Filippo Corridoni

La gioventù

Il padre Enrico era operaio in una fornace. Grazie all’aiuto di un prozio francescano e predicatore ricevette un’infarinatura di cultura umanistica, venne avviato al lavoro di fornace dopo le elementari, ma, dotato di vivissima intelligenza, proseguì gli studi, anche grazie ad una borsa di studio presso l’Istituto superiore industriale di Fermo. Si appassionò alle letture su Carlo Pisacane, Giuseppe Mazzini e Carlo Marx, ed iniziò così ad evidenziarsi il suo carattere proteso alla difesa dei più deboli.

Le prime lotte

Nel 1905 a Milano, metropoli in fermento per la nuova fase di rivoluzione industriale, trovò lavoro quale disegnatore tecnico presso l’industria metallurgica “Miani e Silvestri”.
Divenne segratario della sezione giovanile del Partito socialista di Porta Venezia e fondò con Maria Rygier, giovane anarchica, avvicinandosi così sempre più alla corrente sindacalista rivoluzionaria, il giornale Rompete le Righe, che per la sua natura espressamente antimilitarista gli fruttò cinque anni di detenzione. Uscì grazie ad un’amnistia riparando a Nizza. Fu presente a Parma nel 1908 per gli scioperi dei braccianti, sotto il nome di Leo Celvisio, a ricordo della rocca di San Leo, fortezza papalina dove venivano rinchiusi soprattutto i detenuti politici (singolare similitudine con Lenin che assunse il suo sopranome dal fiume Lena, nelle vicinanze di uno dei luoghi di una delle sue numerose detenzioni).
Nel contempo conobbe Alceste De Ambris, ed ebbe inizio fra i due una durevole e salda amicizia, come anche col fratello di Alceste, Amilcare. Quest’ultimo sposò in seguito la sorella di Corridoni, divenne segretario del sindacato metalmeccanico fascista e fu fra i difensori di Parma che fronteggiarono l’attacco degli squadristi di Italo Balbo assieme agli arditi del Popolo ed alla Legione Proletaria Filippo Corridoni.

L’agitazione

Scrisse sul giornale L’Internazionale, organo della Camera del Lavoro “sindacalista rivoluzionaria” di Parma, poi pubblicato anche a Milano e Bologna: oltre ai fratelli De Ambris,si occupavano del giornale Michele Bianchi, Paolo Mantica, Tullio Masotti, Umberto Pasella, Cesare e Romualdo Rossi, Angelo Oliviero Olivetti, ed altri esponenti del sindacalismo rivoluzionario, che si ritroveranno, almeno in parte, nei Fasci d’Azione Internazionalista. La polizia lo identificò a causa della sua forte partecipazione alle iniziative poltiche e Corridoni dovette fuggire a Lugano, “Patria degli Anarchici”, come ricorda una delle più famose canzoni dell’anarchia. Nel biennio 1909-10 gli fu possibile rientrare nel Modenese grazie ad una nuova amnistia e dirigere la Camera del lavoro di San Felice sul Panaro, tentando una improbabile sintesi fra le posizioni rivoluzionarie e quelle riformiste del proletariato socialista; propendendo per le posizioni rivoluzionarie, l’operazione non riuscì e Corridoni venne emarginato dal movimento sindacale in cui prevalse l’ala riformista.
Dopo un altro arresto (Corridoni fu arrestato circa trenta volta nella sua pur breve vita), fondò Bandiera Rossa, giornale poco fortunato, passò quindi a collaborare con due testate dirette da Edmondo Rossoni, l’una evoluzione dell’altra: Bandiera Proletaria e Bandiera del Popolo, la cui stessa nomenclatura indica uno spostamento dalle posizioni di classe a posizioni più mediate in riferimento alla lotta di classe.

Un sindacalista rivoluzionario e avverso ai conflitti coloniali

Sconfitto nel tentativo di innescare principi rivoluzionari nel sindacato si traferì a Milano e nel 1911-12 riprese la sua operazione con la classe operaia, tentando di introdurre nel sindacato il metodo organizzativo che basato sull’unità produttiva e sul ruolo qualificato dell’addetto: questo metodo, era il suo pensiero, avrebbe portato a nuovi tipi di relazioni industriali, ma nel contempo introdotto un principio interclassista dal punto di vista politico. Nonostante tale metodo non avesse fatto proseliti Corridoni fu riconosciuto come uno dei capi del sindacalismo rivoluzionario di Milano.
Al tempo della guerra di Libia Corridoni prese posizioni nettamente contrarie al conflitto; in seguito prese parte a Modena al congresso istitutivo dell’Unione Sindacale Italiana (USI), scissione della Confederazione generale del Lavoro (CGdL), il sindacato confederale legato fortemente al partito socialista. Tutta una serie di personaggi di spicco passarono all’USI, dai fratelli De Ambris a Giuseppe Di Vittorio, che fu con gli Arditi del Popolo fra i difensori della Camera del Lavoro di Ancona: Di Vittorio fu uno dei pochi a ricordare Corridoni fra i padri del sindacato italiano, di cui parlava con ammirazione. L’USI ebbe numerose adesioni a livello nazionale, in particolare a Genova, dove le camere del lavoro più importanti, come quella di Sestri Ponente, passarono in gran parte dai confederali all’USI.

Diventato responsabile dell’Unione Sindacale Milanese (USM), associata all’USI, da lui costituita a Milano con la stretta collaborazione dei fratelli De Ambris, organizzò una serie di scioperi ed ottenne l’adesione al sindacato USM dei sindacati metallurgici, dei gasisti, dei lavoratori del vestiario, dei tappezzieri di carta e dei decoratori: furono anni di intensa collaborazione coi De Ambris quelli fra il 1913-14, in cui venne appoggiato nella sua azione dall’allora direttore dell’Avanti, Benito Mussolini.

Ritornò nuovamente in carcere quale autore dell’opuscolo Riflessioni sul sabotaggio; uscito dal carcere ritrovò l’USM fortemente indebolita ed attaccò Mussolini tramite articoli sull’L’Internazionale per sopravvenuti dissensi, fino alla “settimana rossa” di Ancona del 1914, dopo la quale, vista la sua notorietà di infaticabile agitore e trascinatore venne attaccato vivacemente dal Corriere della Sera.

La conversione all’interventismo

Arrestato dopo il fallimento della “Settimana Rossa”, intraprese il percorso, basato sull’ipotesi che una sconfitta delle potenze reazionarie e retrograde per lui rappresentate dagli Imperi centrali avrebbe aperto nuove dinamiche per uno sbocco rivoluzionario, che lo portò all'”interventismo di sinistra” e a fondare i Fasci d’Azione Internazionalista insieme a Decio Bacchi, Michele Bianchi, Ugo Clerici, Alceste De Ambris, Amilcare De Ambris, Attilio Deffenu, Aurelio Galassi, Angelo Oliviero Olivetti, Decio Papa, Cesare Rossi, Silvio Rossi, Sincero Rugarli, Libero Tancredi.

Nel 1915 Corridoni continuò nella propria azione di interventista e sindacalista organizzando scioperi dei gasisti, nel contempo su iniziativa di Mussolini nacquero i Fasci d’Azione Rivoluzionaria, gruppo che rinserrò ed organizzò i ranghi dell’interventismo di sinistra ed evoluzione dei Fasci d’Azione Internazionalista: le personalità sindacaliste rivoluzionarie e di sinistra si accodavano così alla campagna sostenuta dalla borghesia italiana, e diretta dalle colonne del Corriere della Sera, volta ad orientare verso la partecipazione alla guerra le operaie e gli intelettuali; Corridoni stesso si recò a Parigi, grazie all’intressamento del Ministro del lavoro francese, cercando di orientare i lavoratori italiani verso simpatie filofrancesi con l’intento di avere condizioni vantaggiose per i lavoratori stessi: Ovvero il pluripregiudicato Corridoni ha una libertà d’azione veramente singolare.

Al ritorno fu di nuovo brevemente arrestato per una vecchia imputazione ma ebbe il tempo di scrivere in carcere Sindacalismo e Repubblica in cui sono espresse idee guida circa una futura repubblica a democrazia diretta ed “antipartitica”. La sua azione era ormai parallela a quella di Benito Mussolini, con comizi per l’interventismo, l’atmosfera ideale per tutta una serie di intellettuali, sindacalisti rivoluzionari, socialisti rivoluzionari ed interventisti di sinistra fu quella delle radiose giornate di Maggio di Gabriele D’Annunzio.

Morte di Corridoni

Corridoni partì volontario, ma era minato dalla tisi, che lo affliggeva da anni,per cui fu assegnato ai servizi di retrovia; ciononostante insisté per essere inviato al fronte: ci riuscì e partecipò ai combattimenti sul Carso, dove trovò la morte per ferita d’arma da fuoco in seguito a un assalto alla trincea austriaca. Risultò così profetica la sua affermazione eroica: “Morirò in una buca, contro una roccia o nella corsa di un assalto ma, se potrò, cadrò con la fronte verso il nemico, come per andare più avanti ancora!”. Venne decorato alla memoria con medaglia d’argento al valor militare, decorazione che Benito Mussolini fece convertire in medaglia d’oro nel 1925.

Strumentalizzazione della figura di Filippo Corridoni

Anche se la sua memoria per la maggioranza delle persone è collegata al fascismo, giova ricordare che Corridoni fascista non lo fu mai (morendo peraltro assai prima dell’avvento del fascismo), pur essendo la prima persona in assoluto che Mussolini stesso definì “fascista” (in quanto appertenente ai Fasci d’Azione Rivoluzionaria) nel suo discorso funebre sul Popolo d’Italia e pur appoggiando Benito Mussolini, anche finanziariamente, quando dal 1914 al 1915 il movimento di Mussolini poteva ancora essere considerato di sinistra. ( il fascismo ha le sue radici nella sinistra.
Anche oggi purtroppo assistiamo a forze politiche e sindacali che richiamandosi ai valori della sinistra in realtà operano contro le classi lavoratrici e a favore dei grandi gruppi economici e dei vari governi succedutisi negli ultimi 25 anni, vedi lo scippo del TFR e l’accordo del 21 luglio sul WELFARE, gli accordi sul contenimento salariale degli anni 90, la legge antisciopero voluta espressamente dalla sinistra, l’impianto del precariato voluto sempre dalla sinistra cosidetta riformista e benedetta dal sindacato confederale, ecc…)

Si ricorda ancora che la Legione Proletaria Filippo Corridoni (corridoniani) combattè le squadre fasciste di Italo Balbo a Parma, battendosi a fianco degli Arditi del Popolo. Giuseppe Di Vittorio, capo storico del sindacato C.G.I.L., e proveniente dalle file del sindacalismo anarchico era uno dei pochi a ricordare l’importanza della figura di Corridoni per la formazione delle strutture sindacali in Italia, in quanto proprio a causa della strumentalizzazione della sua figura da parte del regime fascista, Corridoni risultava personaggio scomodo.

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