“OPZIONE DONNA” NEGATA DAL GOVERNO MELONI

Nella campagna elettorale i vari rappresentanti del centro-destra, da Salvini a Berlusconi alla Meloni, gareggiavano nel promettere migliori condizioni per le pensioni, contestando la legge Fornero.

L’ Opzione Donna, una normativa che da circa 15 anni viene confermata dai vari governi, prevede di andare in pensione con 58 anni di età e 35 anni di contributi per le dipendenti e 59 anni per le partite iva.

Era l’unica misura che c’era a favore delle lavoratrici, seppure penalizzante, rinunciando fino ad un terzo della retribuzione pensionistica.

E’ incredibile e vergognoso che l’attuale governo, con la Meloni tanto decantata come prima donna a ricoprire l’incarico di Primo Ministro, pur confermando l’Opzione Donna nella Finanziaria del 2023, l’ha praticamente svuotata. Sono state poste delle limitazioni tali per cui, mentre nel 2022 ne hanno usufruito 23.812 lavoratrici, nell’anno in corso ne saranno escluse circa 20 mila. E’ come se questa norma fosse cancellata.

La giustificazione da parte del Ministro del Lavoro Marina Calderone, un’altra donna del governo, per il drastico taglio è stata che le risorse sono limitate, per cui sono stati stanziati solo 21 milioni di euro a fronte dei 111 milioni stanziati nel 2022, quindi 90 milioni in meno.

Va evidenziato che nella legge di Bilancio è stato inserito un emendamento “salva-calcio” impegnando 900 milioni di euro a favore delle associazioni di serie A.

L’8 febbraio ci sarà un incontro tra il Ministro del Lavoro con Cgil, Cisl, Uil in materia di pensioni. In quella occasione il Comitato Opzione Donna che si è costituito organizza una manifestazione di protesta a Roma sotto il Palazzo del Ministero per rivendicare il ripristino integrale della normativa.

E’ nostra convinzione da sempre che le mobilitazioni per essere efficaci debbono essere sostenute anche da iniziative di sciopero.

La Segreteria e Commissione Esecutivo (USI CIT) Unione Sindacale Italiana                                                

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