantanni fa, perché le condizioni generali sono rimaste identiche. Per questo non è forse inutile riesaminare come, sia pure in momenti diversi, questi problemi si presentavano allora e come allora si intendeva risolverli.
Il problema dellunità sindacale è più che mai allordine del giorno così comera allorquando nel 1906 si creò la Confederazione Generale del Lavoro, ed era ancora allordine del giorno sei anni dopo, nel 1912 quando si creò la Unione Sindacale Italiana.
Tracciando brevemente la storia dellU.S.I., che per lunghi anni è stata una organizzazione che si trovava allavanguardia del movimento operaio, cercando di far conoscere le tendenze che la dominavano, lattività svolta e i problemi che la tormentavano, verremo a scoprire anche quali erano allora, quale è ancora oggi la risposta allimportante domanda.
E con questo intento che pubblico il seguente lavoro.
Storia dellUnione Sindacale Italiana
Essa viene subito, per importanza dopo la Confederazione Generale del Lavoro. La sua creazione avviene per opera di quelle stesse forze che si erano trovate allopposizione al congresso costitutivo della Confederazione del Lavoro. Erano le forze proletarie che :
“intendevano salvare e sorreggere lautonomia del sindacato. Autonomia minacciata dessere travolta dal nuovo dispotismo politicantistico”.
Nel 1906, quando si tenne a Milano il Congresso della Resistenza e ne uscì la Confederazione Generale del Lavoro, uno dei punti più controversi fu quello che doveva stabilire i rapporti fra le Camere del Lavoro, le Federazioni di Mestiere e il nuovo organismo. Al Congresso di Milano, i relatori e i sostenitori della tesi della creazione della Confederazione del Lavoro, organo centrale e centralizzatore, furono gli operai Verzi e Rossi, sostenuti da Quaglino e Reina.
Lopposizione sindacalista a quel Congresso era capeggiata da Branconi, ferroviere, segretario dellorganizzazione dei ferrovieri del “Riscatto Ferroviario”.
I rivoluzionari sindacalisti, posti in minoranza, abbandonarono il Congresso e si riunirono a parte costituendo un gruppo di minoranza. Nominato un Comitato di 5 membri per il disbrigo delle funzioni di collegamento, affidarono al ferroviere Branconi e allorganizzatrice Ines Oddone Bitelli il compito di compilare un numero unico dove fossero esposti i loro punti di vista, le loro direttive e tutte le ragioni a sostegno delle loro tesi e posizioni..
Questo gruppo di minoranza – che, dopo il congresso che si terrà a Parma nel 1907, prenderà il nome di “Comitato dAzione diretta”- aveva fra i suoi aderenti anche Alceste De Ambris, già segretario della Camera del Lavoro di Parma e provincia, che diverrà uno degli agitatori più in vista e quotati della futura Unione Sindacale Italiana.
Liniziativa di riunire a Congresso tutte le forze dissenzienti della Confederazione del Lavoro, verrà appunto dalla Camera del Lavoro di Parma e Provincia che, in data 23 ottobre 1907, diramava la seguente circolare:
“Il Congresso Provinciale delle Organizzazioni Operaie del parmense – presenti le rappresentanze di 458 Leghe con più di 31 mila iscritti e le rappresentanze delle Camere del Lavoro di Ferrara (40 mila iscritti) e di Piacenza (12 mila iscritti) – deliberava nella sua seduta del 20 corrente di sospendere ogni adesione alla Confederazione Generale del Lavoro in seguito allatteggiamento da questa assunto, incaricando, in pari tempo, la sottoscritta Commissione di convocare subito un Convegno delle Organizzazioni che non convengono collattuale indirizzo della Confederazione, per deliberare daccordo il da farsi.
Ben sapendo che voi dividete in proposito le nostre idee, vi comunichiamo che la C.E. di questa Camera del Lavoro ha deciso dindire il Convegno sopraccennato per il giorno 3 novembre p.v. invitandovi a parteciparvi con almeno un vostro rappresentante.
Non abbiamo bisogno di dirvi quale e quanta necessità vi sia dintenderci sulla vitalissima questione che forma oggetto del Convegno. Essa interessa tutto il proletariato italiano ed è divenuta oramai di attualità urgente, dopo la riunione di Firenze – nella quale si negava ogni autonomia alle organizzazioni – e dopo il tradimento compiuto dalla Confederazione a danno dei Ferrovieri .
Crediamo superfluo ogni incitamento: se non volete perpetuare uno stato di cose indecoroso e dannoso per tutti dovete aderire al Convegno da noi indetto e fare qualunque sacrificio per parteciparvi.
Attendiamo ad ogni modo una immediata risposta. Saluti fraterni”.
Il Convegno di Parma
Il 3 Novembre 1907 ha luogo il Convegno di Parma nel grande salone della Camera del Lavoro. Il numero dei soci rappresentati ammonta a 201.168. Vi sono rappresentate 16 Camere del Lavoro: Parma, Ferrara, Piacenza, Brescia, Savona, Spezia, Ancona, Bologna, Vicenza, Gallarate, Piombino, Empoli, Sestri Ponente, Como, Cesena; 2 Sindacati e Federazioni: Sindacati Ferrovieri Italiani e Federazione lavoranti delle Pelli; 19 Leghe e Sezioni di Mestiere di Torino, Roma, Alessandria, Imola, Salviola, Venegono Inf., Milano, ecc. e 16 altre organizzazioni.
Il problema centrale della discussione riguarda i “rapporti colla Confederazione del Lavoro”.
Aprendo il Convegno il leader sindacalista Alceste De Ambris sottolineerà che il tradimento della Confederazione del Lavoro nella nota questione dei ferrovieri (adesione dei ferrovieri allo sciopero generale proclamato a Milano dopo leccidio di Ponte Pietrasanta, e labbandono, da parte della Confederazione del Lavoro, dei ferrovieri alle rappresaglie governative) fu il fatto occasionale che indusse la Camera del Lavoro di Parma a convocare il congresso, ma le ragioni profonde che contribuirono a decidere i sindacalisti a prendere liniziativa, stavano nella decisione adottata in un Convegno tenuto a Firenze fra la Confederazione Generale del Lavoro e i rappresentanti del Partito Socialista, che, esautorando le organizzazioni locali, togliendo ad esse qualsiasi autonomia ai propri movimenti, ed avocandone liniziativa e la direzione, le subordinava agli interessi elettorali del Partito Socialista.
Queste ragioni bastavano per richiedere una presa di posizione netta e precisa da parte di tutto il movimento operaio.
Nella sua relazione il De Ambris, dopo aver sottolineato la lotta impegnativa che la Camera del Lavoro di Parma aveva sostenuto nel 1907 e che si riassumeva in 34 scioperi di categoria, uno sciopero generale agrario ed uno sciopero di protesta, “tutti vittoriosi, non una eccettuata”, diceva:
“Cosa sarebbe avvenuto se la Confederazione avesse dovuto prendere liniziativa o dare il nulla osta a tali agitazioni? Si sarebbe sicuramente verificato lidentico caso dei ferrovieri,
Devesi incominciare collaffermare la completa autonomia delle organizzazioni sindacali da qualsiasi partito politico, e che alle organizzazioni locali sia riservata la più ampia libertà dazione e non devesi mai permettere che pochi uomini le facciano da padroni legiferando e disponendo a loro talento della volontà del proletariato. Perciò, data lattuale situazione della Confederazione del Lavoro, si deve vedere se sia più utile lentrata in massa nella Confederazione per trasformarla, oppure se si debba creare un nuovo organismo indipendente della Confederazione attuale”.
Nello svolgersi della discussione risulteranno ben evidenti due punti di vista.
1) Quello proponente lentrata in massa nella Confederazione del Lavoro per riconquistarla,
2) Quello di creare un organismo nuovo.
Un accordo generale non essendo possibile per luna o laltra soluzione, con lintento di mantenere laccordo fra gli organismi aderenti, il Congresso accettava un compromesso votando la creazione di un “Comitato di Resistenza” che doveva coordinare lazione dei sindacalisti.
Durante il dibattito, il primo punto di vista, per lentrata in massa nella Confederazione del Lavoro, sarà sostenuto da Michelino Bianchi e soprattutto da Edmondo Rossoni, che sintetizzerà il suo punto di vista in un ordine del giorno, respinto, che suonava così:
“I rappresentanti di oltre 200.000 organizzati, convenuti a Parma il 3 Novembre 1907 per discutere sullopera svolta recentemente dalla Confederazione del Lavoro a danno dei ferrovieri, constatato lasservimento della Confederazione al P.S.I. consacrato nel Convegno di Firenze.
Deliberano che tutte le organizzazioni proletarie entrino in massa nella Confederazione stessa e reclamino al più presto possibile la convocazione di un Congresso Nazionale, nel quale il proletariato decida e stabilisca alfine che i propri organismi di mestiere devono svolgere la propria azione allinfuori e al di sopra di ogni Partito e scuola, ispirandosi a concetti rigidi nella lotta di classe mediante la quale soltanto si potrà arrivare alla completa liberazione dei lavoratori da ogni sfruttamento e parassitismo economico e politico”.
Laltro punto di vista, accettato, che proponeva la creazione di un Comitato di Resistenza, sarà a sua volta riassunto, in un Ordine del giorno concordato Badiali – De Ambris.
In esso si diceva:
“I rappresentanti di oltre 200.000 lavoratori organizzati dogni regione dItalia, convenuti a Parma constatano che lindirizzo assunto dalla Confederazione Generale del Lavoro non corrisponde in alcun modo allinteresse ed al sentimento del proletariato italiano, poiché i dirigenti di essa con aperta violazione statuaria, ne hanno legate le sorti a quello di un partito politico e pretendono di farne un organismo accentratore, con intenti di conservazione, coartando la libera iniziativa delle organizzazioni aderenti ed impedendo costantemente ogni affermazione di virile volontà collettiva, nella presunzione di dover essi imporre la loro legge alla massa, in luogo di essere gli esponenti ed i coordinatori del pensiero e dellazione di questa – e perciò – mentre negano risolutamente alla Confederazione Generale del Lavoro, così comè composta, il diritto di dirsi legittima interprete e rappresentante del proletariato che più volte ha dimostrato di seguire concetti ben diversi cui si ispira la Confederazione:
Riaffermano:
1) Che lorganizzazione operaia deve accogliere nel suo seno quanti intendono combattere la lotta per la sparizione del salariato e del padronato, allinfuori di ogni scuola o partito politico;
2) Che la maggiore autonomia e la più completa libertà diniziativa deve essere lasciata alle organizzazioni locali o di categoria per movimenti di resistenza che le riguardano;
3) Che i dirigenti della organizzazione sindacale possono considerarsi soltanto come il Comitato Esecutivo della collettività operaia e non come i legislatori ed i padroni di questa;
4) Che deve essere speciale incarico dei dirigenti coordinare le forze e gli intenti per sanzionare mediante lazione diretta – culminante in supremi momenti nello sciopero generale- la volontà proletaria sia nella difesa che nella protesta o nella conquista;
Deliberano
di costituire un Comitato Nazionale della Resistenza, con incarico preciso di raggruppare tutte le organizzazioni italiane che – seguendo la direttiva tracciata nel presente ordine del giorno – intendano svolgere, daccordo, unazione comune di lotta incessante allodierno ordinamento capitalistico con tutti quei mezzi – nessuno escluso – che la pratica sindacale ha indicati come efficaci per indebolire ed eliminare la classe e lo stato borghese.
Il Comitato Nazionale della resistenza – la cui composizione verrà determinata dal presente convegno – ha pure lincarico di attuare praticamente le deliberazioni prese dal convegno stesso, funzionando come organo esecutivo e consultivo per tutte le organizzazioni che ad esso fanno capo”.
Fra la concezione e la tattica sindacale alla quale sispirava la Confederazione Generale del Lavoro, e quella dalla quale prendeva le mosse lUnione Sindacale Italiana, non vi erano semplici vedute tattiche diverse ma era diversa la concezione stessa del sindacato.
Per i sindacalisti:
“Il sindacato era il novello principio direttivo duna civiltà che non è lampliamento nè lestensione di quella borghese in cui viviamo, ma di essa è lesclusione e leliminazione – in questo flusso dialettico del suo fatale divenire, si arricchisce di una propria vita, dun proprio self-governement, e fa esso stesso, insofferente di tutelatrici autorità superiori, la propria politica” e dei suoi moti e metodi di azione.
E per conoscere i compiti e le funzioni spettanti al Comitato Nazionale della Resistenza e per potervi scorgere i punti di eventuale contrasto e di differenziazione dei compiti e delle funzioni spettanti al Comitato Centrale della Confederazione del Lavoro ci è indispensabile conoscere lo Statuto/regolamento che ne ordinava il suo funzionamento. In esso si stabiliva:
1) “Il Comitato Nazionale della Resistenza si compone di una Giunta esecutiva di 3 membri scelti fra gli organizzati nella Camera del Lavoro di Bologna e di un Consiglio con un rappresentante per ognuno delle Camere di Piacenza, Parma, Ferrara ed Ancona, più un rappresentante del Sindacato dei ferrovieri quando e dove questo aderisca ufficialmente.
2) E suo mandato di dar corso a quanto venne deciso dal convegno di Parma (3 novembre 1907) preparando per lepoca che le organizzazioni aderenti interpellate per referendum riterranno più opportuno un Congresso Nazionale della Resistenza fra tutte le organizzazioni dItalia.
Il Congresso ove se ne presenti la necessità -potrà essere convocato durgenza diniziativa del Comitato.
3) Per il suo funzionamento le organizzazioni aderenti contribuiscono con una quota fissa di centesimi uno per ogni iscritto e per semestre. La prima quota dovrà essere versata entro il corrente mese di novembre e sarà ritenuta saldo dellanno 1907.
4) La sede del Comitato Nazionale della Resistenza è Bologna”.
Il susseguente congresso sindacalista si terrà a Bologna nel 1910.
In questa occasione esso assume una importanza ed una caratteristica particolare. Si potrebbe dire che i Congressi che si tengono siano due, tanto gli scopi che il tono del dibattito sono diversi. Uno sarà di esponenti teorici del sindacalismo, tratterrà di questioni dordine teorico e polemico, ed attualmente si direbbe “ad alto livello”. Alle discussioni parteciperanno personalità come Enrico Leone ed Arturo Labriola. Il secondo sarà un Congresso di attivisti, di militanti del movimento operaio e dedicherà i suoi lavori alla soluzione dei problemi pratici e tattici della lotta sindacale.
Terminata la riunione dei “teorici”, ebbe inizio quella degli organizzatori sindacali, dei rappresentanti di leghe e di Camere del Lavoro.
Il loro compito era di precisare gli scopi ed i compiti pratici del nuovo Comitato, che in seguito alle nuove deliberazioni del Congresso si trasformava da Comitato Nazionale dellazione diretta in Comitato della Resistenza, un secondo passo verso la costituzione di un vero e proprio organismo sindacale a carattere nazionale.
Scopo ed azione di questo secondo Comitato è di coordinare le forze sindacali rivoluzionarie aderenti alla Confederazione e di collegarle con le organizzazioni rimaste indipendenti.
Dalle esposizioni “teoriche” e dalle impostazioni pratiche dellazione, risultavano talmente diverse le concezioni sullattività sindacale e sulle funzione ed i compiti stessi spettanti al sindacato da parte delle tendenze prevalenti nella Confederazione Generale del Lavoro e quelle dei sindacalisti del Comitato dAzione Diretta perché si potesse, come qualcuno proponeva, entrare nella Confederazione Generale del Lavoro ed andare avanti sulla via delle lotte in una efficiente coabitazione in un unico organismo, delle due forze sindacali.
Infatti prevalse la seconda soluzione. Passarono però altri due anni di lotte famose per il Comitato di Resistenza e per le Camere del Lavoro sindacaliste ad esso aderenti, prima che un organismo sindacalista a carattere nazionale sorga.
Nel 1908 ha luogo un grandioso sciopero a Parma. Seguono gli scioperi agricoli nelle provincie di Ferrara, Modena, Piacenza, Bologna, e nelle Puglie. Quello degli operai metallurgici di Milano e Torino.
Il Comitato di Resistenza organizza grandi manifestazioni contro le imprese coloniali e la guerra libica.
In occasione della guerra per la conquista della Libia, avviene una prima frattura nel movimento sindacalista tra i “teorici” del sindacalismo, sostenenti la legittimità delle guerre coloniali, e le masse raccolte nelle organizzazioni sindacali che le combattevano. I teorici sindacalisti più noti, Arturo Labriola e Paolo Orano ed altri ancora, rinnegando tutte le premesse antimilitariste, si trovarono tra i sostenitori dellimpresa libica.
Arriviamo così al 1912 ed al Congresso di tutte le organizzazioni operaie aderenti al “Comitato della Resistenza” convocato a Modena.
Il Congresso Costitutivo dellUnione Sindacale Italiana
(Modena 23-24-25 Novembre 1912)
Sono presenti 154 congressisti della Confederazione del Lavoro.
Su questa questione sono sempre fronte a fronte due punti di vista diversi:
1) Uno è contrario allapprofondimento della scissione ed è per la entrata in messa nella Confederazione per conquistarla dallinterno continuandovi lopera di propaganda didee e di tattica sindacalista.
Questa tesi sarà sostenuta dal rappresentante della Camera del lavoro di Gallarate e di Ferrara e dai delegati Ines Oddone Bitelli, Furio Pace, Barano e Paolo Campi.
2) Laltro punto di vista sarà sostenuto soprattutto dal fratello di Alceste De Ambris (che non sarà presente a questo Congresso perché profugo in Svizzera, in seguito ad una condanna riportata per lo sciopero di Parma, così come al Congresso mancherà anche laltro organizzatore di primo piano, Armando Borghi, a sua volta profugo in Francia per una condanna riportata per la pubblicazione di un articolo antimilitarista) Amilcare de Ambris, rappresentante della Camera del Lavoro di Mirandola, Filippo Corridoni, Nencini, Pagani, Attilio Sassi, Alberto Meschi, Gregorio, Guberti, De Dominicis.
Il De Ambris ed i suoi partidari sostenevano la necessità della creazione di un nuovo organismo nazionale che rappresentasse tute le organizzazioni operaie di tendenza sindacalista rivoluzionaria.
Ines Oddone Bitelli ed il suo Gruppo erano contrari alla creazione di due centrali operaie, perché questo avrebbe portato a pericolose lotte interne, lotte e contrasti che inevitabilmente sarebbero sorte fra i lavoratori dei due diversi organismi.
Polemizzando con i suoi avversari, essa sosteneva che, se i sindacalisti avessero creata una nuova centrale sindacale, domani avrebbero potuto crearla i repubblicani e gli anarchici, con quanto danno, non è il caso di dimostrarlo. Proponeva quindi di riconfermare al Comitato il carattere di coordinatore della minoranza sindacalista in seno alla Confederazione.
Di promuovere lentrata nella Confederazione stessa di tutte le organizzazioni che si trovavano fuori.
Dimpegnare gli organizzatori sindacalisti a dimostrare sul terreno pratico la supremazia del sindacato, vero strumento della lotta di classe rispetto al sindacato riformista.
Amilcare De Ambris sosteneva invece limpossibilità di fare un lavoro efficace sul terreno rivoluzionario, restando e entrando nelle fila della Confederazione del Lavoro. Tullio Masotti, altro sostenitore della tesi scissionista, sosteneva che la Confederazione del Lavoro era nata da un inganno, e per i rivoluzionari, essendosi lasciati giocare, non era più possibile riparare quel primo errore se non con la scissione. LOrdine del giorno conclusivo proponente una nuova centrale sindacale suonava così: “Il Congresso Nazionale dellAzione Diretta, riafferma anzitutto il principio dellUnità operaia necessaria al proletariato per completare le sue conquiste e conseguire i suoi destini;
Rileva che la Confederazione Generale del Lavoro, come non ha saputo fin qui realizzare lUnità, si dimostra evidentemente incapace di realizzarla nel futuro per la sua tendenza sempre più spiccata a diventare un vero e proprio partito parlamentare, chiuso ed esclusivista, tanto da negare alle organizzazioni che non vogliono accettare senza discussione i dogmi politici e sindacali imposti da quella minoranza che fortuito caso e non senza traccia di frode si è impossessata di essa;
Ritiene superfluo e improduttivamente dilatorio in base allesperienza degli ultimi anni insistere ancora nella risoluzione adottata al Governo sindacale tenuto a Bologna il 12 Dicembre 1910 (nel quale venne deliberato un tentativo unitario con lentrata nella Confederazione delle forze sindacaliste; tentativo che i riformisti impedirono, rifiutando ladesione alla Confederazione del Lavoro della Camera del Lavoro di Parma, e di altre) risoluzione resa inutile dal contegno della Confederazione Generale del Lavoro che ha rifiutato – con settario abuso mal mascherato da cavilli procedurali – ladesione delle più notevoli e meglio organizzate forze sindacaliste; riconosce che un vero organismo di unità Operaia non può esistere in Italia se non si ispira ai principi dellindifferenza di fronte a tutte le confessioni religiose, della neutralità di fronte a tutti i partiti politici, e dellautonomia sindacale;
Delibera quindi;
in omaggio a questi criteri di dar vita ad un nuovo organismo nel quale daccordo con tutte le forze operaie organizzate – estranee alla Confederazione Generale del Lavoro – sia possibile realizzare seriamente la realizzazione dellUnità Proletaria Italiana, sulle indicate basi dellaconfessionalismo, dellapoliticismo di partito e dellautonomismo sindacale.
Il Congresso fa però invito alle organizzazioni che accettano questordine di idee di aderire senzaltro al nuovo Istituto Unitario lasciandole libere di tenere verso gli organismi nazionali esistenti quellatteggiamento che crederanno più conveniente ai fini della conservazione dellunità locale”.
Messe ai voti le due mozioni, Bitelli e De Ambris, risultarono a:
DE AMBRIS voti 42.114
BITELLI voti 28.856
Astenuti voti 6.253
Era così nata lUnione Sindacale Italiana.
Come sua sede fu scelta Parma e a suo organo ufficiale il periodico “L’Internazionale” pubblicato per qualche tempo dal Comitato della Resistenza, poi dalla Camera del Lavoro di Parma.
Comitato Centrale dellU.S.I.
Il suo Comitato Centrale risultò composto da:
Amilcare De Ambris C .del L. di Mirandola
Tullio Masotti C. del L. di Parma
Giovanni Bitelli C. del L. di Ferrara
Fulvio Zocchi C. del L. di Bologna
Filippo Corridoni C. del L. di Bologna
Alberto Meschi C. del L. di Carrara
Giuseppe Di Vittorio C. del L. di Cerignola
Riccardo Sacconi C. del L. di Piombino
Cesare Rossi C. del L. di Piacenza
Livio Ciardi C. del L. di Milano
Agostino Gregori C. del L. di Ferrara
Assirto Pacchioni C. del L. di Genova
Vittorio Brogi C. del L. di Torino
A proposito del pericolo di una guerra, venne accettato dal Congresso un ordine del giorno presentato da Filippo Corridoni che affermava:
“Il Congresso delle organizzazioni operaie rivoluzionarie, in vista della oscura situazione internazionale che presenta la minacciosa probabilità duna conflagrazione europea;
– Richiama il proletariato al dovere di opporsi ad ogni costo e con tutti i mezzi al fratricida macello cui lo si vorrebbe mandare in omaggio ad interessi che riguardano soltanto la classe nemica;
– Invita i sindacati aderenti a promuovere manifestazioni pubbliche e a prestare il loro concorso a tutti quei movimenti nazionali ed internazionali che fossero per sorgere, accentuandone il carattere in senso risolutamente rivoluzionario;
– Dà mandato al Comitato Centrale di prendere le iniziative ed i provvedimenti che le circostanze consiglieranno qualora la minaccia di una conflagrazione europea dovesse diventare più concreta ed imminente”.
Nella sua relazione Amilcare De Ambris aveva enunciati alcun punti programmatici del nuovo organismo che è necessario conoscere. Egli affermava tra laltro;
“Non è soltanto una questione di metodo che ci divide dai riformisti. Il diverso metodo è determinato dal fatto che essi mirano ad uno scopo diverso.
Noi vogliamo lo sviluppo integrale, completo, autonomo del sindacato operaio fino a farne lelemento costitutivo principale e lorgano direttivo della nuova società dei produttori liberi ed eguali per la quale combattiamo. Essi intendono che il sindacato non abbia da essere che uno strumento per i miglioramenti parziali ed illusori, che la classe operaia può ottenere dalla benevolenza della classe padronale e dallintervento statale, che dalla propria forza rivolta ad una audace conquista. La vera trasformazione sociale – essi intendono – che debba essere compiuta nello Stato e dallo Stato, con una serie di misure legislative e con una estensione sempre crescente dei poteri dello Stato che dovrebbe arrivare a sostituirsi al capitalismo privato, avocando a se la dirigenza di tutta la produzione, di tutto lo scambio, nonché la distribuzione della ricchezza.
Quale punto di contatto vi è fra questa concezione statolatra ed autoritaria del divenire sociale, e la concezione sindacalista antistatale e libertaria? Nessuna.
Noi andiamo dunque, per opposta via, ad una meta opposta a quella dei riformisti. Noi vogliamo annullare il potere oppressivo della Stato; essi vogliono moltiplicarlo, fino a farne il regolatore supremo di tutta la vita sociale.
Noi miriamo alla conquista dellautonomia e della libertà integrale dei gruppi produttori e dellindividuo in seno a questi gruppi; essi mirano ad instaurare la più terribile tirannia che abbia visto il mondo”.
Principi che saranno poi ribaditi nella parte programmatica dello Statuto accettato, che fra laltro dice:
“Non è superfluo ricordare che – da quando lorganizzazione operaia ha preso unimportanza preponderante nel movimento sociale – si sono tosto manifestati due modi essenzialmente diversi per intendere lazione sindacale. Ciò ha prodotto per logica conseguenza il crearsi di due forme diverse dorganizzazione ed il sorgere, in pratica, di due sindacalismi: il sindacalismo riformista ed il sindacalismo rivoluzionario”
Quali fossero le caratteristiche delluno e dellaltro, noi qui accenneremo solo a grandissimi punti, seguendo quanto alcuni oratori sono andati esprimendo durante i loro interventi congressuali:
“Il sindacalismo-riformista-politicante, accentratore, burocratico, pacifista, adoratore delle grosse casse produce naturalmente una organizzazione senza iniziativa, snervata, egoista, corporativista, divisa e sfiduciata nelle sue forze, illusa di ottenere dal gioco dei partiti quel che non sa strappare con la propria energia. Questo nella pratica del presente. Ma è lecito prevedere un altro danno pel futuro, poiché se con una simile organizzazione si arrivasse a trasformare la società, noi non avremmo quella società di liberi ed eguali chè il nostro sogno radioso; ma una società ancor composta da servi. Con la sola differenza che in luogo degli attuali padroni, il proletariato avrebbe sul collo una oligarchia di funzionari sindacali e di politicanti con letichetta sindacalista.”
Il sindacalismo rivoluzionario:
“che vuole abilitare il proletariato ad aver fede solo nelle proprie forze, e non attendere nessun benefizio allinfuori della sua azione direttamente esplicata. Così si toglie implicitamente al lavoratore il feticismo legislativo e si mette il sindacato in condizioni di neutralità tra i partiti politici, che gli sono estranei del tutto, non esclusi quelli che si dicono socialisti. Il proletariato deve sapere che tanto avrà quanto saprà conquistare e che non può e no deve chiedere a chicchessia se non alla sua volontà ed alla sua unione (….).”
Ancora e per riassumere: “Il sindacalismo rivoluzionario antipoliticante, decentratore, autonomista, libertario, non burocratico, combattivo, non idolatra dei mezzi finanziari, forma nel presente unorganizzazione ricca di iniziativa, vigile, audace, con un forte sentimento di classe, fiduciosa delle proprie forze, senza illusioni parlamentaristiche; e pel futuro prepara lavvento di una società in cui non vi siano nuovi padroni in sostituzione degli attuali; ma una uguaglianza, una libertà che non siano soltanto parole vuote di significato; ma realtà concrete.”
A sottolineare ancora più quelli che erano principii informativi della nuova organizzazione, nel 1913, lUnione Sindacale lanciava ai lavoratori di tutta Italia un manifesto nel quale si diceva:
“E una vecchia gloriosa bandiera quella che risolleviamo. Essa copre lopera paziente della preparazione e si spiega nelle audacie sante alla rivolta, il suo drappo si tinge col sangue dei martiri e non si sbiadirà nei languidi colori della pace sociale. Vessillo di speranza e di battaglia. Allombra sua si raccolgono solo i forti cui non impaurisce il sacrificio, i combattenti che sanno affrontare la lotta con gioia.
E linsegna della I Internazionale, quella che risolleviamo compagni!
Quanti sentono la vergogna dello avvenimento presente, quanti nutrono ancora fede nei destini del proletariato, vengano con noi, in questo esercito di liberi che vuol muovere verso le rosse aurore della Rivoluzione Sociale.
Viva lorganizzazione operaia!
Viva lUnione Sindacale Italiana!
LUnione Sindacale Italiana assunse presto grande importanza, soprattutto in alcuni centri agricoli riuscendo ad ingaggiare lotte veramente colossali e più di una volta – prima della guerra del 1914 – a realizzare scioperi generali in tutta Italia paralizzanti il paese per diversi giorni.
Nel corso del 1913 vennero sostenuti nuovi scioperi agricoli nel Ferrarese e nelle Puglie, lo sciopero generale dei metallurgici e dei gasisti a Milano. A Carrara, in seguito alla serrata delle Cave da parte degli industriali, i lavoratori del marmo si trovarono impegnati in una dura e lunga lotta, dalla quale uscirono vittoriosi. Nel frattempo vennero create nuove Sezioni a Sestri Ponente, a Bari, a Cerignola, Rovigo, Mantova, Cremona, ecc.
Verso la fine del 1913 ha luogo il secondo Congresso dellU.S.I.
Il II Congresso dellUnione Sindacale Italiana
(Milano 4 -5 – 6 – 7 Dicembre 1913)
Il Congresso si apre nel salone dellArte Moderna sito in via Campo Lodigiano. Sono presenti 191 Congressisti rappresentanti 1003 Leghe e 98.037 organizzati. Leghe ed organizzati così ripartiti:
Città Leghe Iscritti
Parma 345 20.055 Milano 28 17.367 Bologna 177 10.316 Modena 92 9.640 Carrara 43 8.400
Vi sono rappresentate inoltre molte Camere del Lavoro con i rispettivi Segretari:
Piacenza
Giuseppe Sartini
Riccardo Sacconi
Minervino Murge
Giuseppe Di Vittorio
Carrara
Alberto Meschi
Parma
Alceste De Ambris
e molte altre.
Vi era inoltre rappresentata lUnione Sindacale Milanese con Filippo Corridoni, Gaetano Gervasio ed altri compagni. Per le organizzazioni della Liguria era presente Antonio Negro.
Fra gli argomenti importanti allordine del giorno vi è quello riguardante il metodo dello sciopero generale, relatore Armando Borghi. La lunga relazione fu riassunta, dopo un vasto dibattito, in una risoluzione presentata dallo stesso Borghi, nella quale si affermava che:
“lo sciopero generale è uno dei mezzi più efficaci di difesa e di conquista per i lavoratori, miranti alla vittoria definitiva della classe lavoratrice con lespropriazione della classe capitalistica”.
Un altro problema discusso è quello riguardante lantimilitarismo, problema sempre di primo piano in ogni Congresso. in una risoluzione riassuntiva si afferma che tutte “le organizzazioni aderenti sono permeate di un rigido spirito antimilitarista ed antipatriottico, e che anche in questo campo è necessario esercitare energicamente la missione antistatale del proletariato.”
Infine si decideva di trasferire la Sede dellU.S.I. a Milano, dove era sorta da qualche tempo una importante e molto combattiva Unione.
Limpostazione rivoluzionaria della famosa “settimana rossa” del giugno 1914 sarà soprattutto opera di questo organismo, che riuscirà a smuovere anche la Confederazione Generale del Lavoro.
La crisi del 1914
Con il 1914 viene la conflagrazione europea e, nonostante le affermazioni antimilitariste formulate nei due precedenti Congressi, diversi degli organizzatori dellUnione Sindacale si schierano a favore di un intervento anche dellItalia nel conflitto a fianco della Francia e dellInghilterra.
Saranno i fratelli Alceste ed Amilcare De Ambris, Michelino Bianchi, Tullio Masotti, Cesarino Rossi, Edmondo Rossoni, Filippo Corridoni ecc.
Ma la posizione in favore della guerra di questi dirigenti non corrisponderà a quella delle masse. per chiarire la posizione e stabilire la linea di azione dellorganizzazione operaia, per i giorni 13 e 14 Settembre 1914 viene convocata una riunione del Consiglio Generale dellOrganizzazione.
In favore dellintervento dellItalia nella guerra parlano Alceste De Ambris, Tullio Masotti, Livio Ciardi ed altri. A loro risponde soprattutto Armando Borghi, rilevando che “dalla guerra avrebbero tratto tutti i vantaggi non già i lavoratori, ma i padroni, la monarchia.”
Borghi si meraviglia che dei rivoluzionari, fino al giorno prima esperti nel denunciare le frodi delle diplomazie e degli Stati, oggi si offrano garanti delle promesse, – il valore delle quali ognuno sapeva – , delle stesse diplomazie e degli stessi Stati.
A conclusione delle discussioni che si erano svolte molto animatamente, è accettato un ordine del giorno presentato dal Segretario della Camera del Lavoro di Carrara, Alberto Meschi, nel quale venivano riaffermati i principii antimilitaristi ed antistatali che dovevano informare il movimento operaio, seguente la direttiva sindacalista:
“Il Consiglio Generale dellU.S.I. esprime la fiducia che il proletariato di tutti i paesi belligeranti e neutrali sappia ritrovare in se stesso lo spirito di solidarietà di classe e le energie rivoluzionarie per profittare dellinevitabile indebolimento delle forze statali e della crisi generale derivante dalla guerra stessa per una azione comune intesa a travolgere gli stati borghesi e monarchici che in questa guerra furono per un cinquantennio i coscienti e cinici preparatori. Delibera che gli organi direttivi ed il giornale si uniformino a tali concetti.”
Messi in minoranza, Alceste De Ambris e Tullio Masotti, già segretari, presentarono le loro dimissioni.
A Segretario generale venne nominato Armando Borghi e la Sede dellU.S.I. trasferita a Bologna. Il giornale “LInternazionale” cessa di essere lorgano ufficiale dellU.S.I. per ritornare alle sue vecchie funzioni di settimanale della Camera del Lavoro di Parma. In sua sostituzione, il 17 Aprile 1915, si pubblica a Bologna il nuovo giornale organo ufficiale dellU.S.I. “Guerra di Classe”
Nellimmediato dopoguerra lUnione Sindacale Italiana riprende attivamente la sua opera. Si formano Sezioni ed Unioni dappertutto, i suoi militanti prendono parte – e non poche volte ne sono gli animatori – a tutte le grandi agitazioni del momento, ma è solo nel Dicembre del 1919 a Parma che lU.S.I. riesce a tenere il suo terzo congresso ed il primo del dopoguerra.
Il III Congresso dellUnione Sindacale Italiana
(Parma 20 – 21 – 22 – 23 Dicembre 1919)
Sono rappresentate le seguenti Camere del Lavoro: Bologna (Mura di Lame), Modena, Piacenza, Sestri Ponente, Samperdarena, Verona, Carrara, Tolmezzo, Piombino, Pisa, Viareggio, Terni, Bari, Cerignola, Minervino Murge.
Sono poi presenti le Unioni Sindacali di Milano, Brescia, Ferrara, Torino, La Spezia, Firenze, il Sindacato Nazionale Metallurgico, il Sindacato Nazionale Minatori, i Marinai di Fano ecc. con un totale di 300.000 organizzati.
Diversi sono i problemi in discussione. Tra i più importanti quello riguardante i “Consigli di Fabbrica”.
Leco dei Consigli Operai (Soviet) di Russia, Germania ed Ungheria, aveva avuto grande risonanza tra le masse operaie nei grandi centri industriali dItalia, soprattutto a Torino. Il relatore su questo problema era un operaio torinese Ennio Matta che faceva parte dei Comitati di Studio creati a Torino attorno al giornale comunista “Ordine Nuovo”. A conclusione della vasta discussione viene accettata la seguente risoluzione:
“Il Congresso dichiara tutta la sua simpatia ed incoraggiamento a quelle iniziative proletarie, come i Consigli di Fabbrica, che tendono a trasferire nella massa operaia tutte le facoltà diniziativa rivoluzionaria e ricostruttiva della vita sociale, mettendo però in guardia i lavoratori da ogni possibile deviazione per la escamotage riformista contro la natura rivoluzionaria di tali iniziative, contrariamente anche alle intenzioni avanguardiste della parte migliore del proletariato.
Invita questa parte del proletariato specialmente a considerare la necessità di preparazione delle forze di attacco classista-rivoluzionario, senza di che non sarebbe mai possibile lassunzione della gestione sociale da parte del proletariato.”
La posizione dellorganizzazione di fronte alla situazione generale ed agli avvenimenti rivoluzionari di Russia in particolare, sarà precisata in una dichiarazione riassuntiva, nella quale si dichiarava:
“Il Congresso dellU.S.I. saluta ogni passo in avanti del proletariato e delle forze politiche verso la concezione del socialismo negante ogni capacità negativa e ricostruttiva alla istituzione storica tipica della democrazia borghese che è il Parlamento, cuore dello Stato.
Considera la concezione Sovietistica della ricostruzione sociale antitetica dello Stato e dichiara che ogni sovrapposizione alla autonomia e libera funzione dei Soviet di tutta la classe produttrice, va considerata dal proletariato come un attentato allo sviluppo della rivoluzione ed alla attuazione delleguaglianza nella libertà.”
Il Congresso riconfermava a suo Segretario generale Armando Borghi ed a sua collaboratrice la poetessa Virgilia DAndrea, ed a dirigente del Sindacato Nazionale Metallurgico verrà chiamato Alibrando Giovannetti. La Sede dellU.S.I. sarà trasferita a Milano, dove vi rimarrà fino a quando le orde fasciste la distruggeranno.
L’occupazione delle fabbriche
Il 1919 ed il 1920 sono gli anni che, per le agitazioni prodottesi in tutto il paese, caratterizzarono il tormentato periodo del primo dopoguerra.
Le lotte operaie tese a portare ad aumenti salariali ed a migliori condizioni generali e di vita, non sono mai facili. I vecchi metodi si presentano come armi spuntate; per riuscire ad ottenere qualche risultato si deve ricorrere a metodi sino ad allora non applicati su larga scala; sono lostruzionismo e loccupazione delle fabbriche da parte degli operai. Uno dei primi episodi di occupazione di fabbrica lavremo in Liguria, a Sestri Ponente.
Dopo un certo periodo di ostruzionismo, il 16 Febbraio 1920 i metalmeccanici di Sestri Ponente occupano le loro fabbriche, ed in seguito per solidarietà con questi lavoratori, lagitazione si estende ai metallurgici di Cornigliano (Genova) che a loro volta occupano le fabbriche.
Loccupazione dura pochi giorni, dal 16 al 20 Febbraio, ma lesperimento dei metallurgici aderenti allUnione Sindacale ha grandi effetti morali.
Qualche mese dopo sono gli operai piemontesi delle fabbriche tessili di Torino Pellice e di Ponte Canavese, poi vengono gli operai di Napoli che occupano le officine metallurgiche di Miani e Silvestri.
Quando gli operai metallurgici di tutta Italia vorranno evitare una disfatta certa delle loro agitazioni ingaggiate in campo nazionale per il rinnovo del contratto di lavoro, nellagosto 1920, dovranno occupare tutte le fabbriche.
Lagitazione dei metallurgici dItalia si trascinava già da qualche tempo quando il 21 Agosto 1920 la F.I.O.M. ed il Sindacato Nazionale dei Metallurgici aderente allUnione Sindacale Italiana dichiaravano linizio della lotta ostruzionistica in tutte le officine meccaniche, metallurgiche e nei cantieri navali. Passarono alcune settimane senza grandi risultati.
Di fronte al pericolo che il prolungarsi dellostruzionismo venga ad affievolire lo spirito di lotta degli operai, il Sindacato metallurgico aderente allU.S.I. (segretario Alibrando Giovannetti) lancia un “Appello alle maestranze”, mettendole in guardia del pericolo che correva la riuscita dellagitazione. Esso diceva:
“A noi è sembrato non adeguato alla gravità del momento ed alla formidabile resistenza padronale questa forma di lotta che può prolungarsi allinfinito, stancare le masse, affievolire il loro spirito combattivo, esautorare le loro energie senza però colpire la classe industriale in modo decisivo. Lostruzionismo può anche indurre gli industriali alla pronta repressione con la serrata generale o parziale, che rende più difficile la presa di possesso delle officine da parte dei lavoratori quando ad essi verrà impedito laccesso con la forza pubblica concentrata nei punti voluti del padronato”…….
“…..Potremmo attendere ancora qualche giorno lesito dellesperimentato ostruzionismo, non oltre. la lotta deve essere, secondo noi, di breve durata e che seriamente e gravemente colpisca nei suoi interessi la classe padronale….”
“La presa di possesso delle fabbriche da parte dei lavoratori deve compiersi simultaneamente e con prontezza, prima ancora di essere cacciati con la serrata, e difenderla poi con tutti i mezzi e con tutte le forze di cui dispone il proletariato organizzato”.
“.Noi siamo decisi a fare entrare nella lizza anche i lavoratori delle altre industrie e dellagricoltura. Alle altre organizzazioni, quindi, il dovere di prendere posizione, di tenersi pronte allattacco collarma al piede.”
In una riunione tenutasi a Sestri il 29 Luglio veniva approvato il seguente ordine del giorno, sempre a proposito dellagitazione metallurgica:
“considerato che lo sciopero non è attuabile nelle contingenze attuali di fronte allatteggiamento degli industriali che hanno interesse ad esautorare le energie proletarie; che lostruzionismo incontra diverse difficoltà pratiche;
Considerato che per fronteggiare energicamente e con prontezza la resistenza padronale si debba ricorrere ad ogni mezzo e soprattutto alla simultanea e generale invasione delle fabbriche da parte degli operai”.
I pericoli indicati nellappello dellU.S.I. erano facili previsioni. Infatti, la mattina del lunedì 31 Agosto, le officine Alfa-Romeo di Milano chiudevano i battenti e facevano occupare lo stabilimento dalla forza pubblica.
Da questo episodio ha inizio la famosa occupazione delle fabbriche del Settembre 1920.
Il Comitato Esecutivo dellU.S.I. nella sua Relazione Morale presentata al Congresso Nazionale che terrà a Roma nel Marzo 1922, a proposito delloccupazione della fabbrica, precisa il suo punto di vista e la sua posizione.
“La partecipazione attiva, febbrile dellU.S.I. nella epica battaglia metallurgica, come corpo di avanguardia rivoluzionaria, è nota al proletariato dItalia ed anche allestero.
Sono conosciuti pure i primi atteggiamenti irriducibilmente classisti ed intransigenti sia durante le discussioni preliminari come nel corso della prima fase della lotta.
In merito alla famosa pregiudiziale sulle condizioni dellindustria, lU.S.I. fu chiara ed esplicita. Considerato che il “sistema economico vigente, basato, non sugli interessi della collettività umana e produttrice, ma su quelli individuali con esclusione quasi assoluta dei veri produttori gli operai è la causa prima dei continui perturbamenti della vita industriale, economica e politica della società, i lavoratori non hanno quindi nessuna responsabilità delle conseguenze or liete, or funeste di questo ordinamento sociale; non possono tener conto in nessun modo delle condizioni dellindustria monopolizzata e gestita da coloro che considerano gli operai come merce, anziché come uomini che hanno diritto di vivere e di godere il frutto del proprio lavoro.”
E conseguente a queste premesse lU.S.I. si rifiutò di intervenire alla oziosa e dilatoria discussione sulle condizioni dellindustria, reale o artificiosamente create con dati falsi e con le elucubrazioni degli esponenti le industrie più speculative e bacate dItalia, come venne poi constatato attraverso gli scandali dellIlva, dellAnsaldo e della Banca di Sconto.
Ma il compito più importante e grave che lU.S.I. simpose in quel grandioso movimento fu quello di precederlo e di incanalarlo imprimendogli un carattere quale la situazione eccezionale esigeva di fronte allaperta e dichiarata posizione di attacco del capitalismo; carattere cioè di vera guerra guerreggiata senza esclusione di colpi e fino alle ultime conseguenze.
Lultimo Congresso dellUnione Sindacale Italiana, tenuto prima che il fascismo distruggesse tute le organizzazioni operaie, si tenne a Roma del 1922. Esso assunse importanza perché non si tracciarono solo bilanci retrospettivi, né si rimase ad ammirare il cammino fatto e che cosa si era realizzato, ma si cercava di precisare alcune posizioni ideologiche e tattiche; si riguardavano i rapporti internazionali per vedere se si doveva andare con o contro lInternazionale Sindacale Rossa creata a Mosca, oppure se si dovevano indirizzare i propri sforzi per la creazione di una nuova Internazionale.
Soprattutto e questo è il lato particolarmente interessante del Congresso si prospetta una nuova riorganizzazione di tutto il movimento, colla creazione di una struttura sindacale basata su i Sindacati di Fabbrica.
Il IV Congresso dellUnione Sindacale Italiana
(Roma 10 11 12 Marzo 1922)
Il IV Congresso dellU.S.I. si tiene con molto ritardo ( tre anni dopo il III), a causa della situazione eccezionale nella quale si trovavano tutte le organizzazioni operaie in Italia, ma che specialmente ha colpito lU.S.I. fin da quando nellOttobre del 1920 si vide arrestati i dirigenti, il proprio ufficio di segreteria generale, e al suo Consiglio Generale le fu persino impedito di svolgere i suoi lavori, quando era stato convocato a Bologna.
Le Camere del Lavoro e le Unioni Sindacali rappresentate a Roma sono: Andria, Arezzo, Bologna, Bari, Brescia, Carrara, Casteggio, Cerignola, Cesena, Fano, Ferrara, Gazzada, Genova, Imola, Livorno, Lucca, Luzzara, Milano, Minervino Murge, Modena, Napoli, Parma, Piacenza, Piombino, Elba, Maremma, Pisa, Pistoia, Riomaggiore Genova, Roma (Fascio Sindacale dAzione Diretta), Sampierdarena, San Giovanni Valdarno, Savona, Santa Sofia, Serravezza, Sestri Ponente, La Spezia, Suzzara, Taranto, Terni, Torino, Vada Ligure, Venezia, Verona, Vicenza, Viareggio.
Vi sono varie questioni importanti in discussione, e la prima a discutersi è quella riguardante i rapporti internazionali: aderire o no allInternazionale di Mosca.
Vi sono due tendenze, una rappresentata da Nicola Vecchi e Giuseppe Di Vittorio, sostenenti ladesione, laltra, da Alibrando Giovannetti, Armando Borghi, Nencini ecc. contrari alladesione alla Centrale di Mosca, e per una nuova Internazionale sindacale lA.I.T. (Internazionale Operaia Rivoluzionaria) che da poco era stata creata a Berlino. A conclusione della discussione sono presentate due risoluzioni, una di Nicola Vecchi che dice:
“Il IV Congresso dellU.S.I. chiamato a discutere ed a deliberare sulla questione dei rapporti tra U.S.I. e le organizzazioni internazionali: considerato che i deliberati del Congresso Costituente dellInternazionale Sindacale Rossa tenutosi a mosca nel Luglio dello scorso anno, con cui si stabiliscono i rapporti di collaborazione che debbono intercorrere fra lInternazionale Sindacale e lInternazionale Politica, non ledono in alcun modo lautonomia ed indipendenza dei Sindacati:
che nessuna deliberazione del citato Congresso impedisce che accordi, di volta in volta, possano essere presi con altri partiti politici; delibera di dare la propria adesione allInternazionale dei Sindacati Rossi.”
Più lungo e circostanziato è quello presentato da Giovannetti, contrario a tale adesione e che a votazione avvenuta raccoglierà la maggioranza.
“Il IV Congresso dellU.S.I. premesso che lU.S.I. ha da molti anni con fede ed entusiasmo spiegato unattività febbrile per la riorganizzazione delle forze proletarie internazionali sul terreno dellazione diretta rivoluzionaria ispirandosi alla I Internazionale dei lavoratori;
Ritenuto che il blocco internazionale di queste forze non si è potuto conseguire per il carattere esclusivamente di partito dato prima alla III Internazionale, quindi alla Internazionale dei Sindacati Rossi strettamente legata al Partito Comunista ed a questo resa subordinata in tutta la sua attività sindacale e politica;
Richiamandosi ai principi ed ai metodi del sindacalismo rivoluzionario antipoliticante, antiautoritario, antiaccentratore e per lassoluta autonomia dei sindacati dagli aggruppamenti politici; delibera di subordinare ladesione dellInternazionale sindacale alle seguenti condizioni:
1 Azione diretta e rivoluzionaria di classe per labolizione del padronato e del salariato;
2 Esclusione assoluta di qualsiasi legame con lInternazionale Comunista e con qualsiasi altro partito o aggruppamento politico, e completa autonomia ed indipendenza sindacale da questi organismi di parte;
3 Esclusione dallInternazionale sindacale di quei sindacati o aggruppamenti sindacali maggioritari che aderiscono allorganizzazione gialla di Amsterdam, anche se per tramite di Federazioni professionali;
4 Limitazione dellattività e della direzione dellInternazionale sindacale ai problemi e nellazione di carattere internazionale;
5 Intese eventuali e temporanee con altre organizzazioni sindacali e politiche proletarie potranno essere stabilite volta per volta, per determinate azioni internazionali dinteresse della classe lavoratrice;
da mandato al Comitato Esecutivo di prendere accordi con le organizzazioni sindacaliste di tutto il mondo per organizzare saldamente una internazionale sindacalista, nel caso previsto che lI.S.R. si rifiuti di accettare le suesposte ed irrevocabili condizioni.”
Un altro problema importantissimo era quello dellUnità Proletaria. Vi era chi proponeva di sciogliere lU.S.I. per aderire alla Confederazione Generale del Lavoro, tesi sostenuta dai due neo deputati protesta, Angelo Faggi e Giuseppe Di Vittorio ed altri, che rappresentavano la maggioranza, che come Gaetano Gervasio ammettevano la possibilità solo di accordi di unità temporanea ed a base di direttive classiste e rivoluzionarie. La risoluzione presentata da questultimo diceva:
“Il Congresso dellU.S.I. ritenuto che lunità delle forze sindacali proletarie dItalia non può essere che il risultato di un accordo sincero e spontaneo delle masse lavoratrici organizzate sul terreno della lotta di classe e dellazione diretta con obiettivi rivoluzionari escludendo ogni intromissione di partiti e gruppi politici ed ogni forma di collaborazione con la classe borghese;
considerato che tutti i passati tentativi di unità proletaria fallirono per lopposizione sistematica della frazione social-riformista, la quale tende alla sua egemonia sul proletariato per una politica di collaborazione sindacale, parlamentare e governativa, con la classe dominante;
considerato inoltre che nelle condizioni odierne del movimento operaio lUnione Sindacale Italiana è lunica organizzazione massima che ha mantenuto inalterate le proprie posizioni classiste e rivoluzionarie; delibera:
1 Che gli eventuali rapporti con la Confederazione Generale del Lavoro e con altri organismi sindacali siano a base di intese per questioni contingenti e per la difesa della libertà e delle conquiste proletarie;
2 Che ogni iniziativa di fusione dei vari organismi sindacali generali potrà essere assecondata informandosi ai criteri su esposti;
3 Che le organizzazioni locali e nazionali (Camere del Lavoro, sindacati professionali o dindustria, ecc.) attualmente autonomi o già facenti parte dellU.S.I. possono aderire a questa senza altra condizione che losservanza del suo statuto e delle decisioni dei suoi congressi.”
Anche un altro problema è largamente discusso. Esso riguarda ladozione di una nuova struttura organizzativa, basata sui Sindacati di fabbrica. Non era una novità in quanto per la loro affermazione i sindacalisti italiani dellU.S.I. si battevano già da tempo. Il propugnatore della nuova forma organizzativa era il noto sindacalista Alibrando Giovannetti. Il suo pensiero veniva riassunto in una lunga mozione collegata ad uno schema di ordinamento sindacale di carattere locale (Sindacato di Fabbrica e nazionale, sindacato dindustria). Essa è troppo importante perché non sia presa in considerazione. In essa si diceva:
“Premesso che i lavoratori delle industrie sono costretti nella grande maggioranza ad essere riuniti per necessità di lavoro nella fabbrica o nellazienda qualunque sia il loro mestiere o professione, la loro categoria e condizione, tutti cooperando ad ottenere un unico genere di produzione:
ritenuto che la struttura della organizzazione sindacale del proletariato debba essere basata sulla fabbrica o azienda e sullindustria affinchè possa rispondere agli scopi immediati di difesa e di conquista proletaria ed ai fini di emancipazione completa della classe lavoratrice dal dominio economico e politico del capitale:
Considerato che tale forma di organizzazione operaia basata sulla fabbrica e sullindustria risponde alle esigenze della vita moderna del lavoro e crea di fatto il nucleo operaio produttore e gestore della fabbrica, che dovrà compiere il processo storico del passaggio della forma capitalistica di produzione a quella sociale dei sindacati di lavoratori attraverso lespropriazione e la presa di possesso delle fabbriche da parte dei sindacalisti:
Constatato che nelle organizzazioni aderenti allU.S.I. si è già iniziata da tempo unopera tendente alla trasformazione delle Leghe professionali in sindacati locali e nazionali dindustria:
Rilevato però che tale compito, per varie e complesse ragioni, non è stato ancora completamente assolto, DELIBERA di impegnare formalmente le Camere del Lavoro e Unioni locali a riorganizzare le leghe ed i sindacati dove non lhanno ancora fatto, sulle seguenti basi:
a costituzione del sindacato tra gli operai di ciascuna fabbrica o azienda;
b aggruppamento locale dei vari sindacati operai di fabbrica, per ciascuna industria;
c costituzione di un unico sindacato dindustria in quei centri nei quali il numero degli operai di ogni officina o azienda è esiguo;
d adesione di fatto e di diritto dei sindacati locali allorganizzazione nazionale dindustria conservando lautonomia dei sindacati medesimi per ogni e qualsiasi attività e per i movimenti che non interessano più industrie diverse o più centri industriali, o che rivestono un carattere generale di classe;
DEMANDA agli organi esecutivi dellU.S.I. lincarico di far funzionare quei sindacati Nazionali dIndustria che per ragioni diverse hanno dovuto sospendere la loro attività e di creare gli altri sindacati che raggruppano le forze proletarie dogni industria non ancora organizzate nazionalmente:
APPROVA lo schema di organizzazione dei sindacati allegato alla relazione lasciando in piena facoltà delle organizzazioni locali di adottare con quei temperamenti che da esse possono essere reputati necessari.”
In realtà, dopo landata al potere dei fascisti, nellottobre 1922, le attività sindacali erano difficilissime, e quasi impossibile il semplice riunirsi. LU.S.I. ebbe quasi subito le sue Sedi e le Camere del Lavoro distrutte, imprigionati o costretti a fuggire allestero i suoi migliori militanti, essa fu costretta a cessare ogni attività in Italia.
Emigrata anche la sua Segreteria in Francia – come faranno anche alcuni militanti della C.G.L. – cercherà di svolgere allestero quellopera che doveva mantenere vivo tra i numerosissimi emigrati il senso della libertà e della dignità delluomo, il senso di responsabilità in ogni lavoratore.