L’UNIONE SINDACALE ITALIANA
Alla vigilia del primo conflitto mondiale fu attraversata, come le altre organizzazioni della sinistra, dal ciclone dell’interventismo. Espulsi coloro che, al suo interno, si erano schierati per l’intervento militare dell’Italia contro l’Austria e la Germania (Alceste De Ambris, Filippo Corridoni e, in un primo tempo, Giuseppe Di Vittorio), l’USI continuò, sotto l’impulso di militanti anarchici quali Armando Borghi e Meschi, a propagandare coerentemente l’antimilitarismo. A guerra conclusa, nel corso delle lotte che portarono il paese molto vicino alla rivoluzione sociale e che vide l’USI in prima fila nell’organizzazione dell’occupazione delle fabbriche (in special modo in Liguria), l’organizzazione raggiunse la sua massima consistenza numerica (circa mezzo milione di iscritti), ma non eguagliò più l’influenza che esercitò nell’anteguerra. Dopo aver avuto rapporti con l’Internazionale rossa di Mosca, finì con l’aderire, alla fine del 1922, all’AIT (Associazione Internazionale dei Lavoratori) cui è affiliata la maggior parte dei sindacati autogestionari esistenti a livello mondiale.
Negli anni venti si oppose al fascismo insieme agli arditi del popolo in una lotta che culminò nella Battaglia di Parma del 1922.
Soppressa nel 1925 dal regime fascista, l’USI-AIT continuò a vivere nell’esilio e nella clandestinità, partecipando alla guerra civile spagnola in appoggio al sindacato CNT-AIT e, attraverso l’impegno dei suoi militanti, alla resistenza antifascista. Nel secondo dopoguerra, con l’avvento della repubblica, coloro che avevano militato nell’USI rinunciarono, inizialmente e su pressione della FAI, a ricostituirla, per collaborare invece alla costruzione del sindacato unitario CGIL. Solo nel 1950, con la rottura dell’unità sindacale, alcuni di loro ricostituirono l’USI-AIT che però, fino alla fine degli anni sessanta, fu realmente attiva solo in poche regioni italiane. Nel corso degli ultimi trent’anni, attraverso numerose traversie, l’organizzazione è stata faticosamente riattivata.
Oggi l’USI-AIT si presenta come sindacato autogestionario, che si caratterizza per la struttura organizzativa libertaria e federalista (sindacato autogestito), per il suo impegno a favore dell’autorganizzazione dei lavoratori (alla quale, ogni qualvolta è possibile, non intende sostituirsi), per la prospettiva in cui si muove, che rimane quella della costruzione di una società socialista e libertaria.
Tra i suoi obiettivi principali figurano la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, un reddito minimo garantito per i disoccupati, la difesa della sanità, dell’istruzione e della previdenza pubblica, la smilitarizzazione del paese.