18 dicembre 1922 – 18 dicembre 2015

In memoria di Pietro Ferrero


 

Nel rievocare gli avvenimenti che portarono nel 1920 all’occupazione delle fabbriche e gli uomini che ne furono protagonisti diretti, è giusto ricordare questo nostro compagno ed il contributo di passione e di azione che Egli vi profuse ed è doveroso rendere omaggio a chi con il proprio sangue sigillò tutta una vita di dedizione all’idea anarchica, consacrandosi interamente alla redenzione degli sfruttati.

 

Pietro Ferrero nacque a Grugliasco Torinese il 12 maggio 1892 da famiglia operaia. Già il padre era fondatore di una delle più antiche cooperative di lavoro: la Cooperativa Lime. Alla morte prematura del genitore dovette provvedere al sostentamento della madre, che adorava, e dei quattro fratelli di minore età.

 

Entrò nel movimento giovanissimo attratto dalla bellezza dell’ideale che doveva sostanziarne l’intera esistenza. Aderì tra i primi al Circolo di Studi Sociali, poi Scuola Moderna, sorto nel 1911 alla Barriera di Milano, diventandone ben presto segretario diligente e attivo.

 

Il nostro movimento lo ebbe da allora sempre attivissimo: dalla protesta per l’assassinio di Francisco Ferrer alla Settimana Rossa, dalla opposizione alla prima guerra mondiale – culminata nei moti dell’agosto 1917 – alle prime lotte contro il fascismo.

 

Naturalmente non poteva estraniarsi da una sana attività sindacale, Lui che viveva nel cuore del più agguerrito complesso operaio di fabbrica, e la Sua attività rifulse specialmente negli anni 1917/22 ispirata sempre ai concetti dell’azione diretta.

Già nel 1911 troviamo Pietro Ferrero nel Sindacato Metallurgico, aderente alla Unione Sindacale Italiana, che ebbe parte notevole negli scioperi contro la guerra di Libia del 1911/12. Dopo lo scioglimento di questo aderì alla FIOM portando la parola e l’azione degli anarchici nell’organizzazione che maturò, nel 1919, il trapasso degli organi direttivi della sezione locale (ovvero di Torino) dalle mani dei riformisti a quelle dell’elemento rivoluzionario.

Una memorabile assemblea di Commissari di Reparto nominò infatti Pietro Ferrero segretario degli operai metallurgici torinesi.

 

I Commissari di reparto formavano, com’è noto, l’ossatura di quei gloriosi Consigli di Fabbrica intesi da Ferrero come validi strumenti di azione diretta e nel contempo cellule di un sistema produttivo articolato senza l’ingerenza del potere politico.

 

A malincuore Ferrero lasciò il suo posto di meccanico alla FIAT Grandi Motori dove era membro della Commissione Interna, e accettò la più pesante responsabilità come un obbligo morale.

 

Gli avvenimenti che seguirono e la parte preponderante che ne ebbe la sezione metallurgica testimoniarono sufficientemente dell’efficacia dell’opera ch’Egli diede e dell’impulso che seppe imprimere al movimento operaio rivoluzionario di allora.

 

Lo sciopero generale dell’aprile 1920 scosse tutto il Piemonte e fu esempio classico di unità d’azione tra operai e contadini. L’occupazione delle fabbriche segnò il momento culminante della sua attività di Anarchico Sindacalista. La sua azione fu sempre coerente e, indifferente ad ogni pericolo personale, spostandosi giorno e notte da una fabbrica all’altra per mantenere il contatto fra gli operai armati, non esitava al suo posto di responsabilità a sostenere l’azione risolutiva respingendo ogni compromesso. Egli quasi presentiva il tradimento delle alte sfere confederali.


Al Convegno di Milano indetto dalla FIOM per ratificare la decisione di sgomberare le fabbriche in seguito all’accordo D’Aragona-Giolitti, Pietro Ferrero si oppose strenuamente, consapevole delle gravissime conseguenze che ne sarebbero derivate al proletariato e ribadì le parole ammonitrici di Errico Malatesta: “Se gli operai traditi abbandoneranno le fabbriche si aprirà la porta alla reazione e al fascismo e sarà cancellata in Italia ogni traccia di libertà perun lungo periodo di tempo!”. E fu così.

 

Pietro Ferreo continuò a lottare fino all’ultimo contro il fascismo e la reazione trionfante senza mai ammainare la bandiera che gli anarchici e gli operai torinesi avevano affidato alle sue mani.

 


Fermo davanti alla morte cadde per mano fascista il 18 dicembre 1922, dopo aver subito crudeli sevizie. Anche dopo la morte il nemico non perdonò al nostro Pietro. Le memori parole scolpite da un compagno di fede sulla piccola bianca lapide furono divelte dagli sbirri, nella vana illusione che il nome ed il ricordo del Nostro Martire fossero cancellati per sempre. (cfr. Maurizio Garino – supplemento al numero 39 di Umanità Nova – settembre 1954)

(…) Il funerale di Piero Ferrero segretario provinciale della FIOM di Torino era presto, alle otto. E allora ci troviamo lì, al cimitero, eravamo cinque uomini, undici donne, compresa mia moglie. Ecco, io ho poi commentato in certe interviste, con più di ventimila organizzati dalla FIOM, non c’era un rappresentante della FIOM. (…)” Eccolo l’effetto del terrore fascista.(Maurizio Garino citato da Marco Revelli)

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