VALLO DELLA LUCANIA: IN UN VIDEO I QUATTRO GIORNI DI AGONIA DEL COMPAGNO ANARCHICO?

L’INCHIESTA SULLA MORTE DEL MAESTRO DI CASALVELINO: Mastrogiovanni, in un video i quattro giorni di agonia Acquisito dal pm l’hard disk della stanza di psichiatria. Primi riscontri sui presunti falsi delle cartelle cliniche
Vallo della Lucania. La ricerca della verità sulla morte di Francesco Mastrogiovanni non si è fermata neppure alla vigilia di ferragosto. L’ultimo atto della procura della repubblica di Vallo della Lucania è l’audizione degli infermieri del reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca, in qualità di persone informate dei fatti. Ad essere indagati sono invece i medici che hanno avuto in cura il maestro di Castelnuovo Cilento. Oltre alle modalità della contenzione cui è stato sottoposto Mastrogiovanni, un altro aspetto che gli inquirenti intendono approfondire, ascoltando i sanitari del reparto, è, infatti, se e come il paziente tenuto legato al letto per 4 giorni sia stato alimentato. Con mani e piedi immobilizzati, infatti, non avrebbe potuto assumere cibo e acqua da solo, a meno di non essere aiutato dagli infermieri o di trarre sostanze nutritive esclusivamente dalle flebo. Quando è stata eseguita l’autopsia, lo stomaco di Franco è stato trovato completamente vuoto. Significa che non ha ingerito cibo per un tempo prolungato. C’è poi il giallo dei “buchi” nella cartella clinica, dove non viene mai citato il trattamento di contenzione. Un’altra verifica è quella relativa all’annotazione di una richiesta di elettrocardiogramma che non sarebbe stata mai eseguita. Si deve quindi presumere che l’esame non sia stato mai eseguito. E Franco è morto in conseguenza di un’insufficienza ventricolare sinistra. Ancora, ci sono dieci ore che precedono la morte, senza che sulla cartella sia annotato nessun trattamento, dalle 21 del 3 agosto, quando «dormiva ed era tranquillo», fino alle 7,20 del giorno dopo, quando è stato ritrovato cadavere. Tutti questi elementi potrebbero trovare una risposta dalle riprese video eseguite nella camera di Mastrogiovanni e ora all’esame dei magistrati. Si tratta di un intero hard disk che custodisce, minuto per minuto, gli ultimi quattro giorni di vita del maestro. È stato acquisito dal pm Rotondo, titolare delle indagini, assieme alla cartella del prof e ai documenti del trattamento sanitario obbligatorio, alla base del suo ricovero. Ma i magistrati hanno chiesto anche il rilascio delle cartelle di tutti i pazienti di psichiatria, dal 1° gennaio 2008 ad oggi, per una verifica più ampia. Intanto, le prime certezze sulla morte di Mastrogiovanni potranno arrivare a fine mese, quando saranno consegnati ai consulenti della Procura le analisi dei campioni di organi, tessuti e liquidi biologici, prelevati durante l’esame autoptico eseguito dal direttore del dipartimento di medicina pubblica valutativa, Adamo Maiese. Gli esami tossicologici, effettuati nel secondo policlinico di Napoli, dovranno determinare quali e quanti farmaci gli sono stati somministrati. Le analisi istologiche, invece, cercheranno di svelare quale problema cardiaco e che tipo di edema polmonare lo hanno ucciso. Ci vorranno circa 20 giorni per i primi risultati, ma la consulenza medico-legale chiesta dal pm sarà depositata tra poco meno di 60 giorni. Mentre l’inchiesta procede a ritmo serrato, si susseguono i ricordi delle persone che hanno conosciuto e stimato il “maestro più alto del mondo”, come scrivevano i suoi alunni. Il parroco di Castelnuovo, don Pietro Sacco che giovedì ha celebrato i funerali conosceva Franco da 37 anni, cioè da quando fu detenuto nel carcere di Vallo perché indiziato, e poi scagionato, del delitto Falvella. «Ero all’inizio della mia esperienza di cappellano e lo vidi solo per pochi giorni, prima che fosse trasferito – spiega don Pietro – ma apprezzai i suoi sentimenti nobili, il suo attaccamento al senso della giustizia e l’attenzione che mostrava verso gli ultimi». Il racconto diventa inevitabilmente riflessione sulla sua tragica vicenda umana. «Ci deve insegnare a riscoprire il valore della persona, che va difesa anche e soprattutto nella malattia – dice il parroco – Sulla sua morte spero che si faccia presto piena luce. Mi auguro che non ci siano responsabilità, ma siamo tutti perplessi per un decesso così improvviso e per i segni che lo hanno accompagnato». Il giorno dopo le dichiarazioni rese dai legali dei medici indagati, tornano a parlare i difensori della famiglia del prof. «È prematuro sostenere che non c’è un nesso di causalità tra il decesso e la contenzione – rimarca Caterina Mastrogiovanni – Allo stato l’unica certezza sono quei segni inequivocabili di una prolungata contenzione. I manicomi sono stati aboliti con legge Basaglia e un uso indiscriminato di tale trattamento non è consentito dalla legge. Segni così marcati sul corpo non si spiegano, infatti, con una logica medico-curativa».
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