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LE RAGIONI DELLA MOBILITAZIONE DEL 18 MARZO

Intervento pubblicato sul prossimo numero di Umanità Nova.

 

Sciopero per impedire, prima che sia troppo tardi, quella spirale di morte che inesorabilmente ci sta spingendo nel baratro di un’altra guerra conclamata, in territorio libico, con nuovi lutti nella innocente popolazione, devastazioni e distruzioni, con la crescita esponenziale del terrorismo da parte di tutti i contendenti come sempre avviene. Tutte le guerre intraprese dai governi occidentali sono finite con inevitabili sconfitte, anche quando virtualmente vinte il lascito è stato quello di morti civili, territori senza controllo, alimentazione del terrorismo come lo Stato Isis sta a testimoniare. Eppure continuano imperterriti: l’industria e il commercio della armi è una lobby difficile da sconfiggere e il controllo delle risorse energetiche fa sempre gola. FERMIAMOLI!

 

Sciopero contro lo Stato terrorista turco che continua a massacrare le postazioni Curde che sono il vero baluardo sul territorio di contrasto all’espansione dell’Isis. Questo avviene nel silenzio dei governi occidentali che subiscono il ricatto del governo turco, ma soprattutto perché terrorizzati dal mondo nuovo che le comunità curde, all’interno della lotta di resistenza e di liberazione, stanno esprimendo: il rifiuto del nazionalismo, l’autorganizzazione dei territori dal basso attraverso la pratica del federalismo municipalista, l’eguaglianza di genere che pone le donne partecipe nel processo di emancipazione. Tutto ciò viene percepito come estremamente pericoloso dalle democrazie occidentali che si reggono sul potere politico ed economico e quindi inevitabilmente sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Tutta la nostra solidarietà per quelle comunità curde che esprimono valori così avanzati e tutto il nostro apprezzamento alla comunità curda milanese che ha aderito allo sciopero generale del 18 marzo che merita un posto d’onore nella manifestazione di quella giornata di lotta.
Sciopero contro l’accordo capestro del 10 gennaio 2014 tra sindacati confederali (Cgil, Cisl, Uil e loro simili) e Confindustria sulla Rappresentanza Sindacale o meglio contro tale Rappresentanza per impedire, ai disgraziati firmatari, che non si può più scioperare contro i loro accordi bidone che normalmente vengono sottoscritti.
Sciopero contro il governo nazionale e quelli locali che ordinano ai buttafuori delle forze di polizia quotidianamente lo sgombero di famiglie occupanti per necessità, senza soluzione se non quella della strada. Tutto questo mentre, sotto la spinta della speculazione, si continua a costruire case ovunque, mangiando letteralmente i territori delle nostre città; mentre le case popolari sono spesse devastate dal degrado, molte chiuse ed inutilizzate, di fronte ad un esercito di famiglie in attesa nelle graduatorie infinite.
Un assalto generalizzato di riappropriazione di tutte le case vuote da parte della popolazione dei senza tetto è l’unica soluzione possibile per una concreta rivendicazione del diritto all’abitare.
Sciopero contro tutte le dannose ed inutili spese militari, per la chiusura delle fabbriche di armi da riconvertire, contro le spese pazze per l’acquisto dei micidiali F35 e per la chiusura del Muos in Sicilia, per il ritiro di tutte le missioni militari sparse nel mondo, per il blocco delle grandi opere quali il Tav devastanti il territorio. Sono enormi investimenti sottratti agli asili, alle scuole, al diritto alla salute pubblica e gratuita.


Basta guardare che fine sta facendo la sanità pubblica in regione Lombardia, vantata come un modello virtuoso nel coniugare il pubblico con il privato, dove le strutture pubbliche sono diventate solo terreno di spartizioni politiche, favorendo l’espansione del privato che ha solo l’etica del profitto.

 

Dopo le numerose inchieste della magistratura nei confronti dell’ex governatore Formigoni e soci, dopo i recenti arresti di Mario Mantovani, responsabile della sanità regionale, per truffa continuata, e dei suoi amici, è di questi giorni l’arresto di Fabio Rizzi , fedelissimo di Roberto Maroni e presidente della commissione Salute del Consiglio regionale, il padre della attuale riforma della sanità lombarda basata sulla privatizzazione del servizio, arrestato con altre 15 persone per corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio. Era quello che nel periodo della crisi della Lega per gli scandali in cui era coinvolta, sul palco agitava assieme a Maroni la scopa come simbolo di pulizia interna: pulizia delle casse della regione. Lo slogan di Lega ladrona è più che mai d’attualità.
Sciopero contro il terrorismo di casa nostra. Quello che quotidianamente viene esercitato dal padronato, grazie soprattutto all’opera dei vari governi, così generosi nell’elargire leggi “taglia diritti” per i lavoratori e lavoratrici, frutto di dure lotte e di conquiste costate lacrime e sangue, mentre sono rigidamente schierati nel mantenere, quando non acquisire, i propri privilegi di casta politica. Grazie alle leggi promulgate lor signori si possono permettere di esercitare verso i propri dipendenti un ricatto continuo fino alla regolare espulsione. La chiamano flessibilità, ma si tratta di semplice riduzione di tutele: dai contratti interinali a quello a progetto, a quelli a termine, all’uso delle partite iva, fino allo Yob Act e l’abolizione dell’art. 18, vaste sono le possibilità di scelta per precarizzare il lavoro e facilitare il licenziamento. L’ultima trovata sono i Voucher, che stanno avendo una grande diffusione, utili strumenti per dare copertura al lavoro nero.
Altri strumenti, grazie alle leggi promulgate, consentono la disgregazione della forza lavoro, perché facilitano l’esternalizzazioni di pezzi di azienda, l’utilizzo spregiudicato di appalti e subappalti e quello di pseudo cooperative con lo scopo di annullare i diritti dei dipendenti.
E’ molto eloquente quello che sta avvenendo nella logistica, il settore della distribuzione merci dei grandi supermercati, dove i lavoratori, per la maggioranza immigrati, sottoposti al ricatto del permesso di soggiorno, vengono trattati come schiavi, azzerati nei loro diritti, con la complicità dei sindacati confederali. Ma quando si ribellano, grazie all’appoggio di strutture del sindacalismo di base, con lotte che colpiscono duramente il settore del commercio, durissima è la repressione che si abbatte contro di loro. La proposta che sta rivendicando l’USI è semplice: abolizione delle esternalizzazioni e degli appalti. L’azienda deve essere unica e deve rispondere in prima persona.
Ma un colpo durissimo alla resistenza dei lavoratori e lavoratrici è dato dall’azione speculativa delle grandi aziende che chiudono i battenti per spostare le loro attività in altri luoghi dove lo sfruttamento è più facile e il costo del lavoro è minore, incuranti di lasciare in mezza la strada quei stessi dipendenti che hanno fatto la loro fortuna. Per altro speculano anche sul terreno che rimane libero da ogni attività.
Sciopero per un salario adeguato ed una adeguata pensione. Il blocco nei redditi dei dipendenti che è stato attuato in questi anni, con il pretesto di ridurre il costo del lavoro e rilanciare l’economia, è stato un boomerang, perché l’immiserimento di salari e pensioni è diventato una concausa della crisi, riducendo enormemente i consumi interni. Una crisi che guarda caso colpisce solo i lavoratori e le lavoratrici e la parte più disagiata della popolazione, mente al contrario, lo dimostra le statistiche, fa crescere enormemente le ricchezze ai già ricchi. Il perché è facile a capirsi. Tutte le ricchezze di uno sviluppo tecnico in continua e vertiginosa espansione vengono utilizzate solo per far crescere profitti e contro i stessi lavoratori che questa ricchezza hanno prodotto. L’USI rivendica la reintroduzione di una “scala mobile” effettiva per i salari e le pensioni che preservi dall’aumento del costo della vita.
Se questo descritto è il quadro generale occorre fare un salto di qualità nelle nostre rivendicazioni, alzando l’asticella delle richieste molto di più di quello che fin’ora si è fatto, perché l’alternativa è di rassegnarsi a soccombere. Per riequilibrare i livelli di occupazione occorre una proposta forte quale quella che USI sta sostenendo: la settimana di trenta ore e non più di 30 anni di lavoro per il diritto alla pensione.
Ma anche questo non è sufficiente se non si fa un salto anche sul livello di riappropriazione. Ogni azienda che chiude deve essere un fattore di riappropriazione e di riconversione a produzioni socialmente utili quando è necessario da parte dei stessi dipendenti messi sul lastrico. Sulla scia di quanto è avvenuto in Argentina durante la forte crisi. Sull’esempio della Vio.Me in Grecia dove i dipendenti l’hanno prima occupata di fronte all’abbandono dei proprietari e poi, praticando l’autogestione, l’hanno riconvertita da produzioni quali collanti per piastrelle, altamente tossici, a quella di saponette naturali, raccogliendo la solidarietà a livello internazionale.
Se la nostra prospettiva è quella di un mondo nuovo, senza padroni né servi, per una società autogestita, cominciamo a dare dei segnali in tal senso da subito, per rompere la gabbia delle regole del mercato. Soprattutto evitiamo ancora una volta che dopo la mobilitazione dello sciopero generale tutto ritorni come prima.
Questo sciopero generale può essere l’occasione per allargare il nostro orizzonte oltre la semplice azione rivendicativa, per intravedere un’altra società possibile, dove libertà ed uguaglianza abbiano una coniugazione reale.

Enrico Moroni

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