LE CONTRADDIZIONI DELL’AGRICOLTURA INDUSTRIALE

APPELLO DELL’UNIONE CONTADINA A TUTTI I LAVORATORI E LE LAVORATRICI DELLA TERRA

Con le  attuali mobilitazioni ci troviamo di fronte ad un movimento plurale e variegato, portatore di differenti rivendicazioni nei vari paesi e costituito da una stratificazione sociale dei soggetti che si mobilitano: ai classici contadini che coltivano direttamente i propri terreni a livello familiare si affiancano le grandi aziende, che operano grazie al lavoro salariato, oltre ai contoterzisti, che generalmente non conducono direttamente dei fondi agricoli ma che offrono servizi su larga scala alle aziende agricole (mentre mancano completamente i lavoratori salariati).

Chiaramente tutti questi soggetti, divisi tra loro anche per le differenti situazioni nazionali, devono affrontare problematiche diverse, ciononostante sono tutte riconducibili al modello agricolo di fondo che tutti accomuna: l’agroindustria.

Le mobilitazioni degli agricoltori in Europa derivano da un motivo di base: la strutturale insostenibilità economica del sistema agricolo così com’è. Non tutti sanno che spesso i prezzi di vendita dei prodotti agricoli alla GDO sono addirittura inferiori ai costi di produzione come effetto di situazioni di monopolio, di finanziarizzazione dei prezzi, di pratiche commerciali sleali, di deregolamentazione selvaggia del mercato, di accordi commerciali internazionali ecc… L’UE, dal canto suo, anziché affrontare il problema e trovare delle soluzioni ha  sempre preferito destinare la gran parte del proprio bilancio (le nostre tasse) per elargire sussidi, a fondo perduto e in maniera continuativa, agli agricoltori, così da continuare a farli produrre in perdita.

Come Unione Contadina siamo consapevoli che oltre alla giusta questione economica il sistema agricolo attuale presenti anche un enorme problema ambientale. L’agroindustria è infatti responsabile diretta di alcuni dei più grandi disastri ecologici prodotti dall’essere umano: perdita di fertilità e resilienza dei suoli, distruzione della biodiversità, estinzione di massa degli insetti, contaminazione di terra, acqua ed aria, crisi climatica, fragilità idrogeologica, spreco di risorse ecc…

Questo sistema produttivo, implementato nel secondo dopoguerra attraverso quella serie di trasformazioni tecnologiche chiamate rivoluzione verde, si è imposto grazie all’impiego massiccio degli idrocarburi. Nell’arco di pochi anni l’agricoltura contadina a carattere preindustriale è stata sostituita da un’agricoltura fondata su una meccanizzazione sempre più spinta e sull’uso massiccio della chimica di sintesi (dai fertilizzanti ai pesticidi). Da qui le campagne hanno iniziato a trasformarsi: le grandi estensioni di monocoltura hanno preso il posto dei piccoli appezzamenti ricchi di biodiversità, i grandi mezzi agricoli (grazie al petrolio a prezzi stracciati) hanno sostituito la tradizionale forza lavoro ed hanno spinto le famiglie contadine ad abbandonare le campagne per andare ad allargare i sempre più estesi centri urbani, la zootecnia ha perso il suo legame con le attività agronomiche delle fattorie contadine e si è strutturata attorno a enormi lager per animali, bombe ecologiche e di sofferenza animale. Insomma, il sistema agricolo dei nostri nostri giorni.

Ascoltando le rivendicazioni delle piazze di questi giorni appare evidente che, se da un lato, le ragioni della loro rabbia siano sacrosante, dall’altro le rivendicazioni avanzate rappresentano spesso una difesa del vecchio modello produttivo agroindustriale contro i cambiamenti voluti dall’UE.

In Italia, in particolare, a spingere gli agricoltori nelle piazze sono i cosiddetti “eco-schemi” inseriti nella nuova PAC. Fino ad ora il sistema di sovvenzioni pubbliche all’agricoltura è stato fondato esclusivamente sulle superfici coltivate. Ad ogni superficie agricola coltivata l’UE riconosceva, a tutti gli agricoltori, sovvenzioni a fondo perduto.

Ora, con la nuova PAC appena entrata in vigore, per la prima volta, si decide di non finanziare più indistintamente tutte le coltivazioni. Solo una percentuale dei finanziamenti rimane calcolata come in passato, mentre si stabilisce di elargire una parte delle sovvenzioni sulla base di pratiche agricole ambientalmente più virtuose a cui i vari agricoltori possono attenersi: i cosiddetti eco-schemi. Questi non rappresentano nulla di trascendentale, sono banali buone pratiche agricole  che qualsiasi contadino con un minimo di consapevolezza ha sempre messo in pratica, come fare delle buone rotazioni colturali, inserendo le leguminose e i prati polifiti, lasciare l’inerbimento nei frutteti, mandare ogni tanto gli animali al pascolo, fare siepi ai bordi dei campi, non fare solo monocoltura ma variare un po’ le colture, piantare essenze utili agli insetti, non falciare prima della fine della fioritura, non trattare in fioritura, ecc…

Di fronte a queste banali indicazioni alcuni contadini italiani insorgono per difendere il modello agroindustriale più retrogrado e inefficiente a cui sono tristemente abituati. Così facendo essi rappresentano il tentativo conservatore del vecchio modello agroindustriale che cerca di difendere se stesso dalla volontà di governi e centri di governance europei di ammodernamento, attraverso la costruzione di un sistema agroindustriale rinnovato, sempre fondato su di un capitalismo estrattivista ma che, questa volta, dovrebbe avere l’apparenza della sostenibilità ambientale. Ci troviamo di fronte quindi ad un momento di ristrutturazione e trasformazione del modello agroindustriale. Accade infatti che il capitalismo neoliberista mondiale si trovi nell’esigenza di doversi rinnovare attraverso nuovi processi di estrazione della ricchezza chiamati strumentalmente “conversione ecologica”.

L’Unione Contadina, di fronte a tale situazione, esprime un punto di vista radicalmente alternativo, sia nei confronti di chi difende l’agroindustria novecentesca più becera e ambientalmente devastante, sia nei confronti della strategia UE di approfittare della retorica ambientalista per rinnovare il sistema agroindustriale all’interno di nuove tecnologie altrettanto pericolose, come si vede con il processo di liberalizzazione dei NGT (i nuovi OGM) e di altre biotecnologie genetiche, con il dibattito intorno al nuovo regolamento europeo sui pesticidi o con il tentativo di risolvere i problemi attraverso tecno-interventi fondati sulla robotizzazione e sulla digitalizzazione.

Denunciamo quindi l’insostenibilità economica ed ambientale di tutti i tipi di agroindustria e rivendichiamo la necessità di costruire dal basso, in modo autogestito, un’agroecologia contadina radicalmente democratica, socialmente ed ambientalmente virtuosa, in grado di offrire lavoro dignitoso e cibo di qualità in un ambiente tutelato e valorizzato, fuori dalla logica estrattivista e capitalista. Perché a partire da un nuovo modello agricolo si possa costruire un mondo differente.

Invitiamo tutte le persone che si occupano di agricoltura alla lotta per trasformare il sistema agricolo e costruire, insieme, nuovi modelli. Mobilitiamoci, uniamoci, protestiamo, discutiamo: solo con la lotta possiamo cambiare lo stato di cose presenti.

Per dirla con le parole del sindacato francese “Les Soulèvements de la terre” l’ecologia sarà contadina e popolare oppure non sarà.

L’Unione Contadina chiede:

  • Blocco di tutti gli accordi di libero scambio. Chiediamo la fine immediata della negoziazione sull’accordo di libero scambio con i Paesi del MERCOSUR e una moratoria su tutti gli altri accordi di libero scambio
  • Impedire la deregolamentazione  e la finanziarizzazione dei prezzi di tutti i prodotti alimentari
  • Contrasto al sistema monopolistico della GDO e promozione di una vera sovranità alimentare quale  diritto dei popoli a un cibo sano e culturalmente appropriato, prodotto con metodi ecologicamente sani e sostenibili nonchè  il loro diritto a definire democraticamente  i propri sistemi alimentari e agricoli
  • Riforma radicale della PAC: basta soldi pubblici all’agroindustria, vecchia o nuova che sia (ancora oggi l’80% delle risorse va al 20% delle aziende più grandi) ed alla burocrazia. Occorre promuovere invece l’agroecologia contadina, unico modello ambientalmente e socialmente virtuoso
  • transizione verso il superamento completo della chimica di sintesi in agricoltura. Basta veleni che distruggono l’ambiente, avvelenano i lavoratori agricoli e contaminano il cibo

reddito dignitoso per tutti i lavoratori e le lavoratrici nel settore agricolo: salario minimo nazionale non inferiore a 10 euro/ora su base nazionale, aggiornato con l’inflazione

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