Richiesta di pubblicazione su “AVVENIRE”

Come è già stato comunicato, il 14 settembre 2022 ci sarà la sentenza di appello sul ricorso dell’azienda ospedaliera “Sacra Famiglia” sulla causa promossa da 60 lavoratori e lavoratrici sostenuti da USI Sanità e Cobas Sanità dove il giudice si era pronunciato sulla illegittimità del passaggio imposto dal contratto ARIS a quello peggiorativo Uneba.

Per tentare di esercitare una pressione mediatica in occasione della sentenza d’appello, che ci sarà a breve, come sezione sindacale dell’Istituto Sacra Famiglia si è deciso di chiedere la pubblicazione al quotidiano cattolico l’Avvenire la comunicazione sulla vicenda che li riguarda. E’ un tentativo che si fa ben sapendo che molto difficilmente tale proposata verrà accolta per ovvi motivi. Per tanto tale comunicazione è stata fatta girare tra i dipendenti, esposta in bacheca sindacale e nei reparti. In occasione della recente messa, all’interno della chiesa della struttura sanitaria da parte dell’arcivescovo di Milano, è stata fatta trovare sui banchi della stessa.

Richiesta di pubblicazione su “AVVENIRE”

Inviamo la presente comunicazione a questa testata giornalistica dell’AVVENIRE, per motivi facilmente comprensibili, con invito alla pubblicazione.

Vogliamo con la presente segnalare i comportamenti di una azienda nell’ambito dell’assistenza sanitaria privata, convenzionata con la sanità pubblica, una struttura ospedaliera, di cura per malati di lunga degenza per riabilitazione, di assistenza per disabili.

La struttura sanitaria si denomina Istituto Sacra Famiglia, con sede centrale a Cesano Boscone, nell’hinterland milanese, in Lombardia.

E’ un’azienda in cui l’azionista di maggioranza è la Curia milanese, il cui presidente è Don Marco Bove.

Un Istituto tenuto in grande considerazione dalla Curia Vescovile dove sovente l’Arcivescovo di Milano si reca per le sue funzioni religiose, in occasione delle quali si fanno grandi elogi alla “Sacra Famiglia” che è stata scelta come “Porta Santa della Misericordia” nel Giubileo 2015-2016.

Cosa invece che non va nella gestione di tale Istituto è presto detto: non vengono rispettati i diritti dei propri dipendenti.

L’Istituto fa parte di quelle strutture sanitarie private, convenzionate con la sanità pubblica, dove i contratti di lavoro sono una vera giungla, uno peggiore dell’altro, scelti dalla parte datoriale a secondo delle proprie convenienze.  Ma non è il solo grosso inconveniente per i dipendenti di tale settore, perché, grazie alle leggi che lo consentono, una stessa azienda può assumere i propri dipendenti con contratti diversi al proprio interno, pur svolgendo le stesse mansioni. Ed è proprio quello che l’Istituto della Sacra Famiglia ha astutamente utilizzato, assumendo i propri dipendenti prima con il contratto ARIS e successivamente, dal 2008 in poi, con un contratto peggiorativo UNEBA. Questa scelta, subita dai propri dipendenti, oltre che provocare discriminazioni di trattamento, ha anche l’aggravante di dividerli, per cui durante i rinnovi contrattuali che avvengono, pur dopo molti anni dalle relative scadenze, i rispettivi lavoratori e lavoratrici non avranno quella unità necessaria per far valere le proprie rivendicazioni.

Ma cosa si è inventata la Direzione Aziendale dell’Istituto della Sacra Famiglia alla fine del 2019, quando stava per scoppiare la pandemia? Il passaggio d’autorità, senza alcun consenso e trattativa, dei dipendenti con il contratto ARIS a quello peggiorativo UNEBA. E guarda caso, proprio quando, si era in presenza di una trattativa sindacale per il rinnovo del contratto ARIS dopo 15 anni che era scaduto. Che tempismo! I lavoratori e le lavoratrici dell’azienda hanno avuto un moto di ribellione, per le perdite che ne conseguivano da questa operazione e nelle assemblee convocate decidevano di intraprendere una forte lotta rivendicativa contro questa imposizione, con cortei interni, presidi esterni, scioperi e manifestazioni di protesta, anche sotto il palazzo stesso della Curia milanese. Ma con il conseguente diffondersi della pandemia, che tutti ben conosciamo, il governo ha vietato ogni forma di sciopero e di mobilitazione nel settore sanitario, costringendo i dipendenti a subire tali ingiustizie senza poter reagire. Di questa situazione si è avvantaggiata la Direzione Aziendale e i sindacati della Cgil, Cisl, Uil ne hanno approfittato nel portare avanti silenziosamente una trattativa, conclusa con un accordo in cui si accettava il ricatto aziendale riducendone le perdite, definendolo il “male minore”.  Ma gran parte dei dipendenti costretti alla sostituzione del contratto di lavoro, erano scontenti dell’accordo raggiunto, perché ci perdevano da un punto di vista salariale, normativo e subivano un aumento delle ore lavorative, da 36 ore settimanali a 38 ore, come impone il contratto UNEBA.

L’Unione Sindacale Italiana della sanità, presente in Sacra Famiglia, non ha accettato questo accordo per i motivi già evidenziati invitando lavoratori e lavoratrici a continuare nella battaglia rivendicativa sostenendo, assieme al Cobas sanità, una causa legale da parte di 60 dipendenti ex ARIS contro la sostituzione imposta del contratto di lavoro. Il giudice che si è espresso nella causa del 14/09/2021 ha riconosciuto la illegittimità della sostituzione del contratto. L’azienda ha rifiutato di applicare la sentenza facendo ricorso in appello che era stato datato dopo 3 mesi, ma come purtroppo spesso accade il giudice ha rinviato il pronunciamento al giorno 14 settembre 2022 disponendo, nel frattempo, di attivare un tavolo di trattativa fra le parti per arrivare ad un accordo per sanare le differenze salariali e contrattuali, tra cui anche l’orario di lavoro, in riferimento al contratto precedente. Ma anche questa volta la Direzione Aziendale rifiuta di partecipare al tavolo di trattativa su tale materia. Pertanto il 14 settembre 2022 il giudice d’appello si dovrà pronunciare anche in base al comportamento dell’azienda.

Oltre ai diretti interessati ricorrenti c’è molta attesa sul pronunciamento in appello anche da parte di tutti i dipendenti dell’Istituto Sacra Famiglia.

La domanda secca che poniamo: è accettabile eticamente il comportamento della Curia Milanese, quale azionista di maggioranza in Sacra Famiglia, che non ha rispetto per i diritti basilari dei dipendenti di tale Istituto?

Ci rivolgiamo anche ai politici di turno che governano questo Paese: come è mai possibile mantenere in piedi una siffatta giungla di contratti nel settore della Sanità Privata, peggiorativi rispetto al contratto della Sanità Pubblica, per giunta senza regole definite.

Per ultimo ci piacerebbe sentire anche cosa ne pensa a tale proposito l’attuale Papa: è facile parlare di diritti dei lavoratori e lavoratrici quando ci si riferisce agli altri datori di lavoro, senza badare a ciò che avviene a casa propria.

Unione Sindacale Italiana Sanità

USI CIT – Sezione sindacale nell’Istituto Sacra Famiglia Cesano Boscone  01/09/2022

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