30 anni di politiche sindacali compatecipative. Bagnoli la nuova frontiera contrattuale

“ Un episodio di meravigliosa sussidiarietà “ (M. Sacconi, che ha mossi i suoi primi passi di “tagliagole” all’interno della CGIL)
Il ministro Sacconi, inebriato dal sole di Santa Margherita Ligure e non sopportando
più di tanto il vino frizzante, ha parlato in relazione alla proposta Fiat di Pomigliano
di “meravigliosa sussidiarietà”, ignorando che il termine, in senso etimologico,
significa “portare aiuto” (sussidium afferre) e che la sussidiarietà può essere
“verticale” (il rapporto Stato Regione Provincia Comune) oppure “orizzontale”
(riguardante il rapporto pubblico privato nei servizi) ma che non c’entra un cazzo
nelle relazioni industriali. In ogni caso c’entri o meno la sussidiarietà e il vinello
frizzante confindustriale, il caso Pomigliano va inquadrato in quella che ormai si
palesa come una mondializzazione senza veli e senza copertura ideologica: cessione
di diritti in cambio di lavoro, di questo si tratta e poiché in cambio di quello si cedono
diritti acquisiti con fatica in passato quel lavoro (salariato) assume di fatto vestigia
servili. Del resto politici, analisti, industriali e giornalisti compiacenti non hanno
ormai più remore nel dire apertamente che il problema non è quello (non lo è mai
stato) di far crescere i salari e le condizioni di lavoro nei paesi “emergenti”, ma
quello di far scendere i nostri al loro livello. L’obiettivo dichiarato è dunque allineare
progressivamente salari e condizione di lavoro nei paesi europei a quelli. E’ qui
quindi, in questo snodo di storia contemporanea, che la vertenza di Pomigliano
assume un valore simbolico e non solo di svolta: o si accettano le condizioni imposte
da Fiat – che va ricordato è indisponibile a qualsiasi forma di trattativa – erodendo
finanche il margine “riformistico” posto dalla Fiom e dunque si ridisegnano i
rapporti di forza a vantaggio del padronato, più di quanto non lo siano già oggi,
oppure si scende in lotta e ci si ribella aprendo una strada che nessuno può sapere
dove potrebbe portare. Va ammesso che davanti alla prospettiva di restare senza
lavoro in una città e in una regione in cui la disoccupazione, soprattutto quella
giovanile, è molto alta, la maggioranza dei lavoratori di Pomigliano sarà
probabilmente orientata ad accettare le condizione imposte da Fiat, condizioni che
vorremmo ricordare sono durissime e in deroga al contratto nazionale. Tra le altre,
allo scopo di utilizzare gli impianti 24 ore su 24 e 6 giorni alla settimana, sabato
compreso, i lavoratori dovranno lavorare su tre turni giornalieri di otto ore. L’ultima
mezz’ora sarà dedicata alla refezione (il che significa non toccare cibo per almeno
otto ore) l’azienda potrà richiedere 80 ore di straordinario a testa (due settimane in
più di lavoro l’anno) senza accordo sindacale. Le pause saranno ridotte da 40 a 30
minuti, ma soprattutto, è questo uno degli aspetti più odiosi richiesti da Fiat, le
eventuali perdite di produzione a causa di interruzione delle forniture (caso
abbastanza frequente quando la componentistica proviene da tutt’altre aziende a
chilometri di distanza) dovranno essere recuperate o nella mezz’ora di fine turno
(giusto quello della refezione) o nei giorni di riposo individuale, in deroga al
contratto nazionale. Una parte poi del documento Fiat è dedicata alla cosiddetta
“metrica lavorativa”, ovvero al metodo di determinare i movimenti che un operaio
deve compiere per effettuare una certa operazione e i tempi in cui la deve fare,
insomma un sistema computerizzato e meccanizzato atto a spremere fino all’ultima

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