L’UNIONE SINDACALE ITALIANA CONTRO IL FASCISMO

L’Unione Sindacale Italiana agli inizi degli anni venti è il sindacato che dà vita alla più diffusa e forte conflittualità sindacale e sociale del paese. Liberatosi della corrente interventista è l’unico sindacato antimilitarista che si oppone al primo conflitto mondiale subendo una repressione che lo costringe alla semiclandestinità. l’USI ha tra i suoi esponenti maggiori molti sindacalisti anarchici e l’organizzazione stessa è assembleare, autogestionaria e libertaria.

Protagonista del biennio rosso (1919-’20) e dell’occupazione delle fabbriche e delle terre, l’USI subisce già nel 1920 una pesantissima repressione da parte del potere. In vari assalti della polizia e delle guardie regie, nell’Emilia come in altre regioni, a comizi e mobilitazioni di lavoratori, vengono assassinati oratori e militanti dell’Unione. A Bologna tutto il consiglio generale dell’USI è arrestato, caricato su camion e condotto in carcere.

Lo squadrismo fascista fin dalla prima formazione delle sue bande, si muove per colpire militarmente l’USI, il movimento anarchico e la parte più combattiva del proletariato. Sedi del sindacato vengono una alla volta attaccate con una strategia che vede lo spostamento di squadracce da più parti in un unico territorio che si vuol colpire. Agguati ed attentati colpiscono gli attivisti più in vista.

L’USI risponde ai fascisti colpo sul colpo iniziando una resistenza, anche armata, che anticipa di ventidue anni la lotta partigiana del 1943-1945.

Di fronte all’avanzata dello squadrismo fascista l’USI si organizza a tutti i livelli, anche militarmente oltre che con la radicalizzazione dello scontro sociale. Contro i tentennamenti e le ambiguità di tutti i partiti della sinistra e degli altri sindacati l’USI fa sua la scelta dell’azione diretta e della resistenza e questo va a grande merito dell’Unione che riesce a vedere giusto quando gli altri ancora non vedevano o non volevano vedere.

La strategia di resistenza dell’USI, nata molte volte spontaneamente e nella pratica di autodifesa praticata dalla sua base, si articola su due linee parallele e collegate:

  1. favorire la creazione delle milizie armate antifasciste degli “Arditi del Popolo”. Queste formazioni sono sconfessate ed osteggiate dagli altri partiti e sindacati ma in essa confluirono oltre che anarchici e aderenti USI anche militanti di base comunisti, socialisti, senza partito e addirittura corridoniani e deambrisiani che fecero la scelta dell’antifascismo.
  2. Trasformare le maggiori Camere del Lavoro USI in delle piccole fortezze organizzate per resistere, anche a lungo, agli attacchi degli squadristi dando contemporaneamente ospitalità e protezione agli antifascista in fuga dalle zone già attaccate e conquistate dai fascisti.

La sistematica aggressione parte nella primavera-estate del 1921 in Liguria, Toscana ed Emilia.

Molti sono gli attivisti dell’USI uccisi, feriti o arrestati. Incendiata la CdL di La Spezia al secondo assalto squadrista. Spietata la repressione squadrista contro l’USI del Valdarno. Nel 1922 a seguito di una farsesca montatura poliziesca fascisti, truppe regie e carabinieri occupano la CdL dell’USI di Carrara arrestando e costringendo molti attivisti all’esilio.

Sono attaccate più volte e, nonostante spesso difese con eroica resistenza, alla fine in molti casi occupate o distrutte le CdL USI di Milano (che ospita anche la segreteria nazionale del sindacato, viene incendiata), Brescia, Crema, Mantova, Suzzara, Varese, Vicenza, Rovereto, Savona, Arezzo, Adria, Cerignola, Bari, Minervino Murge, Taranto, Fano, Firenze, Lucca e altre ancora.

A Imola i compagni dell’USI resistono ad aggressioni ed attacchi. Attivisti dell’Unione sono assassinati ma anche dei fascisti sono uccisi negli scontri.

Nonostante l’avanzata fascista in città e l’uccisione di dei nostri compagni resiste a lungo la CdL USI di Livorno presidiata da molti lavoratori armati.

Resiste la CdL di Modena prima di cedere a una spietata repressione fascista.

A Parma l’USI è tra le forze protagoniste della vittoriosa lotta armata del 1922 contro le squadre fasciste confluite in massa per stroncare la resistenza della città e sbaragliate dal popolo armato. Solo successivamente la reazione avrà il sopravvento e la sede dell’Unione distrutta.

A Roma USI e Arditi del Popolo riescono a resistere a lungo rispondendo colpo su colpo ai fascisti, saranno soppressi dopo la marcia su Roma e il colpo di stato.

Incendiata la CdL di Bologna e il locale del gruppo dell’unione Torinese. L’attivista dell’USI Probo Mari è gettato nel Po con le mani legate alla schiena ma riesce ugualmente a liberarsi.

Ma le resistenze più importanti avvengono attorno alle CdL di Piombino e di Sestri Ponente.

Nella cittadella ligure i fascisti, che hanno occupato le sedi operaie delle città vicine, tentano di espugnare la roccaforte dell’USI nel luglio del 1922 che per due anni consecutivi aveva resistito agli attacchi squadristi. Nella fase finale dell’assedio un manipolo armato di attivisti dell’USI sbaraglia più volte le numerose formazioni fasciste: Nonostante la CdL ormai ardesse, i compagni riescono a riconquistarla: Più volte questa CdL continuerà ad essere strappata al proletariato e piu’ volte sarà ripresa dai lavoratori finchè viene definitivamente distrutta dall’invio di forze soverchianti e di truppe regie.

A Piombino l’USI organizza una resistenza che risulta vincente per diversi mesi impedendo alle camicie nere di occupare questa cittadella operaia.

La CdL è trasformata in una vera fortezza operando insieme a un battaglione di Arditi del Popolo nelle cui fila molti sono gli anarchici e gli aderenti all’USI. Vari tentativi fascisti di entrare a Piombino sono respinti e i lavoratori dell’USI e gli arditi riescono anche a contrattaccare prendendo per alcuni giorni il controllo della città. I fascisti più noti sono catturati e le guardie regie, accorse in aiuto degli squadristi, sconfitte e disarmate.

Una nuova offensiva di fascisti e guardie regie porta a rastrellamenti di massa ma l’attacco si arresta davanti alla CdL dove gli attivisti dell’USI riorganizzati disperdono le camicie nere a stento salvate dalle truppe regie. Nell’aprile del 1922 ancora una volta lavoratori dell’USI e AdP sconfiggono i fascisti che vogliono occupare Piombino. Un nuovo terribile attacco avviene il 12 giugno, la città è occupata ma la CdL dell’USI resiste. Per occuparla ci vogliono centinaia di attacchi e un giorno e mezzo di continui combattimenti con numerose vittime.

Una delle ultime sedi dell’USI che continua a resistere a lungo più delle altre è quella del combattivo sindacato minatori di Iglesias.

Il 18 novembre del 1923 il periodico nazionale dell’USI “Guerra di Classe” è soppresso dalle autorità. Nel 1924 l’USI opera ormai nella semiclandestinità (conducendo comunque importanti scioperi e cercando ri ricostruire i sindacati) quando, il 7 gennaio 1925, il prefetto della provincia di Milano decreta lo scioglimento dell’Unione su tutto il territorio nazionale.

Due anni dopo la Cgdl si autoscioglie.
L’intransigenza dell’USI era ben nota allo stesso Mussolini che, nel 1920, commentando un progetto insurrezionale “dannunziano” ebbe ad osservare: “Bisogna dunque fare il possibile perche’ la fulminea marcia su Roma non sia complicata da uno sciopero generale…Ora, per evitare lo sciopero generale o analoghi movimenti di masse e per non essere costretti a reprimerli, occorre, se non convincere i capi, dividerli: il che disorientera’ le masse stesse.
Non si puo’ contare sulla Unione Sindacale Italiana , ma si puo’ contare, sino un certo punto, sulla Confederazione Generale del Lavoro.

Nonostante la clandestinità l’USI continua ad operare sia con nuclei sindacali in aziende e territori sia costruendo una rete organizzativa all’estero. Nel settembre del 1923 è costituita a Parigi una segreteria e un Comitato d’Emigrazione dell’USI. Nonostante la repressione fascista l’USI organizza nell’aprile del 25 un convegno di metallurgici liguri e un convegno sindacalista pugliese. Come risposta allo scioglimento imposto dal fascismo l’USI riesce a svolgere un importante convegno nazionale clandestino a Genova il 28 e 29 giugno 1925 con delegazioni da tutt’Italia e dai sindacati di settore.

Sono in quei primi anni di dittatura fascista oltre 30.000 gli aderenti all’USI costretti all’esilio in varie parti del mondo. Tanti altri sono costretti a una “emigrazione interna” lasciando le proprie località per sfuggire alle rappresaglie squadriste e rifugiarsi in altri luoghi della penisola.

35 sono i secoli di condanne dei tribunali del regime contro i lavoratori dell’USI.

La rete clandestina dell’Unione in Italia opererà con una struttura efficiente fino al 1934 quando subirà un duro colpo a causa di un rapporto dettagliato sulla struttura clandestina che cade in mano all’OVRA.

Nel 1936 gli anarcosindacalisti dell’USI combattono eroicamente in Spagna con la CNT-AIT contro il franchismo e il fascismo che lo sorregge. Italiani dell’USI che sono in esilio in Francia partecipano attivamente alla resistenza francese degli anni quaranta quando il paese è invaso dai nazisti. Infine ritroviamo militanti dell’USI e giovani lavoratori anarcosindacalisti nella resistenza italiana e nelle brigate partigiane libertarie.

Gianfranco Careri

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