Koper, Slovenia


Lavoratori del porto in festa

Sabato 6 giugno si è svolta, nei dintorni di Koper (Slovenia), l’annuale festa del più forte sindacato dei portuali di Koper, lo SZPD (Sindikat Žerjavistov Pomorskih Dejavnosti).

La festa si è sviluppata lungo tutta la giornata, dalla tarda mattinata fino all’alba del giorno dopo, e ha visto la partecipazione di centinaia di persone. Oltre ai portuali sloveni e alle loro famiglie, erano presenti lavoratori del porto da tutta Europa, intervenuti per i forti legami di solidarietà stretti negli anni e per gli obiettivi comuni. Infatti lo SZPD fa parte dell’International Dockworkers Council, una confederazione internazionale di sindacati portuali basata su metodi assembleari e conflittuali e sul principio dell’internazionalismo, che riunisce associazioni sindacali di tutto il mondo.

Oltre ai lavoratori del porto, l’invito a partecipare è stato esteso anche ad altre categorie, come ad esempio i minatori sloveni, che attualmente stanno conducendo una lotta contro la chiusura delle miniere e il licenziamento dei lavoratori.
La festa è stata interamente finanziata tramite la cassa del sindacato, che vive solo grazie alle quote degli iscritti e non gode di sovvenzioni statali né da privati.

Alla festa sono stati espressamente invitati anche l’USI-AIT e il gruppo anarchico Germinal di Trieste, grazie alle proficue relazioni costruite in questi ultimi anni. Ad esempio nel 2013 alcuni aderenti allo SZPD sono intervenuti a Trieste per raccontare la propria lotta contro la privatizzazione del porto di Koper e per scambiare esperienze e prospettive, e successivamente hanno partecipato anche al corteo triestino del Primo Maggio, all’interno dello spezzone libertario.

Quello di sabato è stato un bel momento conviviale, che ha visto il rafforzamento delle relazioni e della stima reciproca, in una prospettiva internazionalista e di solidarietà attiva.

Come agisce il Sindikat Žerjavistov Pomorskih Dejavnosti?

Lo SZPD nasce nel 2006, e viene formalizzata come associazione sindacale nel 2007.
Al suo interno non vi sono presidenti né rappresentanti pagati. Le decisioni vengono prese solo in assemblea e vi sono sei portavoce (che non hanno diritto di voto all’interno dell’assemblea) delegati a trattare con la direzione secondo quanto stabilito dall’assemblea stessa.
Coloro che devono sostenere delle spese vengono naturalmente rimborsati ma non vi è alcun funzionario pagato: tutte le quote sono destinate alla lotta.

Nel 2011, di fronte alla volontà dello stato sloveno di avviare la privatizzazione della propria quota di proprietà del porto di Koper, i lavoratori si organizzano e il sindacato cresce: centinaia di dockers prendono la tessera e si mobilitano, riuscendo a evitare la privatizzazione e i licenziamenti e anzi ottenendo tre posti (su nove) nel consiglio di amministrazione e la maggioranza nel consiglio dei lavoratori.
Attualmente ha più di 400 iscritti (su circa un migliaio tra operai e personale amministrativo).
Attraverso le lotte i lavoratori hanno ottenuto paghe più alte della media slovena, straordinari pagati e maggiore sicurezza sul lavoro, oltre a un peso notevole nelle decisioni di gestione e organizzazione del porto.

Autogestione e conflitto

In Slovenia non vi è una lunga storia sindacale di lotta contro il padronato e le classi dirigenti. Il modello jugoslavo di sindacato statale è ancora troppo vicino e le grandi organizzazioni sindacali attive nel piccolo paese (sono due, Zveza Svobodnih Sindikatov Slovenije e la più piccola Konfederacija Sindikatov 90) non si sono mai smarcate da quel modello. Perciò è estremamente positivo che esistano sindacati conflittuali e autogestionari attivi e partecipati da parte dei lavoratori, e benché attualmente le esperienze di questo tipo siano limitate, stanno con il tempo crescendo e acquisendo peso e fiducia tra i lavoratori. Anche per questo rafforzare le relazioni internazionali e il confronto non può che fare bene, così come far conoscere queste esperienze anche all’esterno è un contributo alla loro crescita e sviluppo.

r.v.

Articolo pubblicato sul settimanale Umanità Nova

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