18° congresso USI

Il Comitato organizzatore del Congresso (la sezione di Ancona) ha inoltrato richiesta a Licia Pinelli, vedova di Giuseppe Pinelli, di partecipare al 18 Congresso dell’USI, per ricordarlo e riaprire quel capitolo mai chiuso.
Ci ha risposto così:

25 aprile 2008-

Innanzi tutto ringrazio tutti i congressisti e i promotori di questa iniziativa, a cui purtroppo non posso essere presente per motivi di età e di salute.
Sono contenta che vi ricordiate di Pino, che fece parte dell’Unione Sindacale Italiana negli anni ’60 e che anche voi, come me, sentiate la necessità, a tanti anni di distanza, di non considerare chiusa con una sentenza di “malore attivo”, la morte di una persona che aveva fatto della non violenza e dell’anarchia la sua ragione di vita.
Vi sono grata inoltre poiché condividete con me e i miei familiari, la stessa indignazione per la recente campagna di stampa che tende a far passare per vittime innocenti ben altri personaggi, da noi conosciuti non come padri di famiglia esemplari, ma come funzionari di polizia che si comportarono come tali, infangando il nome di mio marito accusandolo di essere responsabile di strage, trasformando così un anarchico, pacifista e esperantista, in un “mostro”.
Vorrei concludere riportando alcuni passi di una lettera scritta da Pino, proprio il 12 dicembre 1969, a un, allora, giovane anarchico in carcere, in attesa di giudizio, per le bombe del 25 aprile ’69 alla Fiera di Milano e poi assolto con formula piena, con tutti i suoi compagni:”.L’anarchismo non è violenza, lo ripetiamo, ma non vogliamo nemmeno subirla, esso è ragionamento e responsabilità.”.
Vi auguro buon lavoro e vi ringrazio nuovamente
Licia Rognini Pinelli
 

 
Strategia dell’Unione Sindacale Italiana
“SITUAZIONE SINDACALE NAZIONALE. PIATTAFORMA SINDACALE DELL’USI E SUA STRATEGIA PER APPLICARLA.
Allo stato attuale registriamo un sempre maggiore attacco da parte padronale, in termini di precarizzazione e flessibilizzazione dei rapporti di lavoro, con ricadute su garanzie sociali, orari di lavoro, salario e sicurezza.

Sempre da parte padronale c’è l’attacco alla contrattazione nazionale a favore di una contrattazione locale o individuale, privilegiando forme di salario accessorio e variabile (straordinario ed incentivo) e puntando alla loro detassazione. Perseguendo, quindi, gabbie salariali che, inevitabilmente diverranno gabbie dei diritti.

A questa situazione non corrisponde una reale presa di coscienza delle masse di popolazione e/o sfruttati.
Anche nella sinistra istituzionale si registra un accoglimento di tale politica.
Le OOSS confederali concertative sono state oggetto di una forte trasformazione che le ha fatte diventare delle compagini con forti interessi economici, vedi gestione del TFR.

Anche la FIOM, con la firma dell’ultimo CCNL Metalmeccanici, accettandone l’allungamento della durata e la riduzione dei diritti, ha dimostrato di essersi asservita a tali logiche.
Il grosso del sindacalismo, cosiddetto, di base, si sta avviando ad essere un sindacato di servizi, se la CUB vuole essere la CGIL dei poveri, non possiamo cadere nella trappola di essere la CUB dei poveri.

Per quanto riguarda il lavoro dipendente, riteniamo possibile cercare di allargare gli spazi dei diritti e la capacità conflittuale nei lavoratori, veicolando pratiche libertarie, autogestionarie ed assembleari.

La Piattaforma dell’USI dovrà osare ed avanzare obiettivi chiari e precisi da perseguire:
-Aumento generalizzato di salari e pensioni, uguaglianza di entrambi: è inconcepibile pensare che un pensionato debba vivere con minori risorse economiche.

-Perseguire un reale cambiamento delle condizioni di lavoro, affinché lo stesso non sia più una maledizione divina.
-Combattere, fino alla sua scomparsa, qualunque forma di precarietà, che sono fonte di: minori diritti sia economici che normativi, maggiori rischi di infortuni, strumento nelle mani dei padroni per combattere la conflittualità dei lavoratori non precari.
-Migranti. Superamento del legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno. Chiusura dei CPT ed effettiva tutela dei profughi. Abolizioni di leggi discriminatorie e razziste come la Bossi-Fini o Turco-Napolitano. Riconoscimento dei diritti acquisiti, in virtù dell’aver versato contributi in Italia, anche in caso di non permanenza in Italia.

L’USI dovrà tentare la maggiore sensibilizzazione possibile affinché i lavoratori migranti comprendano e abbraccino i valori fondanti dell’Unione.
-Sulla guerra si ritiene necessario arrivare alla proclamazione di una giornata internazionale contro tale sciagura.
-Sicurezza sui posti di lavoro. Assistiamo ad un aumento del numero di infortuni ed alla mancata denuncia di molti di essi, soprattutto quando le vittime sono migranti o lavoratori con assunzione non regolare. Questo aumento del numero dei morti a seguito di infortuni sul lavoro, è ancora più grave se si considera il fatto che a fronte di una maggiore qualità nell’assistenza medica, molti infortuni che solo alcuni anni fa avrebbero avuto come esito la morte oggi diventano invalidità, spesso gravi e permanenti.

Il D.Lgs 626 e la normativa successiva non sono la soluzione ai problemi legati alla sicurezza sul posto di lavoro. Si deve articolare una lotta per la sicurezza e contro la produzione o l’utilizzo di sostanze nocive, sia nei posti di lavoro che più in generale nella società. Ai padroni costa meno avere degli infortuni che prevenirli, le cosiddette “morti bianche” sono degli “omicidi bianchi”, dove c’è un omicidio c’è, almeno, un assassino.
-Abolizione di leggi e protocolli che hanno ridotto o azzerato diritti dei lavoratori (ad es. accordo del 23 luglio 2007).
-Difesa della contrattazione nazionale che, al di là dei suoi contenuti attuali, dovrebbe servire a garantire realtà o piccoli posti di lavoro, con scarsa forza contrattuale.

Anche se non firmiamo contratti capestro, sarebbe opportuno che le varie realtà settoriali proponessero bozze alternative di contrattazione (sia nazionale che aziendale) in base alle quali cercare di allargare il consenso tra i lavoratori.
Quanto sopra, se può apparire riformista e non rivoluzionario, lo è nel senso autentico del termine: riformare, riformare alle radici per ottenere un cambiamento reale che è rivoluzionario.
La strategia dell’USI è necessariamente conflittuale, non può abdicare a strategie di tipo concertative; la regolamentazione di salari e norme deve essere frutto di un conflitto.”
“L’USI, per la sua natura libertaria e sindacalista rivoluzionaria è un soggetto unico nel panorama sindacale e politico italiano. Oltre ad organizzare i lavoratori sul piano della rivendicazione degli interessi di classe l’USI rappresenta una forza di emancipazione e quindi di trasformazione sociale in senso libertario ed autogestionario.

Nei rapporti con gli altri sindacati questa premessa porta la nostra Unione ad avere due linee parallele di azione:
a) mantenere intatta la sua autonomia e le sue caratteristiche.

b) Ricercare la massima unità possibile con gli altri sindacati per ottenere risultati vincenti nelle lotte.
La nostra Unione quindi non potrà mai confluire in altri organismi e contenitori intersindacali. Potrà solo sviluppare accordi e patti per raggiungere obiettivi determinati e precisi.

L’unità nelle lotte invece deve essere perseguita dal nostro Sindacato con ogni mezzo per poter ottenere risultati concreti nei conflitti (sempre più difficili altrimenti da raggiungere nella fase attuale) e per ricreare quel tessuto di solidarietà tra lavoratori (e anche con chi lavoro non ha) distrutto dalla politica padronale, governativa e sindacale concertativa.
Esperimenti di intervento unitario intersindacale organizzato, sia sul piano territoriale che aziendale, possono essere proposti dall’USI alle altre componenti con strumenti nuovi (ad esempio Camere del Lavoro Unitarie cittadine, Circoli Popolari o Case dei Popoli, ecc.).

A livello di Sindacati nazionali di settore rimane fermo il concetto che saranno essi solo a stipulare eventuali patti od alleanze con altri Sindacati nazionali di settore che essi autonomamente riterranno più vicini per intraprendere lotte unitarie e dar vita a piattaforme rivendicative comuni.
Un aspetto a parte è quello degli scioperi nazionali indetti dal sindacalismo cosiddetto di base (in genere due canonici, uno a luglio e l’altro a fine d’anno).

Gli scioperi vanno invece usati in maniera seria e, possibilmente cercando di portare a casa qualche risultato per i lavoratori che non sia solo quello di aver pubblicizzato questa o quella sigla.
Essi quindi devono nascere e condotti non dai tavoli di accordi tra segreterie neoburocratiche ma dal lavoro realmente di base (e con pari dignità tra le varie organizzazioni), dalle assemblee aziendali e dalle camere del lavoro intersindacali. Così gli scioperi non si possono ridurre a una sola giornata di astensioni a macchia di leopardo e di qualche corteo (le cui presenze numeriche, con una consuetudine ormai rituale, vengono ingigantite e vendute dalla CUB al di là di ogni limite di decenza). Gli scioperi vanno inquadrati all’interno di una vasta mobilitazione su obiettivi precisi e sentiti dai lavoratori e vanno articolati con iniziative diffuse e continue d’azione diretta che vadano ben oltre le normali passeggiate di rito.

Riprendersi i diritti vuol dire anche avere il coraggio di sfidare le attuali norme liberticide che stanno limitando e spegnendo le lotte. Scioperi spontanei e “selvaggi” coordinati e diffusi. Scioperi che durino più giorni e colpiscano gli interessi delle controparti e che portino al cancellamento della L. 146 e successive modifiche. Queste sono le vecchie armi proletarie del passato, perché non lo possono essere per il futuro?!

Riteniamo necessario ricostruire quel tessuto mutualistico nel sociale che nel passato rese possibili e vincenti dure e lunghe battaglie.
Sulla questione dei rapporti con gli altri sindacati giudichiamo infine positiva la scelta fatta per lo sciopero generale del 9 novembre 2007 in cui l’USI, penalizzata dalle scorrettezze continue delle dirigenze degli altri sindacati, si è ripresa la sua libertà d’azione proclamando autonomamente lo sciopero generale in concomitanza con quello indetto dagli altri sindacati di base.

Sui rapporti più ravvicinati con gli altri sindacati dobbiamo constatare una progressiva accresciuta nostra lontananza da una Cub-RdB sempre più vicina ai modelli confederali riformisti (e all’ottica dei sindacati di servizio) e sempre più distante da una logica di base e di conflittualità di classe. Così come siamo sempre più lontani da modelli “politici” come la SdL o la Confederazione Cobas. Và quindi preferita un’unità d’azione che parta dal basso con le strutture territoriali, aziendali e con i lavoratori che fanno o non fanno riferimento a questi sindacati. Quell’unità nelle lotte che poi dovrebbe portare a momenti unitari tra i sindacati nazionali stessi.


Confermiamo ancora una volta la grande importanza della parola d’ordine di un grande sciopero internazionale (e di una giornata di lotta) contro la guerra, indetto da tutti i sindacati alternativi e di base, i movimenti e le associazioni non compromessi in nessun modo con l’apparato bellico e le scelte guerrafondaie.
Si decide di cominciare a lavorare su due iniziali direzioni:
a- in Italia, estendere la proposta agli altri sindacati alternativi e ai movimenti antimilitaristi e contro la guerra per arrivare a una riunione italiana che esamini la questione.
b- internazionalmente: arrivare a un primo momento europeo di sondaggio coi sindacati dell’AIT favorevoli alla nostra proposta.
Proponendo una giornata internazionale contro la guerra, privilegiando lo sciopero, ma da articolarsi secondo le realtà specifiche: sciopero ove possibile, in alternativa altre forme di protesta, tipo assemblee e/o presidi, ecc.”

“L’Unione Sindacale Italiana ritiene altrettanto importante non esaurire tutte le proprie energie nelle lotte rivendicative, ma convogliare risorse ed intelligenze atte a raccogliere la sempre più crescente attenzione alle tematiche autogestionarie e di difesa del territorio e soprattutto alla ricerca di forme di economia mutualistica e di cooperazione che superino le logiche di mercato.”
Si definiscono inoltre per il 2008 due appuntamenti a carrattere nazionale: la Fiera dell’Autogestione che si terrà a San Prospero (Modena) dal 26 al 29 giugno e la Festa dell’Unione Sindacale Italiana che si terrà a Rio Torto- Piombino (Livorno) dal 5 al 7 settembre

 

 

RELAZIONE PER IL CONGRESSO DELL’UNIONE
PRESENTATA DAL SINDACATO ARTI E MESTIERI USI – A.I.T.


Più che un’analisi storico-economico-politica delle nuove strategie del capitale, dei risvolti mostruosi della globalizzazione, (cose che già dovremmo sapere a menadito, siamo “addetti ai lavori”) ci preme sottolineare il bisogno d’azione concreta e da subito, quindi intendiamo suggerire percorsi di intervento, nel sociale, che seguano l’obiettivo che tutti ci prefiggiamo, cioè la Rivoluzione Sociale, intesa nel suo significato originario costruzione e allargamento quotidiano di territorio liberato che si riarmonizza con l’Universo – questo è il nostro gradualismo! Ci preme ricercare i mezzi, concreti, dai quali non si può prescindere quando si vuole mettere in moto un meccanismo di trasformazione e di Emancipazione che sia efficace, efficiente e che non sia frammentato e scollegato nelle sue parti, il che è la morte sua.

Il punto centrale delle nostre proposte è la ricomposizione del sociale su basi solidaristiche, tale processo è da attuarsi attraverso la creazione da subito di un circuito economico e culturale alternativo alle logiche capitalistiche, ossia che sostituisca progressivamente, nella vita economica e sociale, l’idea di solidarietà al dio profitto, il mutualismo alla concorrenza del mercato, che nel contempo, attraverso lo sforzo congiunto di tutti i compagni e le realtà autogestite, sia un luogo di aggregazione, di propaganda coi fatti, più che con le parole, dell’ideale libertario e, che ci dia finalmente di che campare e meglio come persone e come Idea.

Pensiamo che in questo momento non sia per niente proficuo accanirsi nell’esaurire tutte le nostre energie in rivendicazioni difensive stato-socialiste, salariali o di orario, (ci sono di già un sacco di sigle sindacali che se la smenano su questo) in quanto il capitale ha già messo a punto la strategia per appiattire ed esaurire l’azione sindacale, riducendola su un piano meramente vertenzialista, (ossia “divide et impera” da un lato ed RSU dall’altro) sarebbe meglio capire che il capitale, nel confronto con la classe lavoratrice, sta affermando sempre più il proprio strapotere, soprattutto con l’imbrigliare le lotte sindacali portandole su un terreno, a lui proprio, che ci porta ad indietreggiare mentre è necessario andare avanti e di corsa, (scusateci se lo riportiamo per memoria ma ogni istante e da sempre ci sono milioni di esseri viventi che muoiono e soffrono nel peggiore dei modi a causa di questa società ingiusta, e non dovremmo perdere nemmeno un minuto per cercare di abbatterla) quindi la lotta di resistenza sui posti di lavoro non deve esaurire completamente le nostre forze ma ci deve servire solo come momento proprio di resistenza e quindi transitorio, necessario a sviluppare l’alternativa necessaria al capitalismo.
A quelle nuove categorie di lavoratori, come i precari e parcellizzati, che sono sempre più funzionali al capitale, dobbiamo fornire un’alternativa di lavoro credibile, che sia anche una opportunità di riscatto della loro esistenza, consapevole o meno, da sfruttati. L’alternativa è da ricercarsi proprio nel creare realtà produttive, di distribuzione e di servizi che funzionino e avvicinare a queste realtà proprio quelle tipologie di lavoratori che sarebbero meglio disposte ad abbandonare la propria condizione di sfruttati; questo darebbe più forza e dignità a chi, altrimenti, resterebbe in una condizione di estrema ricattabilità da parte del potere (per esempio vedi la situazione negli U.S.A.) e, inoltre, non scordiamoci che sarebbe anche una valida risposta alla disoccupazione e una mano fraterna tesa verso l’immigrazione che come già successo in tempi passati, ci aprirebbe orizzonti aldilà dei confini nazionali e verso terre martoriate dove un po’ di sano mutualismo risolverebbe un sacco di guai.

Pensiamo che l’Autogestione non sia una teoria filosofica da politicanti sapientoni e che magari hanno pure un datore di lavoro che si chiama stato, ma qualcosa che si costruisce, in prima persona, confrontandosi concretamente con la realtà e con le realtà, sperimentando quotidianamente le ipotesi fino al punto di aprire un percorso scientifico che cresca e si affermi per la sua validità vincendo l’oppressione non con la violenza, che storicamente ha generato nuova oppressione, ma con il linguaggio della Libertà, e se necessario difendendolo con forza e massima determinazione, quello che fu chiamata “Rivoluzione di Capacità ” da Proudhon. L’Azione Diretta non consiste nello sfasciar tutto, come qualche utile idiota vuol far credere, ma nella partecipazione diretta alla costruzione del processo emancipatorio – “l’Emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi o non sarà”.

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Pensiamo che l’Autosufficienza sia un obiettivo da porsi in una dimensione collettiva e quindi sostenibile su vasta scala e che rientri come elemento portante del percorso autogestionario complessivo, infatti se non ci si mantiene in piedi da noi diventa veramente acrobatico convincere altri.

Pensiamo che quello da ricercare non siano alleanze o cartelloni di ammucchiate sindacali ma l’essere da esempio possibile, sia nella nostra azione individuale che in quella collettiva, che distingua l’Anarcosindacalismo dal sindacalismo che ha avvilito e che avvilisce il lavoratore, riducendolo a carne da cannone per i giochini della politica del partito o partitino di turno, al governo o all’opposizione.

Pensiamo che l’Unione vada rafforzata nei suoi strumenti organizzativi e che ben vengano tutte le proposte in tal senso e ben vengano tutti i compagni in grado di sostenere i ruoli a loro affidati migliorando giorno dopo giorno con volontà ed entusiasmo e non con consuetudine burocratica, diventando così da esempio e stimolo positivo per tutta l’Organizzazione. (a chi ha voglia di dormire consigliamo un letto non L’UNIONE SINDACALE ITALIANA sezione dell’ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI ).

Quindi:
siamo estremamente contrari a qualsiasi mutamento dello statuto dell’Unione;
siamo estremamente contrari a qualsiasi accentramento burocratico che snaturi l’impostazione federalista dell’Unione come quella avanzata dai compagni di Milano;
siamo estremamente contrari a qualsiasi proposta di “stipendiaggio” di militanti e, invece, proponiamo la costruzione di ambiti lavorativi di cooperazione che sostengano gli eventuali compagni impegnati ad assolvere ruoli organizzativi nella necessità di reperire il tempo necessario per assolverli;
siamo estremamente contrari a qualsiasi mutazione della sigla, ribadiamo che deve essere la nostra azione a distinguerci da altri, riteniamo essenziale il mantenimento della Memoria Storica quale elemento necessario a contrastare il potere impegnato da un lato nella dissoluzione dei punti di riferimento del conflitto e dall’altra ad imporre i suoi punti di riferimento come assoluti nella Storia.
Sono elemento essenziale del controllo sociale le confusioni generate dalla perdita di Memoria.
A quei compagni troppo presi dal nome da dare al proprio “orticello di pertinenza condominiale” vorremmo ricordare che le multinazionali comprano aziende che poi fanno sparire ma ne mantengono il marchio, provate ad indovinare il perché?! E, vorremmo ricordarvi che la storia del movimento operaio di epoca recente, è piena di battaglie perse che riportano a memoria quello che abbiamo appena sottolineato!

Pensiamo di aver dato alcune linee generali per il nostro intervento. Ora spetta, se saremo d’accordo, all’intelligenza dei compagni, organizzata nei vari settori, trovare i termini concreti d’azione e a riguardo proponiamo la costituzione di una apposita Commissione nominata dal Congresso che raccordi i vari sindacati per programmare, in termini tecnici e concreti, il lavoro da svolgere.

Vogliamo far presente che sempre più Economisti vanno a sostenere quello che da molto tempo abbiamo cercato di portare all’attenzione dei compagni e negli ambienti più propri con scarsissimo successo se non sabotaggio ma rileviamo estrema attenzione in Ambienti Economici “Illuminati”. Per fare un esempio: qui in Puglia e non solo, la “Col. diretti” ha messo in moto, da qualche anno e con molto successo, quello che noi, un sacco di anni fa, chiamammo S.P.A. (Spacci Popolari Autogestiti) il rapporto diretto produttore – consumatore, noi si usava il termine utilizzatore e non consumatore proprio perché il rapporto lo intendevamo e lo intendiamo mutualistico.

Vogliamo far presente che gli ultimi risultati elettorali confermano il crescente distacco dalla politica, cosa senza dubbi positiva, la capacità di lettura e, finalmente, del ruolo storicamente infame della sinistra, quindi la necessità del ritorno della presenza della Nostra Proposta nella Storia e dell’Organizzazione Libertaria del Sociale diventa impellente!

per la Rivoluzione Sociale contro la lotta politica
(e non fu) Sindacato Arti e Mestieri U.S.I.- A.I.T.
Gino Ancona

 

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