L’accordo sulla produttività, l’ennesima firma sulla pelle dei lavoratori!

cisluiteleproduttivitLa recente firma dei sindacati concertativi (Cgil esclusa) in calce all’ “accordo sulla produttività” dà mano libera al padronato per un aumento dello sfruttamento della classe lavoratrice.

Nell’accordo infatti si sancisce che per uscire dalla crisi è necessario aumentare la produzione industriale, abbassando il costo del lavoro. Per farlo si svuota di contenuti il CCLN delegando alla contrattazione di secondo livello qualsiasi aspetto della vita lavorativa, lasciando così il lavoratore di fronte al suo padrone, privo dell’unica arma che ha a disposizione, cioè il numero.

I salari saranno definitivamente sganciati da qualsiasi adeguamento rispetto al costo della vita poiché l’indice preso come riferimento (l’IPCA) rappresenta solo un “tetto massimo” .

Vengono eliminati i minimi salariali di categoria, in quanto la parte di salario legato agli obiettivi di produttività non costituisce più un’aggiunta al salario di base contrattato, ma ne costituisce una parte, con una perdita secca a livello retributivo (basterà dichiarare obiettivi chiaramente irraggiungibili come già accade oggi nelle contrattazioni di secondo livello). Inoltre tutti gli aumenti salariali saranno sostenuti dalla fiscalità generale, e quindi pagati dai lavoratori stessi!

Altre inaccettabili prevaricazioni sono la castrazione di qualsiasi forma di protesta che non sia quella al bromuro concordata con il padrone attraverso i sindacati collaborazionisti (si auspicano sanzioni a qualsiasi sigla sindacale che deroghi da questi patti), la deroga a leggi vigenti in materia di demansionamento e controlli a distanza dei lavoratori e la vera e propria dismissione dei lavoratori più anziani, che verranno sostituiti da giovani leve con contratti precari, il tutto in nome della “solidarietà intergenerazionale” (tutta sulle spalle dei lavoratori).

Completano il quadro la spinta all’azionariato da parte dei dipendenti (cioè la condivisione del rischio di azienda con il padrone), gli incentivi a forme di welfare private o gestite dai sindacati e l’incitamento a costruire una scuola che sforni carne da fabbrica al posto di persone coscienti.

L’opposizione che la Cgil ha manifestato a questo accordo è ipocrita e non ci inganna: Cgil ha firmato gli accordi del 28-06-11 nei quali era già previsto il passaggio di ogni aspetto della contrattazione sul secondo livello e di cui questo accordo è figlio. Tale organizzazione inoltre non contesta né l’approccio dell’accordo (occorre aumentare la produzione) né la tendenza a creare un sindacato co-gestionario, una sorta di multiutility che poco ha a che vedere con la difesa del lavoratore. Di fatto si è limitata ad uno scioperetto di 4 ore e ciò che le premeva era il punto sulla rappresentanza, che di fatto esclude la sua Fiom dai tavoli per gli accordi dei metalmeccanici nei prossimi 3 anni.

USI-AIT denuncia il carattere repressivo di questo accordo che grava unicamente sui lavoratori, ai quali vengono imposti sacrifici e rinuncia a diritti acquisiti al fine di coprire i cali di profitti derivati dalla crisi economica che ha investito anche il padronato. E’ necessario delegittimare i sindacati collaborazionisti uscendo da essi ed auto-organizzarsi per imbastire una lotta efficace all’arroganza padronale.

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